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Arpacal: ‘Ingiustificato interrompere l’attività della Centrale del Mercure’

27/04/2020



Qualche settimana fa avevamo pubblicato un nota a firma di Ferdinando Laghi, presidente dell’associazione internazionale Medici per l’Ambiente (Isde), e consigliere dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, che, assieme ad altri attivisti, aveva chiesto la temporanea interruzione dell’attività della Centrale del Mercure – da marzo 2019 non più di proprietà Enel, ma del fondo F2i – citando anche diversi studi su una possibile correlazione tra la diffusione della pandemia e le polveri sottili.
Secondo diversi scienziati, infatti, sarebbe possibile che il particolato fine e ultrafine possa favorire la propagazione del Covid.
La richiesta era stata inoltrata, oltre che alle istituzioni politiche regionali e locali calabro-lucane, anche al premier Conte ed ai ministri dell’Ambiente e della Salute.

La risposta di Arpacal

Arpacal, guidata dall’anno scorso da Domenico Pappaterra che è anche il presidente dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, ha risposto alla questione sollevata dal medico ambientalista premettendo di “aderire alla posizione di Ispra”, ovvero l’organo superiore di riferimento di ogni Arpa, che “ha condiviso quanto espresso dalla Società Italiana Aerosol (SIA)”.
Oltre che allo stesso Laghi, l’Agenzia calabrese di Protezione Ambientale, per conoscenza, ha trasmesso la nota di risposta al premier Conte ed ai ministri dell’Ambiente e della Salute, ai governatori ed a tutti i vertici politici regionali lucani e calabresi, al prefetto di Potenza, alla Procura della Repubblica di Lagonegro e, tra i sindaci, anche a quelli di Rotonda e Viggianello.
Secondo SIA “il periodo di monitoraggio disponibile per l’indagine epidemiologica è ancora troppo limitato per trarre conclusioni scientificamente solide in relazione ai moltissimi fattori che influenzano il tasso di crescita del contagio”.
Aggiungendo che l’ipotesi “di un rapporto diretto tra numero di superamenti dei livelli di soglia del PM e contagi da Covid” è una possibilità ritenuta “parziale e prematura”. Così come, allo stato attuale delle conoscenze, viene indicata come “ingiustificata” la proposta di misure restrittive di contenimento dell’inquinamento da PM “come mezzo per combattere il contagio”.
Questo anche se viene riconosciuto quale “indubbio”, che la riduzione delle emissioni antropiche, “se mantenuta per un lungo periodo”, abbia effetti benefici “sulla qualità dell’aria, sul clima e sulla salute generale”.
Per quanto concerne la questione dei controlli sull’attività della Centrale, Arpacal fa sapere che è previsto “il controllo delle emissioni in atmosfera mediante un sistema di monitoraggio in continuo”, oltre alla verifica della qualità dell’aria nella zona di ricaduta dei fumi dell’impianto a biomasse mediante “una rete costituita da 10 centraline fisse – le capannine –, suddivise equamente tra il territorio lucano e calabrese”.
A proposito di quest’ultimo punto, nella nota Arpacal scrive ancora che “dalla valutazione delle relazioni di conformità, trasmesse annualmente dalla ditta – solita storia vecchia ormai di anni, ovvero che l’attività del controllore si basa sui dati trasmessi dal controllato – non sono emersi superamenti dei valori relativamente al parametro PM10”.
Laghi da sempre sostiene che il sistema delle capannine si fondi su uno schema dei venti che è quello della Valle del Sinni, precisamente di Latronico, a 11 km di distanza, e non della Valle del Mercure dove invece insiste il fenomeno dell’inversione termica che “rallenta il ricambio dell’aria nella valle, favorendo la persistenza degli inquinanti a fondovalle e aumentando i rischi per la salute degli abitanti”.

 Ferdinando Laghi
La storia recente della Centrale del Mercure

Dopo la prima, Laghi aveva invitato un’altra nota con la quale sollecitava ancora un intervento e lamentava la scarsa attenzione al problema anche da parte “dei sindaci di Laino Borgo, Rotonda e Viggianello” quali "primi garanti e tutori della salute dei loro concittadini". Rotonda e Viggianello sono i due Comuni che, nel 2014, non avevano sottoscritto il famoso accordo al Mise.
Dopo anni di battaglie vinte in tribunale da parte degli oppositori, e di nuovi tentativi di riapertura, l’autorizzazione unica della Regione Calabria di fine 2015 – sfruttando una delibera precedente dell’allora Governo Renzi – nel 2016 era stata ritenuta legittima dal Tar di Catanzaro e poi dal Consiglio di Stato.
Ricordiamo che a ricorrere, oltre agli ambientalisti, erano ogni volta gli stessi Comuni di Rotonda e Viggianello mentre l’accordo Mise, allora sottoscritto da Enel e valevole per 8 anni, prevede, oltre alla riduzione delle emissioni del 20 per cento rispetto alle soglie, compensazioni ambientali in cambio, tra l’altro, dell’impegno “di superare il contenzioso amministrativo e giudiziario” contro la riapertura dell’impianto a biomasse nel cuore del Parco del Pollino.
Segnatamente, alle Regioni Calabria e Basilicata venivano riconosciuti 750 mila euro una tantum; al Comune di Laino Borgo (territorio nel quale è ubicato l’impianto) e all’Ente Parco Nazionale del Pollino 500 mila euro all’anno; mentre nelle casse dei comuni di Lauria, Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Laino Castello, Papasidero e Mormanno vengono versati, complessivamente, 1 milione e 100 mila euro da dividersi ogni 12 mesi. Insomma, un torta davvero succulenta: ma tutti questi soldi da dove venivano, solo da Enel? E sulle emissioni, come siamo messi?

