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Covid e Rsa: cosa dice la circolare del Ministero per le visite di parenti

5/12/2020



Sta passando sotto traccia e soprattutto alimenterà false speranze per i parenti, l’ultima circolare del ministero della Salute del 30 novembre, dove si parla di visite in presenza per gli anziani Ospiti in Rsa e altre strutture socio-sanitarie ed assistenziali. Un documento che potrebbe essere potenzialmente pericoloso- se applicato in ogni sua parte- per gli operatori certamente, ma soprattutto per gli anziani.


“Accesso dei visitatori a strutture residenziali sociosanitarie e Hospice”.


Con questa circolare il ministero della Salute fornisce chiarimenti e indicazioni riguardo la ripresa in sicurezza di visite e contatti presso gli anziani in strutture residenziali, ma sarà proprio cosi? “Le strutture residenziali socio-sanitarie e socio-assistenziali e gli hospice – si legge nel documento- ospitano persone anziane o disabili che costituiscono una fascia di popolazione particolarmente fragile e a maggior rischio di evoluzione grave se colpita da COVID-19. Per questo motivo si sono rese necessarie – si legge ancora- misure particolarmente stringenti di prevenzione e controllo delle infezioni per tutelare la salute degli assistiti in queste strutture”.  


Tutto questo a partire da febbraio-marzo, aggiungiamo, sino al mese  scorso con il D.P.C.M del 3 novembre,  dove si ribadisce che “l’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione”.


Ma la circolare del 30 novembre tiene conto delle proposte della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, istituita presso il Ministero della Salute con DM 8 settembre 2020 - sottolineiamo a settembre, prima della seconda ondata-  e in coerenza con quanto previsto dal rapporto dell’ISS “Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socio-assistenziali”, versione del 24 agosto 2020, per garantire uniformità di applicazione delle citate disposizioni e per assicurare il pieno accesso in sicurezza di parenti e visitatori presso le strutture residenziali socio-assistenziali, sociosanitarie e hospice”- ripetiamo, prima della seconda ondata.


Ad agosto si parlava, tanti ne erano convinti, della fine del dramma, tante le strutture purtroppo che hanno seguito quelle indicazioni e che mana mano hanno registrato tanti casi di positività, complice il “liberi tutti” e poi scuole aperte, trasporti poco sicuri eccetera eccetera… Ora, a dicembre, con più di venti mila contagi al giorno ed un picco di morti, quasi mille, registrati l’altro ieri e più di ottocento ieri, si chiede di aprire in presenza con contatti, e per giunta a soli due mesi circa dall’inizio della campagna di vaccinazione, ma in contraddizione anche con il Dpcm di due giorni fa , dove si raccomanda , anche se ci si è sottoposti a tamponi antigenici rapidi, di evitare contati con i propri cari anziani nelle case. Poi, invece, si chiede di aprire, e per giunta senza fare distinzioni di colori: giallo, rosso arancione. I parenti, da ogni dove, passando da un comune ad un altro, potrebbero recarsi dentro le strutture e abbracciare poi i parenti ospiti. Le direzioni sanitarie debbono – si legge nel documento del Ministero- predisporre un piano dettagliato per assicurare la possibilità di visite in presenza,“ Si sollecitano soluzioni tipo: “sala degli abbracci”, dove un contatto fisico sicuro può arrecare beneficio agli ospiti, “al fine di garantire il contenimento del rischio e la sicurezza degli ospiti, dei lavoratori, dei volontari e dei visitatori, si ricordano le indicazioni per il tracciamento di tutti gli ingressi.


Ancora: nel documento del Ministero:  “si raccomanda di promuovere strategie di screening immediato, tramite la possibilità di esecuzione di test antigenici rapidi ai familiari/parenti/visitatori degli assistiti. Questi test possono essere effettuati direttamente in loco - si consiglia - e in caso di esito negativo i visitatori sono autorizzati ad accedere alla struttura secondo le indicazioni fornite dal direttore,  in tale modo – si specifica nella circolare- si coniuga la salvaguardia della salute e la necessità della vicinanza dei propri cari”.


Ma è proprio così? Alla faccia dell’alta percentuale di falsi positivi e di  falsi negativi che si registra in questi test.  Ma appena qualche riga dopo, le cose sembrano cambiare, e si legge questo: “Nell’attuale contesto epidemiologico, caratterizzato da un’elevata circolazione virale, è altamente probabile il riscontro di soggetti positivi a SARS- CoV-2 che potrebbero trasmettere l’infezione e quindi risulta di fondamentale utilità l’impiego razionale di metodiche di screening che siano validate come riportato dalla circolare del Ministero della Salute del 30 ottobre 2020 n. 35324”. In poche parole si dice che i test antigenici  rapidi – guarda un po’- attualmente a disposizione  hanno una minore sensibilità (ovvero la capacità di rilevare correttamente tutti i soggetti positivi) e  bene sarebbe fidarsi del test molecolare che permette di identificare con la massima sensibilità i soggetti positivi per tutelare i fragili a rischio di complicanze e le larghe comunità a rischio di cluster”. Così si crea confusione, tanta confusione, ma soprattutto si scarica tanta responsabilità sulle strutture che già lavorano sotto pressione e in alcune regioni senza il supporto delle USCA e delle strutture sanitarie territoriali. Diverso ad oggi il lavoro in Basilicata, bisogna ammetterlo, dove Regione e Aziende sanitarie si stanno sforzando di mettere in campo una buona campagna di screening controllando da qualche tempo e periodicamente le strutture, testando anziani ed operatori, una pratica, suggeriamo, che dovrà continuare sino alla campagna vaccinale, ma in tante altre realtà i test molecolari di controllo preventivo, purtroppo, restano un miraggio e una speranza.


 


Vincenzo Diego





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