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Estrazione inerti alvei fluviali: l’appello alla Regione per un settore in difficoltà

23/06/2020



Il momento che stanno vivendo le imprese operanti nel prelievo per la lavorazione di inerti di fiume non è dei migliori.
Per questo gli operatori del settore auspicano si arrivi ad una soluzione rapida e, affinché avvenga, si appellano agli assessori regionali all’Ambiente e alle Infrastrutture, per scongiurare “situazioni di pericolo per il territorio e le infrastrutture regionali e per il miglioramento dello stato di efficienza di tutti gli invasi lucani e, in particolare, della diga di Monte Cotugno, attraverso la riduzione dell’apporto solido: in modo da evitare che un settore necessario e vitale per l’edilizia venga completamente cancellato in questo momento di emergenza economica”.
L’attività in questione consente, da un lato, di evitare fenomeni alluvionali e, dall’altro, di garantire il materiale necessario al settore edilizio.
Le difficoltà che stanno affrontando le imprese si protraggono da molto tempo, in particolare per effetto della mancanza di una disciplina normativa chiara.
Sulla base di una legge risalente al 1979, la Regione concedeva permessi, di durata massima compresa tra i 3 ed i 6 mesi, per l’officiosità idraulica della rete idrografica: ovvero per ristabilire le condizioni di sicurezza del corso d’acqua attraverso degli interventi specifici.
Il materiale prelevato durante queste attività veniva poi trattenuto e pagato dalle imprese alla Regione, ma i permessi non erano ottenuti in modo semplice. Infatti, bisognava ottemperare ad una serie di adempimenti che prevedevano la presentazione di un progetto, di una relazione geologica, nel caso del Parco Pollino era necessario anche il parere dell’Ente, unito a quello dell’Ufficio Ciclo delle Acqua e e dell’Ufficio Ambientale. Insomma, una procedura molto lunga e complessa di durata compresa tra due e tre anni.
Le avversità atmosferiche che avevano causato fenomeni di eccessivo accumulo di inerti, o escavazione ed erosione del fondo dei fiumi e delle sponde, indussero la Giunta Regionale ad intervenire nel 2015 con due delibere per approvare l’avviso pubblico per l’acquisizione di manifestazione di interesse per l’esecuzione di interventi manutentori di ripristino dell’officiosità da effettuarsi negli alvei dei corsi d’acqua del territorio lucano, con il coinvolgimento dell’imprenditoria di settore a compensazione dell’attività manutentiva con rimozione del materiale che impediva il normale deflusso delle acque e del materiale legnoso.
Ma una successiva modifica dell’avviso introdusse la richiesta di un’offerta economica per l’esecuzione dei lavori. Il provvedimento provocò il ricorso al Tar da parte di alcune imprese che avevano presentato la domanda ed il progetto esecutivo.
Allora, in pendenza dei giudizi amministrativi, la Regione ha prima disposta la revoca della delibera del 2015 impugnata, per poi dare mandato all’ufficio Difesa del Suolo “ di concludere i procedimenti avviati per effetto della manifestazione di interesse (…) per i quali siano stati già acquisiti i progetti esecutivi” escludendo tutte le altre imprese (…) anche se non era stato indicato alcun termine decadenziale per la presentazione del progetto esecutivo, dando vita, secondo alcuni operatori del settore ad una “evidente disparità di trattamento”.
Tuttavia, per quanto riguarda il fiume Sinni ed i suoi affluenti, da alcune analisi a campione di Arpab era emersa la presenza di tremolite. Questo complicò gli interventi in questo alveo.
Eppure, nel 2017, fu proprio l’allora governatore Marcello Pittella a dichiarare che "la volontà politica della Regione Basilicata é quella di accelerare l'iter dell'estrazione degli inerti nel fiume Sinni, in sicurezza, al fine di prevenire i fenomeni alluvionali".
Questo fa capire quanto la situazione in cui versano le imprese del settore estrattivo e lavorazione di inerti di fiume sia difficile e senza precise linee guida, procedure definite e chiare, tempi certi dei procedimenti autorizzativi, ancora oggi nel 2020.
Aspetto che, chiaramente, riguarda tutti gli attori del settore attivi nel territorio lucano e non solo lungo il fiume Sinni.
Si tenga presente che per effettuare un intervento di ripulitura possono essere occupati dai 5 ai 10 addetti, per cui l’impatto sull’occupazione è evidente.
Inoltre, visto che si parla di sblocco delle opere pubbliche, è necessario anche disporre di materiale inerte che, altrimenti, arriverebbe da fuori Regione.
Per non parlare dell’aggravarsi di fenomeni alluvionali provocati dall’incremento lungo i corsi d’acqua di cespugli o arbusti: rimozione dei quali era alla base del rapporto di carattere compensativo tra la Regione e le imprese del settore.
Insomma, una situazione che sarebbe opportuno definire quanto prima una volta per tutte.

Lasiritide.it



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