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La voce della Politica

L’inesorabile fuga di cervelli: indifferenza e incapacità delle classi dirigente

21/03/2023

Nella giornata in cui si è celebrata la “Festa del Papà” sono quasi saltato dalla sedia leggendo un approfondimento pubblicato sul Sole 24Ore sulla “fuga dei cervelli”. Il mio pensiero è andato a tanti padri come me e alle tante famiglie lucane che hanno i propri figli lontano da casa per costruirsi un presente ed un futuro migliori. Il quotidiano economico-finanziario ha dedicato un ampio approfondimento ad una parola che è ancora ricorrente nei nostri ragionamenti: emigrazione. Una parola che per il nostro Sud è una vera e propria piaga e che, se collegata alle previsioni per i prossimi anni fatte dai più autorevoli istituti di ricerca, non ci fa dormire sonni tranquilli. Ciò tenendo anche conto del quasi totale disinteresse da parte di una classe politica regionale anonima, ormai intenta solo a costruire la prossima campagna elettorale.
Nell’ultimo rapporto Istat sulle migrazioni, richiamato dal Sole 24Ore, si evidenzia che tra il 2012 e il 2021 circa 1 milione di italiani si sono trasferiti all’estero (quasi 250mila i laureati). Un quarto dei nostri connazionali ha in tasca una laurea. La fuga dall’Italia non si è neppure arrestata durante il biennio nero della pandemia. La fascia d’età presa in considerazione è stata quella tra i 25 e i 34 anni. Ancora una volta il nostro Sud registra la situazione più preoccupante. Gli studenti universitari e i laureati che abbandonano la Basilicata e le altre regioni meridionali lo fanno per poi, nella maggior parte dei casi, non fare più ritorno nei territori di origine.
Se nel Nord Italia (e al Centro) vi è una sorta di ripopolamento con gli arrivi dal Mezzogiorno, qui nel Sud assistiamo ad una perdita secca dei nostri talenti e delle nostre energie. Un deprimente fenomeno che comporta pure a movimentare l’economia delle regioni ospitanti con un impoverimento delle nostre città e dei nostri borghi. Un impoverimento delle famiglie lucane in termini economici e umani. Nell’indagine Istat si sottolinea che nell’ultimo decennio sono partiti dal Sud Italia per l’estero circa 28mila laureati (39mila dalle regioni settentrionali). Dati preoccupanti che dovrebbero far scattare l’allarme rosse e farci correre ai ripari, considerato che la “desertificazione universitaria” rischia di aggravare ulteriormente le condizioni della Basilicata e del Mezzogiorno. Desertificazione che in questo caso è sinonimo di mortificazione, che raffredda inesorabilmente l’entusiasmo di qualche settimana fa con la presenza a Potenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’UniBas e dei quarant’anni di vita dell’ateneo lucano.
Ai dati dell’Istat si aggiungono quelli della Svimez, che prevede per il 2041 una perdita del 27% degli iscritti alle Università del Mezzogiorno. Tra l’altro, riporta Svimez, nel 2021 il divario tra Centro-Nord e Sud ha registrato “una differenza di 80mila immatricolati: negli ultimi vent’anni circa 1,2 milioni di giovani ha lasciato il Mezzogiorno (1 su 4 è un laureato); nel solo 2020 sono stati 67mila e la quota di laureati è salita al 40%”.
Insomma, il quadro descritto non è affatto confortante; anzi, dovrebbe far tremare i polsi e spero che faccia riflettere i tanti “statisti” della politica regionale avvicendatisi in via Verrastro e scesi nelle piazze lucane negli ultimi venticinque anni. Servono interventi mirati tali da rendere le nostre Università interessanti ed attrattive con un indispensabile supporto delle massime istituzioni locali, a partire dalla Regioni. Da noi si fatica a vedere nel sedicente “governo regionale del cambiamento” ogni forma di intervento per far uscire la Basilicata dalle secche di una condizione di sottosviluppo. Secche che, come avverte l’Istat, si tramuteranno in una drammatica “desertificazione” sociale, economica, e anche universitaria.

Gianni Leggieri, Consigliere regionale M5S



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