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''La crisi idrica, un problema che coinvolge tutti''

9/08/2025

La crisi idrica in Italia è diventato un tema prioritario, causato da una combinazione di fattori climatici e antropici. Nella stessa regione Basilicata, ricca di risorse idriche superficiali e sotterranee, si può iniziare a parlare di crisi e non più di eventi eccezionali.
Per far fronte a tali criticità, la tendenza continua ad essere quella di puntare a soluzioni “hard” – sostituzione di tubazioni, potenziamento dei sollevamenti, ricerca di nuove fonti – che, il più delle volte, risultano essere molto costose e atte a risolvere solo temporaneamente il problema.
Diversamente, sarebbe auspicabile che i pubblici decisori, istituzionali e tecnici, si impegnassero in un ripensamento sulla governance dell’acqua, rispettosa della risorsa e del valore che essa rappresenta, prima di tutto per le comunità lucane e per l’ecosistema, che consenta di trasformare la crisi idrica in un’opportunità di innovazione, crescita e coesione territoriale.
Sulla scia di vincenti esperienze internazionali (Spagna, Olanda, Francia) e nazionali (Lombardia, Puglia), è importante infatti che, per affrontare la questione della crisi idrica, la Regione guardi con crescente interesse verso gli strumenti capaci di generare forme di governance locale multi-livello, in modo da prevenire i conflitti, mettere a sistema competenze diverse e attrarre risorse. Fra questi, i Contratti di Fiume (CdF).
La crisi che viviamo, che attanaglia non solo la nostra Regione, di certo non si risolve se non si cambia il processo decisionale sulle risorse che, necessariamente, deve guardare alla dimensione comunitaria del godimento e della gestione dell’acqua, non fosse altro che per garantire una transizione culturale, necessaria a tutti noi.
La gestione e la protezione, infatti, delle risorse idriche dalle dinamiche ambientali connesse al cambiamento climatico si definiscono unicamente secondo il principio di sostenibilità, in considerazione dell’obbligo di tutelare le aspettative delle generazioni presenti e future, alle quali si collega il godimento di diritti fondamentali e dunque l’esigenza che la loro fruizione sia garantita a tutti, in condizioni di parità, e che per logica di azione sia sempre più aperta alla partecipazione dei soggetti interessati.
La loro natura di beni a “demanialità custodiale” presuppone per lo più l’utilizzo di poteri amministrativi che incidono unilateralmente sulla vita delle persone e che oggi invece dovrebbero essere integrati dall’intervento delle comunità residenti, attraverso l’introduzione di un modello di amministrazione condivisa che, senza dubbio, risponde alla soluzione più adatta a garantire la tutela dei beni ambientali a titolarità diffusa, in applicazione del principio costituzionale della sussidiarietà territoriale.
Il coinvolgimento volontario dei cittadini, spesso unici detentori di importanti dati locali, non acquisibili altrimenti, appare strategico in una prospettiva di sostegno all’esercizio di poteri che rimangono comunque, per loro natura, autoritativi.
L’ideale gestione e custodia della risorsa idrica, in particolare per le aree fluviali, nonché la protezione del paesaggio, a causa della polverizzazione degli interessi e dei poteri coinvolti, necessita, in via integrativa, dell’apporto collaborativo dei cittadini che, se adeguatamente informati e responsabilizzati, possono svolgere un ruolo attivo nella gestione dell’acqua, possono risolvere molte criticità a partire dalle pratiche di consumo, cura e vigilanza, esercitando così una sorta di controllo diffuso sulla risorsa.
Il Contratto di Fiume, in quest’ottica, si presenta come un valido modello da seguire per promuovere elementi di comunanza territoriali, fondati sui reciproci vantaggi per i soggetti coinvolti, per superare forme di conflittualità tra utilizzatori delle risorse, per definire, al contrario, soluzioni condivise di protezione paesaggistica.
