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Matera. Fraccalvieri AIA: Quando l’acqua manca, affonda anche la fiducia |
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16/04/2025 | Riceviamo e pubblichiamo, la lettera di un imprenditore materano Nicola Mario Fraccalvieri - Referente AIA Italia, su disservizio dell'erogazione idrica a Matera. Nella lettera che segue, l' imprenditore locale denuncia non solo i danni causati dalla rottura della condotta in contrada Trasano, ma soprattutto l’immobilismo di un sistema amministrativo che, ancora una volta, si fa trovare impreparato davanti all’ordinario.
"La crepa nel sistema: quando l’acqua manca, ma è la programmazione a far diferenza"
Matera, aprile 2025 – La notizia corre veloce tra le strade assolate della Città dei Sassi: “Non c’è acqua”.
La gente si affolla alle autobotti, le scuole chiudono, gli uffici pubblici sbarrano le porte e la vita quotidiana si inceppa, come un ingranaggio arrugginito. Ma ciò che sembra un banale guasto idrico è in realtà solo la punta dell’iceberg. Perché a rompersi, ancora una volta, non è solo una tubatura. È l’intero impianto di gestione pubblica, quel grande e spesso opaco meccanismo amministrativo che dovrebbe garantire servizi essenziali, ma che invece si muove, troppo spesso, con l’inerzia di un pachiderma stanco.
La falla che ha messo in ginocchio Matera si è aperta in contrada Trasano, lungo la condotta adduttrice che porta l’acqua potabile in città. Un guasto grave, certo, ma non un evento imprevedibile. Come si suol dire in questi casi, non è la prima volta. E – se non si cambia rotta – non sarà l’ultima.
Quando la manutenzione diventa emergenza
L’interruzione dell’erogazione ha avuto un impatto immediato: disagi per migliaia di famiglie, difficoltà per ospedali e strutture socio-sanitarie, caos logistico nella distribuzione delle risorse idriche. Acquedotto Lucano, Protezione Civile, Comune e Prefettura si sono mobilitati prontamente, ma le immagini delle autobotti parcheggiate nei quartieri e delle file di cittadini con le taniche in mano sono il simbolo più vivido di una realtà che non si può più ignorare.
Ciò che colpisce, però, è la ripetitività di queste emergenze. E allora la domanda sorge spontanea: possibile che ogni crisi debba sorprenderci come se fosse la prima volta?
La politica del “poi vediamo”
Quella che viviamo è la conseguenza diretta della politica del rinvio, una cultura amministrativa che preferisce rammendare piuttosto che ricucire, rattoppare piuttosto che rifare. La manutenzione ordinaria viene spesso sacrificata sull’altare del bilancio, in favore di opere più “visibili” e “spendibili” politicamente.
Ma i tubi non fanno conferenze stampa, le condotte non tagliano nastri. E così, quando si rompono, lo fanno in silenzio… finché il rumore dell’acqua che non arriva diventa più forte di tutto.
Questo vale per l’acquedotto come per le scuole, le strade, i trasporti, gli impianti sportivi, la sanità. La macchina pubblica ha perso nel tempo l’abitudine alla programmazione. In molti enti locali, i piani triennali delle opere pubbliche sono spesso liste dei desideri, non strumenti di lavoro. Le banche dati tecniche sono obsolete, i censimenti delle reti e delle infrastrutture sono incompleti o mai aggiornati. I fondi ci sarebbero, ma mancano progetti cantierabili. E quando ci sono i progetti, mancano le gare. Quando ci sono le gare, mancano le imprese disposte a lavorare a certe condizioni. E alla fine, manca tutto. Tranne i disservizi.
Una questione culturale: dal “tamponare” al “prevenire”
Questa situazione non è frutto del destino né del caso, ma di una cultura amministrativa sedimentata, dove spesso si confonde la gestione con la burocrazia, la responsabilità con la firma su un foglio. Serve un cambio di paradigma, che parta da un assunto semplice: le emergenze si prevengono, non si gestiscono.
Per farlo, serve innanzitutto una mappatura dettagliata e aggiornata delle infrastrutture pubbliche, una digitalizzazione spinta dei dati tecnici, e l’introduzione di sistemi di monitoraggio predittivo. Le tecnologie esistono, e sono persino alla portata dei piccoli comuni: sensori intelligenti, software di manutenzione programmata, intelligenza artificiale per la gestione degli allarmi. Ma servono competenze, visione, continuità e coraggio.
Il tempo è adesso: una programmazione intelligente per una cittadinanza che lo merita
Non si può più aspettare il prossimo guasto. Ogni euro speso in prevenzione vale dieci volte un euro speso in emergenza. Una pubblica amministrazione moderna deve porsi come obiettivo quello di essere proattiva, non reattiva. E in questo, la programmazione è l’unico antidoto all’inerzia.
Programmare vuol dire conoscere, analizzare, prevedere e decidere. Significa dare priorità a ciò che serve davvero, anche se non fa notizia. Vuol dire coinvolgere i cittadini, rendere trasparenti le scelte, condividere le responsabilità.
Un modello esportabile? Sì, ma serve volontà politica
La lezione di Matera deve risuonare come un campanello d’allarme per tutti. Non basta dire “non succederà più”. Serve costruire le condizioni perché non succeda davvero. Il modello ideale esiste già: si chiama programmazione integrata, basata su dati, partecipazione e visione strategica. Ma per metterlo in campo servono risorse, sì, ma soprattutto una rivoluzione culturale nella pubblica amministrazione.
Matera, con la sua storia millenaria e la sua vocazione di capitale culturale, può diventare laboratorio di questa svolta. Ma solo se sarà in grado di trasformare l’emergenza in occasione, la falla in una breccia da cui far entrare aria nuova.
Perché se l’acqua manca, a mancare non è solo un servizio. È una visione. E senza visione, non si va da nessuna parte. Nemmeno con le autobotti.
Nicola Mario Fraccalvieri, imprenditore locale
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