Frana di Senise: se il sacrificio degli 8 morti viene vanificato da inerzia e indifferenza
26/07/2025
Non è solo la memoria a mancare: ciò che più pesa, a 39 anni dal tragico smottamento del 26 luglio 1986 a Senise, è l’assenza di un serio sistema di verifica e monitoraggio degli interventi realizzati. E l'assoluta mancanza di indignazione da parte della comunità senisese. Nulla è stato fatto, infatti, per dimostrare se le opere di consolidamento finanziate dopo la tragedia abbiano davvero contribuito a ridurre il rischio idrogeologico. Nessun dato, nessun controllo nel tempo, nessun aggiornamento. Solo l’apparenza di un intervento concluso. Quella frana, che spazzò via un’intera borgata sulla collina Timpone e causò la morte di otto persone – tra cui quattro bambini: i tre fratellini Durante di 8, 11 e 15 anni, e la piccola Francesca di appena 32 giorni, assieme ai genitori Giuseppe ed Elena Formica e agli zii Rocco e Rita Gallo – resta una ferita aperta nella storia di Senise. Durante i funerali, l’allora vescovo Monsignor Pierro ammonì: «Da domani nessuno ricorderà Senise». A distanza di 39 anni, quelle parole sembrano essersi avverate: qualche cerimonia istituzionale occasionale, la messa in suffragio voluta ogni anno dai familiari delle vittime, ma nessun rito collettivo, nessun impegno concreto. E, anzi, oggi la giornata si concluderà con concerti e degustazioni di piazza. Eppure quel 26 luglio 1986 (era un sabato anche allora) non solo spazzò via l'estate delle otto vittime. Ma cancellò definitivamente anche tutte le estati di chi, su quella collina, perse il suo cuore. E se la mancanza di memoria condivisa è grave, lo è ancora di più la mancata valutazione di quegli interventi che avrebbero dovuto garantire sicurezza. I lavori, finanziati dalla legge n. 120 del 27 marzo 1987 – passata alla storia come “legge Senise” – furono ultimati nel 1991. Da allora, silenzio. Nessun tracciamento, nessun programma di controllo, nessuna certezza sul loro reale impatto. Il sistema di monitoraggio delle opere, come si legge in una relazione del professor Vincenzo Cotecchia per l'Ordine dei geologi di Basilicata del 2011, «attivato nel corso dei lavori (1990), ha funzionato fino a gennaio 1993 (...). Successivamente il Comune di Senise gestore del sistema, non ha dato seguito ad alcuna attività di misura e di manutenzione, causando, con il passare degli anni la perdita di informazioni preziose e l'avaria pressoché del sistema automatico e manuale». Nel febbraio del 2017 dal Comune di Senise parte una richiesta indirizzata ai vertici della Regione Basilicata (presidente Marcello Pittella, assessore Infrastrutture e mobilità Nicola Benedetto e dirigente Vito Marsico) e alla direzione dell'ufficio di Protezione civile regionale (Donato Viggiano). Nella missiva si chiedeva una modifica ad una delibera di giunta regionale del 2008 in cui era stato rimodulato parzialmente il programma dei fondi assegnati e non impegnati da tre comuni (Sant'Arcangelo, Colobraro e Aliano) e la conseguente assegnazione di 800mila euro a Senise. Nella lettera inviata a via Verrastro si chiedeva di poter utilizzare gli importi derivati da economie di spesa per opere di monitoraggio dei lavori realizzati in seguito alla frana. Nella relazione a corredo della richiesta si leggono queste informazioni: Nel centro storico di Senise sono stati eseguiti nel tempo diversi interventi di consolidamento e mitigazione del dissesto, che hanno incluso opere su alcune cavità antropiche. Tuttavia, molti fenomeni evolutivi di disfacimento e instabilità permangono su gran parte delle restanti cavità, mettendo seriamente a rischio l’integrità strutturale di edifici pubblici e privati sovrastanti, nonché la sicurezza della viabilità comunale. Un esempio emblematico è rappresentato dall’intervento in somma urgenza effettuato su una cavità situata sotto la strada comunale Via Cesare Donnaperna, nella parte alta del centro storico (Zona Castello), dove i crolli ripetuti della volta della grotta hanno imposto la chiusura del traffico. Casi analoghi si riscontrano lungo