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Bolognetti: Il dottor Salvatore Colella venga trasferimento ad altra sede

14/03/2013

Di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani
Giovanni Castellano potrebbe fregiarsi del titolo di re dei rifiuti made in Lucania. Suo l’immobile dove da circa tre anni è ubicata la sede Arpab di Matera, che è costata al contribuente la modica cifra di 22mila euro al mese, sua la Semataf che gestisce i rifiuti petroliferi del Centro Oli Eni di Viggiano e sua la discarica di rifiuti speciali e pericolosi di Guardia Perticara. Il Gruppo Castellano, oltre ad aver gestito gli Rsu smaltiti nella discarica di Salandra, ha stipulato contratti milionari con L’Eni e con la Total.
Dal procedimento 4422/2010, vicenda attinente - secondo le ipotesi formulate dall’accusa - l’illecito smaltimento di rifiuti solidi urbani, emerge un elemento che ci spinge a chiederci se sia opportuno che il dottor Salvatore Colella, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Potenza, continui a prestare servizio in Basilicata.
Agli atti del sopra citato procedimento risulta infatti che in data 22 giugno 2012, l’avvocato Marisa Clemente, nel presentarsi presso gli uffici del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, oltre a dichiararsi legale di fiducia di Giovanni Castellano riferisce “en passant” agli inquirenti di essere la consorte del dottor Salvatore Colella, cioè la moglie di quell’inquirente che nel marzo del 2010 ebbe a disporre la perquisizione della mia abitazione alla ricerca delle fonti che mi avevano spinto a denunciare il decadimento della qualità delle acque invasate nelle dighe lucane. Come è noto, ho in più occasioni affermato che il decadimento in oggetto potesse essere ricondotto oltre che al cattivo funzionamento della rete di depurazione, anche alle intense attività di estrazione idrocarburi svolte a ridosso degli invasi.
Lo stesso dottor Colella è stato audito - così come il sottoscritto - dalla Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti, che ha prodotto una relazione finale dalla quale nulla emerge sull’impatto che le attività estrattive hanno avuto sul territorio lucano.
Detto che essere “la moglie di” non rappresenta certo un reato, ciononostante mi chiedo se alla luce di quanto va emergendo non sia il caso di disporre un trasferimento d’urgenza del dottor Colella presso altra sede, dove la sua funzione di inquirente non entri in rotta di collisione con la professione di avvocato svolta dalla consorte.
Verrebbe inoltre da chiedersi se l’Anm e la corrente MD, di cui Colella risulta essere un iscritto, non rilevino in questa vicenda i profili di una palese incompatibilità ambientale.
In attesa di risposte e chiarimenti, una volta di più mi permetto di chiedere ragione alla Procura di Potenza e allo stesso Colella di quanto scritto dal Prof Fracassi nella sua relazione redatta in qualità di CTU sulla vicenda Fenice: “Con nota datata 6 ottobre 2009 è stato suggerito al P.M. di richiedere ad Arpab di procedere con urgenza al prelievo e all’analisi dell’acqua dei pozzi esistenti in zona a monte e a valle del sito. La richiesta è stata prontamente trasmessa dal pubblico ministero ad Arpab ma, nonostante i dati richiesti fossero indispensabili per stabilire se le anomalie riscontrate fossero state o siano ancora pregiudizievoli per l’uso delle acque da parte degli agricoltori della zona e nonostante i vari solleciti, alcuna delle analisi richieste è stata consegnata al sottoscritto da Arpab o dalla Procura della Repubblica di Melfi”.
Come è noto, il dottor Colella è oggi titolare dell’inchiesta sull’inquinamento prodotto dall’inceneritore Fenice. La sopra citata domanda, però, non ha ricevuto risposta alcuna. E io continuo ad affermare che l’inchiesta Fenice, per usare un eufemismo, è piuttosto lacunosa.



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