enzo bonafine
I finanziamenti pubblici, le compensazioni e le emissioni

Nel corso degli anni, accanto alla questione ambientale circa le emissioni e il disboscamento selvaggio, la Centrale (che sprigiona una potenza di 35MW, mentre il regolamento del Parco prevede che impianti del genere non superino i 3MW) era diventata oggetto di forti polemiche anche in quanto alcuni fornitori del cosiddetto cippato erano finiti nella rete dell’operazione Stige, condotta dal procuratore capo della DDA di Catanzaro Nicola Gratteri.
Sempre in merito alle emissioni, Laghi ha sempre affermato che bruciare biomassa comporti la produzione delle cosiddette polveri sottili e durante il famoso confronto fatto nella sede rotondese del Parco del Pollino nel 2016 – quasi 4 ore in cui Laghi da solo mise alle corde l’intero “stato maggiore” di Enel del Sud Italia, costringendoli ad ammissioni senza precedenti – Enel riconobbe che le nano polveri (PM0,5), ritenendole “una quantità irrisoria”, non vengono trattenute dalle ciminiere poiché non esistono sul mercato filtri industriali in grado di impedire che finiscano nell’atmosfera. Inoltre, nel monitoraggio, non entrano le diossine e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (Ipa) poiché non obbligatori per legge.
In merito alle diossine, Enel sosteneva che comunque non se ne producevano per via “della combustione da alte temperature”, condizione in cui Laghi evidenzia aumenti il particolato.
Per quanto concerne invece il volume d’affari, lo stesso Laghi, che dalla prima ora ha bollato questo insediamento industriale come “una mera attività speculativa”, fece emergere che nel 2016 il fatturato della Centrale del Mercure fu di 49 milioni di euro di cui 39 milioni (ovvero il 78 per cento) derivanti da incentivi pubblici.
Il “no” all’attività della Centrale più di una volta è stato portato dal Forum Stefano Gioia – con Laghi anche dalla portavoce Antonietta Lauria – all’attenzione dei soci durante l’annuale assemblea degli azionisti Enel.

 Centrale mercure sforamenti

Le misurazioni delle emissioni

Nella Valle del Mercure le ragioni di chi si oppone a questo progetto sono portate avanti anche dall’associazione Radar che meno di un mese fa, analogamente, aveva chiesto l’interruzione dell’attività della Centrale oltre alle notizie circa l’abbattimento del 20 per cento delle emissioni: annunciato nel lontano 2017, ma secondo il presidente di Radar Enzo Bonafine in modo troppo generico e, per questo, l’avvocato viggianellese ha chiesto di conoscere i livelli delle emissioni “al momento della sottoscrizione dell’accordo del 2014” e “quali accertamenti siano stati fatti, e da chi, per attestare il rispetto dell’impegno assunto”.
In proposito, ricordiamo anche l’istituzione dell’Osservatorio Ambientale, finanziato allora da Enel – ma tutti gli impegni sono adesso in capo al nuovo proprietario – con 100 mila euro all’anno secondo l’accordo Mise (altra commistione tra controllore e controllato), e la cui attività è sempre stata oggetto di grandi polemiche. Lo scorso anno Ferdinando Laghi aveva criticato la prima relazione risalente al 2018, sottolineando come, a differenza di quanto promesso, “non sia stata redatta la seconda per il 2019”.
La stessa Radar lo scorso anno aveva organizzato un convegno sul tema, durante il quale vennero illustrati i risultati di alcune rilevazioni sulle emissioni della Centrale da cui emerse che i valori, seppur nella norma (conta la media), erano comunque alti rispetto a quelli che si sarebbero dovuti riscontrare in quel contesto di riferimento: ovvero un’area protetta come il Parco del Pollino. Tuttavia, quelle stesse misurazioni era stato deciso da Radar avvenissero in condizioni normali: ovvero mai in inversione termica, durante la quale si presume che i valori salgano.
Delle misurazioni si era occupato il tenente della Polizia Provinciale di Potenza Giuseppe Di Bello, presidente delle associazioni “Ehpa” e “Liberiamo la Basilicata” e noto per le sue battaglie contro l’inquinamento provocato in Basilicata dalle estrazioni di petrolio. Gli strumenti che aveva utilizzato erano assolutamente certificati e non sono mancate rilevazioni oltre la soglia consentita, anche se riferite solo a un determinato momento: come nel novembre del 2018, quando il dispositivo indicava sforamenti delle polveri sottili immortalati nella fotografia dello stesso Di Bello (gli sforamenti sono secondo i limiti Ispra).
Ricordiamo che, per legge, gli sforamenti dei PM sono consentiti fino a un massimo di 35 giorni consecutivi in un anno. Mentre nel 2018 furono effettuati monitoraggi del particolato in giorni non consecutivi, per consentire una prima indagine a campione che, ripetiamo, aveva prodotto risultati nella norma.
A tutto questo si aggiungano le proteste da parte di tutti gli abitanti della Valle del Mercure per il continuo andirivieni di mezzi pesanti che trasportano la biomassa.
Ma la Centrale resta sempre lì, tranquilla a “fumare” forte delle sue buone ragioni anche al tempo del Covid.


Gianfranco Aurilio
Lasiritide.it



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