La natura consensuale del Contratto di Fiume appare, infatti, particolarmente idonea alla composizione dei diversi interessi presenti nei sistemi fluviali, ove più strumenti di pianificazione devono convivere senza contraddirsi, permettendo così di riunire in un quadro dinamico e fluido la complessità, relazionale ed istituzionale, presente in tali ambiti.
Esperienza pilota in Basilicata è quella del FLAG Coast to Coast con il processo partecipato del Contratto di Fiume delle Valli del Noce e del Sinni.
A partire dal 2021 le comunità fluviali, pubbliche e private, hanno iniziato a ripensare alla risorsa idrica dei fiumi e dei torrenti, delle aree umide, delle sorgenti e delle coste, come una opportunità e propulsore di sviluppo territoriale. Punto di arrivo la definizione di piani locali per migliorare la qualità della vita, per generare nuove opportunità e dimostrare una volontà spinta verso la tutela degli ambienti e, più in generale, degli aspetti naturalistici territoriali.
La strategia che i territori del Noce e del Sinni della Basilicata stanno sviluppando, che si completa con un Programma di Azione alla scala locale e territoriale, ha, alla sua base, una governance dell’acqua multilivello che, dal basso, si propaga verso l’alto per tradursi in azioni che, a livello pubblico e privato, possano incidere su una migliore gestione della risorsa idrica.
Più specificatamente, abbiamo supportato approfondimenti scientifici in grado di facilitare il superamento di alcuni gap conoscitivi: sullo stato di salute dei fiumi (dalla valutazione degli impatti antropici cumulativi da impianti idroelettrici sui fiumi, alla composizione e abbondanza del popolamento ittico); sulla mappatura del patrimonio identitario culturale (definizione di un modello di Parco Fluviale Diffuso – CicloCammino “Basilicata Coast to Coast), sulla funzionalità ecologica del corridoio fluviale (progettualità condivise per lo sviluppo di infrastrutture blu e reti ecologiche locali), sulla sperimentazione di progetti pilota (valorizzazione del Fiume Noce in Località “Ponte Grande” - interventi di riqualificazione ambientale, di aree attrezzate, conservazione e ripristino habitat - lavori di accessibilità e fruizione di un laghetto collinare – aule ambientali didattiche-divulgative), sul coinvolgimento, infine, del mondo della scuola (Educafiume/Ambasciatori dei Fiumi).
Il Contratto di Fiume Noce/Sinni oggi è diventato un punto di riferimento per i sistemi locali che intendono distinguersi per partecipazione ed impegno, ma anche di riflessione per gli enti sovraordinati su come utilizzare i gruppi di sviluppo e gli strumenti territoriali partecipativi di crescita comune, se come alleati e “amplificatori di segnale” o come semplici comparse locali.
Noi vogliamo svolgere un ruolo di nuova rappresentatività territoriale e, in questo senso, attendiamo di essere utilizzati, non ignorati, per sperimentare soluzioni comuni, per trasformare questo percorso in “stile di vita territoriale”, per veicolare un’immagine più solidale e più attrattiva dei luoghi.
Infine, già da settembre sarà importante capire se, e in che chiave, i Contratti di Fiume regionali, che fondano il proprio agire sulla definizione e realizzazione di soluzioni ed interventi basati sulla natura, saranno utilizzati per l’attuazione del Regolamento Europeo “Nature Restoration Law”, al fine di rendere ancora più incisiva l’adozione di piani di risanamento/rigenerazione delle aree fluviali degradate.
Non a caso, il nostro “Programma di Azione” sostiene delle priorità su cui è bene insistere per modificare comportamenti pubblico-privati non più sostenibili: un modello di governance dove i poteri pubblici operano condividendo strategie e piani collaborativi anche e, soprattutto, per rinvigorire un tessuto sociale ed economico frammentato e diviso sui temi importanti del progresso locale.

di FLAG Coast to Coast - Contratti di Fiume delle Valli del Noce e del Sinni



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