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Emergenza cinghiali: cosa fa la Regione Basilicata

3/07/2025

La Basilicata risponde con metodo, visione e innovazione all’emergenza cinghiali. Oggi, l’assessore alle Politiche agricole, alimentari e forestali, Carmine Cicala, ha illustrato i risultati e gli sviluppi del progetto con il quale sono stati attivati i servizi integrati per la gestione dell’emergenza causata dall’eccessivo numero di cinghiali, intervento che sta trasformando una criticità ambientale e sanitaria in una concreta opportunità economica per il territorio lucano.

“Non ci siamo limitati a contenere un’emergenza – ha dichiarato l’assessore Cicala – abbiamo creato un vero e proprio modello, il Modello Basilicata, che sta attirando l’attenzione di altre Regioni e dello stesso governo centrale, basato su azioni integrate, collaborazioni fra diversi attori pubblici e privati del territorio, visione di lungo periodo”.

Con una stima di 88.600 cinghiali presenti sul territorio regionale, la Basilicata ha scelto di affrontare con determinazione i rischi legati alla sovrappopolazione: incidenti stradali, danni alle coltivazioni, presenza nei centri abitati e il pericolo rappresentato dalla Peste suina africana (Psa). L’obiettivo finale è quello di ridurre progressivamente il numero di capi fino a circa 15.200, con una strategia che prevede un calo del 30% annuo.

Il progetto, partito ufficialmente il 9 aprile 2025 e affidato alla società Ecowild S.R.L., mira a ridurre in modo significativo il numero di cinghiali, trasformando al contempo l’emergenza in una filiera economica sostenibile. Fondamentale è stata la sinergia tra istituzioni: Ufficio Politiche Ittiche e Venatorie, Direzione Generale, Comuni del PO Val d’Agri, Enti gestori aree protette, cittadini e associazioni venatorie, agricoltori e associazioni di categoria e tutti gli amministratori dei territori interessati.

“I numeri parlano chiaro – ha sottolineato Cicala – in soli 84 giorni, di cui 45 necessari per completare l’intero iter autorizzatorio, sono stati conferiti in filiera ben 700 cinghiali. È un risultato straordinario, soprattutto considerando che la stagione venatoria inizierà ad ottobre e che tale attività è stata attuata soltanto dai selecontrollori e dai bioregolatori. Questo conferma l’efficacia dell’intero sistema operativo che abbiamo costruito. Questa è stata una fase di rodaggio, ma ora siamo pronti ad accelerare ancora di più: il progetto è maturo e può crescere rapidamente”.

L’area Atc 2 Pz si è distinta particolarmente, contribuendo con quasi il 50% dei capi abbattuti. Grazie ad un sistema di tracciabilità molto affidabile, ogni fase del processo è oggi monitorata in tempo reale, garantendo massima trasparenza e controllo.

La crescita è costante, con un incremento dei conferimenti vicino al +50% da aprile a giugno. Si prevede, già nelle prossime settimane, il superamento della soglia dei 1.250 capi al mese, anche grazie all’impulso che darà l’attività venatoria nella filiera operativa.

La validità del progetto è stata riconosciuta anche dalla Commissione Europea, che, grazie al continuo monitoraggio degli attori coinvolti nel processo caratterizzante il progetto e grazie a numerose azioni intraprese dal Dipartimento, ha declassato 25 comuni lucani precedentemente inseriti nelle zone di restrizione per PSA: 20 comuni sono passati da zona 1 a zona libera, 5 comuni da zona 2 a zona 1. Restano solo 9 comuni in zona 1.

“Questo è un traguardo di cui essere orgogliosi – ha affermato l’assessore – perché non solo dimostra che il monitoraggio, se ben organizzato, è la più efficace delle difese, ma evidenzia anche che il Modello da noi pensato funziona. Abbiamo messo in campo una strategia moderna, fondata su ascolto, partecipazione e innovazione”.

Uno degli aspetti più innovativi del progetto è la valorizzazione della carne di cinghiale, che da rifiuto da smaltire diventa oggi una risorsa economica, anche grazie ai numerosi controlli qualitativi e sanitari che sono tra i pilastri più stabili dell’intera filiera.

L’obiettivo è chiaro: creare una filiera agroalimentare permanente, con carni e salumi certificati, a km zero e a marchio “Compro Lucano”, pronti a conquistare mercati e ristorazione, rafforzando anche il brand regionale.

“Abbiamo trasformato un’emergenza in valore – ha concluso Cicala – dando vita a un progetto economicamente sostenibile, in grado di creare posti di lavoro e rafforzare l’identità gastronomica lucana. È una scommessa vinta, che ci spinge a guardare con fiducia al futuro”.




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