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Comune di Senise: per il Tar Anas doveva rimuovere animale morto su Sinnica

22/02/2020



Quella ottenuta al Tar della Basilicata dal Comune di Senise, rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Melfi, contro ANAS, è una vittoria che può assumere dei risvolti molto importanti, in particolare in riferimento alla rimozione delle carcasse di animali morti (soprattutto cinghiali) che si trovano lungo le arterie di proprietà dello Stato.
Il procedimento ha avuto inizio nel 2013, quando Anas ricorse in giudizio per chiedere l’annullamento di un’ordinanza emessa dall’allora sindaco Giuseppe Castronuovo, con la quale il primo cittadino senisese aveva “ingiunto all’ANAS di provvedere, entro 3 giorni dalla notifica della stessa Ordinanza, alla raccolta, trasporto e avvio a smaltimento della carcassa di un cane, sita ai margini del lato destro della carreggiata della Strada Statale n. 653, all’altezza del Km. 44+400”.

L’ordinanza del sindaco Castronuovo – Dopo aver ricevuto il verbale di ispezione dei Servizi Veterinari dell’Azienda Sanitaria locale di Potenza, con il quale era stato ordinato di infossare a non meno di 2 metri “lontano da falde acquifere e da civili abitazioni” la carcassa “cosparsa di calce viva” del cane, Castronuovo aveva, appunto, ingiunto all’ANAS di provvedere, entro 3 giorni, alla raccolta, trasporto e avvio a smaltimento della carcassa dell’animale, richiamando la normativa che prescrive che “i proprietari delle strade devono provvedere alla pulizia delle stesse e delle loro pertinenze”, specificando che, quest’ultima norma speciale, “prevale sulla normativa in materia di rifiuti, che attribuisce ai Comuni l’attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani”, con l’espressa avvertenza che, in caso di inottemperanza, “si sarebbe provveduto all’esecuzione in danno dell’ANAS”.

Il ricorso di Anas – L’ANAS, dal canto suo, era ricorsa per tre ragioni: poiché “non sussistevano i presupposti dell’emergenza sanitaria o di igiene pubblica oppure quella della contingibilità e dell’urgenza”; in quanto, “il provvedimento impugnato non era stato preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento”; e per l’errata applicazione dell’articolo sulle responsabilità dei proprietari delle strade, perché “tale norma risulta finalizzata a garantire la circolazione dei veicoli sulla carreggiata”.

La sentenza del Tar – Ma secondo i giudici amministrativi lucani il ricorso promosso da ANAS è “infondato”. “Non coglie nel segno il primo motivo di impugnazione – si legge nelle motivazioni –, in quanto, il provvedimento impugnato è stato motivato, facendo riferimento alla competenza del Sindaco ad emanare le Ordinanze di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati, anche nei confronti dei proprietari e dei titolari di diritti reali o personali sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”.
Vanno disattesi anche il secondo ed il terzo motivo, in quanto “l’ordinanza impugnata, non può essere annullata per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento”. Inoltre, va precisato che il provvedimento impugnato “non viola la normativa” perché l’ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati e di ripristino dello stato dei luoghi “può essere emessa (in solido con gli autori degli abbandoni di rifiuti) anche nei confronti dei proprietari o dei titolari di diritti reali o personali di godimento (...) delle aree, dove sono stati abbandonati i rifiuti, soltanto se vi è stato un comportamento da parte di questi ultimi soggetti, che sia imputabile a titolo almeno di colpa e che coinvolga la loro corresponsabilità nell’abbandono dei rifiuti”.
Precisando, quindi, che “nella specie”, “sussiste il comportamento colposo dell’ANAS, in quanto la manutenzione ordinaria e la pulizia delle strade”, cioè della carreggiata asfaltata e delle relative pertinenze stradali, “rientra nell’ambito dei istituzionali” della stessa ANAS.

ANAS condannata a pagare le spese – Per queste ragioni, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, con collegio giudicante composto dal presidente Fabio Donadono, dal consigliere estensore Pasquale Mastrantuono e dal primo referendario Benedetto Nappi, ha respinto il ricorso e condannato ANAS al pagamento in favore del Comune di Senise, rappresentato dall’avvocato Melfi, di 2 mila euro quali spese di giudizio.

Gianfranco Aurilio
lasiritide.it



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