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La voce della Politica
‘’Quando la cattiva sorte ti cerca in molti l’aiutano a trovarti’’ |
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13/02/2020 | Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un cittadino lucano che quotidianamente è costretto a fare i conti con una difficile malattia.
L’ascolto dell’altro è il discrimine tra l’imbarbarimento e la civiltà, tra l’amore e l’odio, tra l’io e il noi. Una società che ascolta è la sintesi di un cammino interiore, di valori che travalicano gli interessi, di attenzioni verso coloro che per qualsivoglia motivo perdono il passo e inevitabilmente restano indietro. Purtroppo spesso non è così, perché proprio coloro che dovrebbero essere i facilitatori e i principali artefici della crescita socio-culturale della società si inabissano, rincorrono i propri interessi dimentichi del ruolo che la società gli ha affidato, con effetti nefasti per la vita delle persone e pienamente comprensibili solo quando la cattiva sorte ti raggiunge. La mia è forse una storia come tante, una esperienza di vita che mi ha segnato nel fisico, che continua psicologicamente a logorarmi soprattutto per l’indifferenza delle Istituzioni, sorde alle richieste di diritti e spesso generosissime nella concessione di privilegi. Se la pretesa di vedersi riconosciuto un diritto per alcuni diventa un’odissea, evidentemente il sistema è malato! E’ un sistema che va ripensato, soprattutto negli uomini e nelle donne che lo rappresentano, ove la persona sia posta al centro come persona e non per l’appartenenza a questo o a quello, per darle o ridarle la dignità garantita dalla Carta Fondamentale del Paese che nella nostra regione in molti casi appare ancora un’emerita sconosciuta. Convinto che i buoni sentimenti nella stragrande maggioranza dei casi siano solo sopiti a causa del continuo rincorrersi di eventi ai quali occorre dare sempre e comunque risposte, ritengo sia utile richiamare l’attenzione verso alcuni bisogni urgenti della società attraverso la mia (ahime!) “poco felice” esperienza.
Circa dieci anni fa ho iniziato ad avvertire degli strani sintomi che mi percuotevano il corpo, notavo anomali cambiamenti del viso e delle mani soprattutto, il mio corpo si appesantiva senza un’apparente ragione. Il mio medico era perplesso, non comprendeva cosa stesse accadendo, tendeva a sminuire la sintomatologia che gli rappresentavo, concludendo con la solita frase di rito che si usa quando non si sa cosa dire, sono somatizzazioni! Così cominciò il mio calvario che dura ancora oggi, feci diversi ricoveri presso il Cisanello di Pisa, ove mi diagnosticarono l’Acromegalia. Patologia piuttosto rara, in Basilicata ne risultano solo due casi, e uno dei due “fortunati” sono io. Questa patologia comporta anomali ispessimenti del corpo, deforma gli arti e il viso, restituendoti un’immagine che non riconosci. Il nome con il quale è conosciuta volgarmente rende bene l’idea: Gigantismo. Inizia il calvario dei farmaci, soprattutto sperimentali e dall’esito incerto, chi volete che investa in ricerca per un business così poco allettante!? Dai frequenti esami diagnostici viene fuori un’altra bella notizia, noduli maligni alla tiroide, occorre intervenire subito per asportarla. Altri farmaci, radioterapia e l’ironia salvifica con quale affrontavo tutto nel frattempo subiva qualche smottamento. La gioventù che va via, le forze che ti abbandonano, le effimere prospettive future preparano un fertile humus per l’attecchimento dell’ansia e della depressione, che ti avviluppano in un vortice che solamente sforzi sovraumani e farmaci impediscono che sprofondi. E’ arduo combattere questi mostri, ma forze insperate si svegliano e continui a lottare perché nel frattempo hai capito che tutto ha un perché. Però hai anche bisogno di mezzi, senza i quali qualsiasi sforzo si voglia fare per restare a galla il risultato è inesorabile. Per questo presento la prima domanda per ottenere l'invalidità civile, faccio da solo senza intermediazione, risultato 55% di invalidità, non sufficiente per avere la pensione. Riprovo una seconda volta, con altra documentazione aggiuntiva, tentativo ancora vano sebbene la percentuale di invalidità sia aumentata ma al di sotto di quella richiesta per ottenere la pensione. E’ qui che prendo coscienza che qualcosa nel sistema non va, mi suggeriscono di andare da questo e da quello, e l’ho anche fatto senza ottenere un granché. Forse avevo poco o niente da offrire, se non le mie patologie che inesorabilmente si sono aggiunte: diabete mellito, nefrosi, gonartrosi al ginocchio e altro ancora.
Ogni richiesta di aiuto riceve un silenzio assordante, nessuno ascolta perché è occupato in altro, chi sembra ascoltarti non vede l’ora che ti tolga dai piedi, chi dovrebbe obiettivamente valutare toglie per compensare ove si è dato. Porterò comunque avanti la mia battaglia, finché il giusto mi sia dato e perché la mia perseveranza sia da sprone per tanti.
Angelo Caputo |
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