Straordinaria scoperta archeologica annunciata dalla Direzione Regionale Musei nazionali della Basilicata e dal Direttore del Museo Archeologico della Siritide e del Parco Archeologico Carmelo Colelli. È stato scoperto sulle pendici meridionali della Collina del Castello, probabilmente, l'antico teatro di Heraclea (l'antica Policoro). Un ritrovamento eccezionale grazie a indagini di magnetometria. La struttura sarà presto oggetto di una importante campagna di scavi messa in campo dalla Direzione Generale dei Musei. Le indagini – spiega il Direttore Colelli- hanno individuato segnali nel sottosuolo che corrispondono a un edificio pubblico con pianta scenica. La sua ubicazione, vicina alle aree sacre della città antica, conferma il legame tra teatro, religione e vita politica nel mondo greco”. L’Importante annuncio arriva dopo appena qualche giorno dall’importante missione in Germania, dove si era parlato di Policoro grazie al “Siris Project”. Un progetto straordinario messo in campo dal Ministero della Cultura, dalla Direzione Regionale Musei nazionali della Basilicata in collaborazione con la Humboldt-Universität zu Berlin. L’iniziativa ha attirato l’attenzione della stampa tedesca che ne ha parlato diffusamente. Il direttore del Museo Archeologico Nazionale della Siritide di Policoro e Parco Archeologico di Herackleia, il dott. Carmelo Colelli ha parlato dei “ Greci nel sud Italia- Il caso di Siris”. Una lezione alla Winckelmann-Institut stimolante, suggestiva, vivace. Subito dopo sì è aperta una discussione appassionata, ricca di domande e osservazioni, tra curiosità e rigore scientifico. Tanto l’interesse per la Magna Grecia e in special modo per il nostro territorio. È stato un grande piacere per noi accogliere il dott. Carmelo Colleli presso il nostro Istituto, Siamo stati lieti inoltre – hanno sottolineato i dirigenti della prestigiosa Università tedesca - di accogliere i membri dell'Ambasciata d'Italia a Berlino a questo evento speciale. Lo scambio culturale è stato arricchito da prodotti Lucani, preparati da Pino Bianco, presidente dell'Associazione Lucana di Berlino. Il direttore Carmelo Colelli ha parlato di Siris dall’origine sino alle ultime campagne di scavo. “Siris – ha sottolineato ai colleghi e a tanti studenti dell’Università berlinese - fu una apoichia della Megàle Hellàs (Great Greece) fondata sulla costa ionica dell’Italia Meridionale nella prima metà del VII secolo a.C. Una storia che coinvolge non solo la Basilicata e l’Italia meridionale ma l’intero bacino del Mediterraneo”. Una storia affascinante di donne e di uomini, di architetture, di cultura, di miti, di lotte interne che hanno segnato per sempre il nostro territorio e l’intera cultura Occidentale. Il nome Siris – ha spiegto ancora Colelli- ebbe maggiore fortuna nella tradizione successiva ed è noto già ad Archiloco che ricorda la vicinanza all’omonimo fiume da cui a suo dire la città avrebbe preso il nome (Ateneo). In un passo purtroppo perduto di una tragedia di Euripide (The Female Prisoner, or Melanippe), il nome – ha ricordato- deriverebbe da una donna. Entrambe le etimologie – ha continuato- ci sono note attraverso una menzione di Ateneo. Tutto avvenne, probabilmente, intorno alla metà del VII secolo, o poco prima, proprio nel momento in cui la tradizione letteraria colloca la fondazione di Siris (Polieion) sulla Collina del Castello. Nei decenni precedenti – ha evidenziato Colelli- si registra una intensificazione delle presenze che parlano greco. Un fatto importante, questo, un dato che collega la fondazione di Siris agli Ioni provenienti, forse, da Colophon. Poi si è parlato delle aree di influenza, dei rapporti con le popolazioni vicine, Enotri e Choni, ma anche con Metaponto e la potente Sybaris. Difficile stabilire i confini, l’unico che con buona probabilità si può ipotizzare è il confine meridionale con Sybaris che doveva essere collocabile in corrispondenza della fiumara Ferro, verso Oriolo, a circa 30 km a Sud di Siris e in posizione equidistante fra le due poleis rivali.
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Una rivalità che porta a conflitti armati- dice il Direttore del Museo della Siritide- Come tramandato da Giustino, le tre città achee (Sybaris, Metapontion e Kroton) si allearono per eliminare dall’area i greci di etnia diversa dalla loro. Metaponto a Nord e la potente Sybaris a Sud dovettero da subito costituire un limite per Siris. I primi a farne le spese furono proprio i Siriti la cui città fu distrutta e i giovani furono trucidati nonostante tenessero in mano le statue di Atena (Minerva nel testo latino di Giustino), loro divinità protettrice. Finisce così l’esperienza di Siris la cui vita durò, secondo la tradizione antica, 110 anni, attorno alla metà o poco prima del VI secolo, quindi intorno al 570/550 a.C. Poi, una serie di domande, che il nostro illustre archeologo cerca di dare risposta, tra le quali: cosa succede a Policoro e nell’area circostante dopo la fine di Siris per i 120/130 anni circa che precedono la fondazione di Herakleia nel 433 a.C.?...
Incrociando dati e studi, si è capito che l’entroterra avesse stretti contatti con il mondo acheo e in particolare con Sybaris, che dominava su 4 popoli e 25 città. I territori della Basilicata meridionale interna – mette in luce- dovevano certamente rientrare all’interno di questo “impero”. Lo dimostra il fatto che le ricche popolazioni che occupavano le vallate interne dell’Agri e del Sinni vivono un momento di assoluta prosperità. Una ricchezza che viene meno invece un cinquantennio più tardi, dopo la distruzione di Sybaris ad opera di Kroton nel 510 a.C. “. Un’indagine scientifica d’eccellenza che punta a far luce sulle origini e sull’evoluzione della colonia greca. Il progetto, che ha ottenuto un permesso triennale dal Ministero della Cultura (2025–2028), è realizzato per la prima volta in concessione a un’università tedesca e si avvale della collaborazione istituzionale del Comune di Policoro, del Comune di Tursi e della Direzione Regionale Musei Basilicata – Parco Archeologico di Herakleia, sotto la supervisione di Filippo Demma e Carmelo Colelli. Un progetto – è stato sottolineato da più parti- che non si limita a scavare nel passato, ma lo fa con una visione contemporanea e integrata.

Il team include archeologi, geologi, topografi e studiosi del CNR, con l’obiettivo di acquisire una conoscenza quanto più globale e scientificamente solida possibile, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanzate. “È un’occasione unica – ha sottolineato la professoressa Doronzio- per formare nuove generazioni di archeologi e al tempo stesso restituire alla comunità scientifica e locale nuovi tasselli della nostra storia antica.
Vincenzo Diego