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Spopolamento nel Mezzogiorno, Morea (Azione): ''Una terra che resiste''

1/07/2025

«L'analisi contenuta all'interno del Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, assolutamente non condivisibile, fa trasparire una volontà, più o meno chiara, di evitare ogni possibile e doveroso impegno per le aree interne, bollate dal documento governativo come destinate inesorabilmente all'abbandono ed alla desertificazione».

A dichiararlo è il consigliere regionale di Azione Nicola Morea, che interviene con fermezza sul tema dello spopolamento, richiamando l’attenzione del Governo su una condizione drammatica e non più tollerabile e prendendo le distanze dalla visione che emerge dal Psnai che il destino di questi territori sia ormai segnato.

«Ogni volta che vado in uno dei tanti borghi lucani che amo, trovo una panchina in più e una voce in meno. La Basilicata, come l’intero Mezzogiorno, continua a svuotarsi silenziosamente – afferma Morea -. Non per scelta, ma per necessità. I giovani partono, gli anziani restano, e tra le case di pietra risuona solo l’eco di ciò che eravamo».

I dati sono impietosi: dal 2000 ad oggi, la Basilicata ha perso oltre 70.000 abitanti. E il trend, salvo rari casi virtuosi, non accenna a un’inversione.

«Nel 2025 parlare di spopolamento non è solo una fotografia crudele, ma un atto d’accusa. E la tendenza non accenna a fermarsi. Lavoro, servizi, infrastrutture: tutto si concentra altrove, e noi rimaniamo con i ricordi e le promesse disattese. Ma non si tratta solo di numeri. Si tratta di identità. Di comunità. Di un Sud che continua a dare – cervelli, braccia, cultura – senza ricevere niente in cambio».

Secondo Morea, non bastano il turismo, la bellezza o la retorica della resilienza per tenere in vita territori ormai allo stremo:

«Non si vive di storytelling. Servono politiche concrete, visione strategica, investimenti duraturi. Servono infrastrutture materiali e digitali, università che non siano cattedrali nel deserto ma realmente integrate nel tessuto sociale, imprese che vedano nel Sud un punto di partenza e non solo un luogo da cui fuggire. E serve un Governo che creda nella possibilità di invertire una rotta tracciata da politiche vergognose che hanno concentrato volutamente sviluppo e progresso nelle aree metropolitane del Nord Italia».

«Il Mezzogiorno non chiede elemosina. Chiede giustizia. Chiede la possibilità di restare. E anche, se vogliamo, di tornare – conclude Morea -. Perché se perdiamo i nostri paesi, perdiamo la nostra anima. E senza anima, un Paese intero smette di camminare. Dobbiamo credere che un futuro è possibile. Dobbiamo pretendere che chi governa creda nel futuro delle aree interne del Paese».



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