l’intero reticolo di cavità che caratterizza il sottosuolo del centro storico. Il Comune di Senise ha censito e mappato 265 cavità, delle quali numerose versano in stato di degrado avanzato e con rischio di crollo elevato, tale da compromettere la funzionalità di accessi viari strategici. In tale contesto, si evidenzia l’urgenza di un intervento organico e sistematico, simile a quelli già realizzati con i fondi della Legge 120, con priorità per quelle cavità situate sotto un tratto di strada comunale divenuto fondamentale nel nuovo piano viario, volto alla riqualificazione di un’area significativa del centro storico. A questo quadro si aggiunge un ulteriore elemento critico: il centro abitato di Senise, e in particolare il versante nord, è classificato nelle carte PAI dell’Autorità di Bacino della Basilicata come area a diverso grado di rischio idrogeologico, da medio (R2) ad elevato (R3) fino a molto elevato (R4). In particolare, le zone orientali dell’abitato (Timponi, Aia Marina, Portello) e quelle occidentali (Belvedere, Pettirosso) risultano soggette a elevata pericolosità. Nonostante gli interventi di consolidamento eseguiti nel tempo, il livello di rischio individuato dalle carte PAI è rimasto invariato. Ciò è attribuibile all’assenza di un monitoraggio sistematico e di dati oggettivi in grado di dimostrare l’efficacia duratura delle opere realizzate. Risulta quindi essenziale avviare un programma di monitoraggio pluriennale (almeno triennale) nelle aree soggette a rischio frana, al fine di valutare con precisione la stabilità raggiunta e fornire indicazioni affidabili per eventuali interventi futuri. Queste valutazioni sono indispensabili per comprendere appieno lo stato attuale del territorio, anche alla luce dei recenti eventi franosi che hanno profondamente segnato la comunità locale. (anno 2017)
«Dalla Regione, in particolare dall'ufficio di Protezione civile, a cui avevamo mandato la missiva perchè erano loro ad avere tutta la documentazione legqata alla specifica vicenda e che fu l'unico a rispondere, l'esito della richiesta fu negativo perchè, dissero, non era di loro competenza» ricorda l'architetto Bernardino Filardi, capo ufficio tecnico a Senise dalla fine del 2007. (A tal proposito: la competenza in merito a interventi di completamento è dell'ufficio Difesa del suolo e non della Protezione civile, come ci precisa, in una interlocuzione avvenuta in queste ore, l'attuale dirigente Giovanni Di Bello, ndr). Dopo quel diniego, però, dal Comune di Senise non arrivarono altre sollecitazioni, come ci conferma lo stesso Filardi. E allora? «Per essere certi che le opere realizzate, con particolare riferimento alla serie di pozzi drenanti che attraversano l'intero territorio, funzionino occorre monitorarle. Non è stato mai fatto. Ad oggi non abbiamo la possibilità di verificare gli effetti reali degli interventi realizzati». Le conclusioni hanno sempre, alla fine, un punto di domanda: -Come facciamo a sapere se l'abitato di Senise e, quindi, non solo il perimetro prossimo a collina Timpone, sia sicuro? -Perchè dal 1993 nessuno si è mai preoccupato di attuare il monitoraggio e la manutenzione alle opere di consolidamento, a cominciare dal sistema dei pozzi drenanti che dovrebbero servire a convogliare le acque da monte a valle ma che, come è accaduto negli anni, da segnalazioni puntuali risultano otturati (è, per esempio, successo lungo via Papa Giovanni)? -Esiste un collegamento tra questo mancato controllo e l'impressione che, in alcuni punti dell'abitato senisese, sembrino esserci cedimenti del manto stradale? -Sarà mai possibile che collina Timpone diventi un luogo di memoria, istituzionalizzato, affinchè nessuno, in futuro, consideri di andare nuovamente a costruire in aree vicine che, con un futuro monitoraggio, potrebbero essere declassate rispetto al pericolo di dissesto? -Quando, infine, la comunità di Senise capirà che il 26 luglio NON E' un giorno come tutti gli altri?
Non con i miei soldi. Non con i nostri soldi di don Marcello Cozzi
Parlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua