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La voce della Politica
Centrale del Frido: la violenza continua! |
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17/02/2020 | Si è appreso recentemente che la giunta della Regione Basilicata ha - incredibilmente - concesso nuove proroghe e autorizzazioni alla Lageri s.r.l. per la costruzione di una centrale idroelettrica sul Fiume Frido in Basilicata, in piena Zona 1 del Parco del Pollino. Un progetto che fu bloccato nel giugno del 2017 dall’Ente Parco per lo scempio ambientale causato dagli sbancamenti e dalla distruzione del bosco ripariale lungo il corso del fiume; “lavori” che avevano reso lo stesso irriconoscibile.
L’Associazione Italiana Wilderness si era opposta già tre anni fa ancora prima che iniziassero i lavori di sbancamento: uno scempio che era facilmente prevedibile anche solo dopo una veloce lettura del progetto. Ecco cosa scrivevo all’epoca:
“Nella sintesi del progetto si capisce chiaramente che per far avanzare questa condotta per quasi sette chilometri saranno necessari lavori di sbancamento, taglio di alberi, grandi movimenti di terra, con ruspe ed escavatori sui tratturi e sentieri esistenti, non c’è bisogno di essere un ingegnere per capirlo. Per non parlare dell’ulteriore cementificazione che comporterà la costruzione dell’edificio della centrale e del canale di restituzione dell’acqua di 2x2 mt anch’esso in cemento armato, ubicata vicino ad uno dei tratti più selvaggi ed integri del fiume. Per non parlare del disturbo della fauna… Chiaramente tutto questo comporta un elevato impatto ambientale, del resto riconosciuto nello stesso progetto, seppur “minimizzato” arrampicandosi sugli specchi.” (https://www.lasiritide.it/canestro.php?articolo=19595)
Previsioni che puntualmente si sono avverate. Uno scempio che fu “certificato” anche dalle istituzioni di tutela. Infatti, dopo la denuncia delle associazioni e l’impegno del Consigliere del Parco dott. Laghi, l’Ente Parco, dopo un sopralluogo dei suoi tecnici, aveva immediatamente bloccato i lavori e obbligato la ditta esecutrice al ripristino dei luoghi; un ripristino solo formale, visto che ci vorranno decine e decine di anni prima che la vegetazione copra i segni di quella devastazione.
Ma veniamo all’oggi. La Giunta lucana, il 20 gennaio scorso, “ha rideterminato i termini di validità del giudizio favorevole di compatibilità ambientale, per un periodo di 18 mesi decorrenti dalla comunicazione della data di ripresa dei lavori”. Come conseguenza di ciò, si è appreso di un procedimento autorizzativo di esproprio dei terreni privati di un lungo elenco di cittadini e di parti di demanio comunale, in nome di una “dichiarazione di pubblica utilità”, concessa per un’opera che garantirà solo i profitti della società esecutrice, con ricadute negative oltre che per l’ambiente, anche per l’immagine turistica del territorio.
La scusa è sempre quella di produrre “energia pulita”, che pulita non è, per l’impatto ambientale dei lavori; né garantirà risparmi e occupazione per i cittadini dei comuni interessati, essendo un’opera imposta completamente dall’alto senza avviare un confronto democratico con i cittadini e la società civile. La Regione cioè avalla di nuovo un progetto datato, che già ha provocato danni ambientali, in un contesto socioeconomico completamente diverso (basti pensare al surplus energetico del 10% che riguarda la Basilicata e alle esigue necessità di approvvigionamento energetico dei comuni interessati, che potrebbero soddisfarsi ad esempio con piccoli impianti fotovoltaici a gestione comunale, su edifici pubblici, capannoni ecc.). Ma la ragione prioritaria del contrasto a questo progetto speculativo è la tutela ambientale: il Frido, già captato a monte alle Sorgenti, è un fiume che dev’essere conservato nella sua integrità naturalistica, per essere fruito dai visitatori che potranno ammirare la sua bellezza lungo i sentieri che lo costeggiano. Per un’area naturale che ricade in Zona 1 deve valere la mission della tutela, per la quale furono creati gli Enti Parco nazionali, non quella della produzione di energia elettrica “green” per favorire gli interessi di qualche imprenditore!
E’ positivo che durante la riunione dell’ultimo Consiglio Direttivo del Parco del 13 febbraio, tutti i consiglieri presenti abbiano espresso la volontà di contrastare questo progetto, avviando anche un tavolo di confronto con la Regione. Si prende atto della vicinanza del Parco nei confronti delle istanze di cittadini e associazioni e ci si augura che l’Ente preposto alla tutela intraprenda tutte le azioni di contrasto al progetto, sia istituzionali che – eventualmente – di natura legale.
È chiaro tuttavia che ormai il problema rappresentato da questa centrale idroelettrica va anche oltre le valutazioni sulla legalità o meno del progetto, sulla validità delle autorizzazioni ecc. su cui si deciderà nelle sedi e con i metodi opportuni. Quanti scempi ambientali sono stati commessi nel nome della legalità?
La questione è ormai “politica”, nel senso che si deve sottolineare l’inopportunità di quest’opera, la sua natura speculativa, la sua antidemocraticità essendo un progetto calato dall’alto che ha visto – ripetiamolo – l’opposizione della società civile, di associazioni, operatori turistici, proprietari dei terreni, rappresentanti istituzionali.
La nuova giunta regionale deve dare prova di maturità, chiarendo da che parte sta: dalla parte della tutela ambientale, delle associazioni, del turismo sostenibile e dei cittadini che saranno espropriati, o dalla parte di speculatori che già hanno compiuto uno scempio e che possono continuare come se niente fosse ad andare avanti? Ci aspettiamo vivamente che si dia un segnale di discontinuità amministrativa con la giunta precedente che autorizzò questo progetto nefasto... E stessa cosa ci aspettiamo da sindaci e amministrazioni dei territori interessati.
Saverio De Marco
Delegato Regionale Basilicata
Associazione Italiana Wilderness |
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