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Nicola De Marco: dopo il volontariato, ora mi sento più ricco come persona |
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8/07/2020 |
| Nel mese di maggio vi avevamo raccontato della scelta coraggiosa del santarcangiolese Nicola De Marco, infermiere che presta lavoro a Roma, di partire come volontario per Genova, in soccorso delle strutture in difficoltà, causa Covid-19. A distanza di due mesi, siamo riusciti ad incontrare il ragazzo e, seduti su una panchina della piazza, in pieno centro storico di Sant'Arcangelo, abbiamo fatto una bella chiacchierata che quest'oggi vi riportiamo, dalla quale si evince un gran senso di dedizione verso il proprio lavoro e la comunità sociale in generale.
Nicola, sei da poco tornato da Genova e finalmente ritrovi la tua Sant'Arcangelo.
Si, dire finalmente è il termine giusto. E' una sensazione strana ma bella, rivivo un po' di tranquillità anche se so fin troppo bene che il virus non è passato del tutto. Certo è però che dopo l'emergenza vissuta fino a poco tempo fa, ora ritrovarsi qui in piazza a chiacchierare in mezzo a tanti amici, da un bel senso di calma e rilassatezza.
Com'è stata questa esperienza vissuta a fianco della protezione civile?
Sono stati 27 giorni intensi e non facili da affrontare. I miei turni mi impegnavo di mattina e pomeriggio e la situazione quando siamo arrivati noi era molto critica. Per fortuna grazie all'addestramento affrontato a Roma prima di partire e all'esperienza dei giorni precedenti acquisita sul posto di lavoro, siamo riusciti a dare un grande contributo a strutture che dire che erano in grandi difficoltà è dir poco.
Ora invece, com'è la situazione?
Nel momento in cui stavo per fare ritorno a Roma la situazione era migliorata di molto. L'area Covid si stava svuotando e il personale stava man mano facendo rientro.
Erano molti quelli del personale ospedaliero ad aver contratto il virus?
In realtà quando siamo arrivati a noi ci siamo resi conto che il problema maggiore era l'organizzazione, dove non tutte le procedure messe in atto erano quelle corrette. Da questo è dipeso il fatto che molti del personale hanno contratto il virus.
Hai definito la tua scelta “spontanea”.
Si spontanea e senza ragionarci su. Appena sono venuto a conoscenza del bando per poter partire come volontario, ho sentito un bisogno dentro di me di dover andare. Molto probabilmente anche l'adrenalina venuta fuori durante il periodo di emergenza vissuto a Roma era talmente tale che andava sfruttata e non dispersa. Il pensiero di dover andare in soccorso di colleghi in difficoltà è stato troppo forte.
I tuoi familiari come hanno vissuti questi mesi?
Sono stati momenti duri e pesanti anche per loro. Ma non soltanto quando sono partito per Genova, anche quando ero a Roma non potevano stare per nulla tranquilli e soprattutto si sentivano inermi dal fatto che non potevano intervenire per far una qualsiasi cosa. Pensate che i primi giorni di marzo, quando ancora non si aveva ben idea di quello che sarebbe successo nei giorni successivi, loro dovevano venire a trovarmi a Roma. La sera prima di partire però, alle 20.00, sono stato convocato presso la mia struttura e qui, mi comunicano che il giorno precedente sono stato a contatto con dei pazienti che sono stati accertati positivi al Covid-19. Non ho potuto fare altro che chiamare mio padre e dirgli di non partire più la mattina perché potevo essere infetto anch'io. Da quel giorno, prima l'attesa per il tampone che poi è risultato negativo e poi la constatazione che vivevo a stretto contatto con un virus letale, non hanno che potuto far vivere i miei genitori e la mia famiglia, con la paura che prima o poi potesse toccare anche a me.
Sei molto legato alla tua terra, però per via del lavoro vivi a Roma. Vorresti un giorno fare ritorno, anche lavorativamente parlando, o non se ne parla?
La Basilicata è la mia casa. Questa mattina sono andato a Tricarico (MT) al centro distaccato della Fondazione Don Gnocchi, dove io lavoro a Roma, dato che sono RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ) per firmare dei documenti arretrati con la dirigenza e, non vi nascondo che una volta arrivato li tra me e me il pensiero di restarci non mi è affatto dispiaciuto.
Quindi puntiamo a un ritorno a tutti gli effetti?
Diciamo che il mio sogno è quello di prestare servizio per le ambulanze. Ho intrapreso questo mestiere con questo obbiettivo chiaro in mente. Una volta che ci sarò riuscito, è chiaro che la Basilicata sarà la mia meta preferita, però spero prima di tutto di riuscire a raggiungere l'obiettivo che mi sono preposto sin dall'inizio.
Conosci le realtà del sud, del centro e nord Italia. Credi ci siano molte differenze per quanto riguarda la sanità locale?
Devo dire la verità, credo proprio di no. Si parla tanto di differenze tra nord e sud o centro che sia, ma in realtà ognuno ha i suoi lati positivi o negativi. Sono a conoscenza di centri di eccellenza al sud e di centri mal organizzati al nord e viceversa, quindi non vedo distinzioni. Per esempio ho sentito molte critiche rivolte ai colleghi del San Carlo di Potenza, dove si è messo in risalto solo la parte negativa e non quella positiva. Purtroppo nessuno riconosce che tutti, da Potenza a Roma a Milano e via dicendo, ci siamo ritrovati ad affrontare un virus che tutt'ora ancora non si è riusciti a capire per certo da dove derivi e quali reali conseguenza possa portare.
A tal proposito, la figura degli infermieri e degli operatori sanitari in generale, è stata rivalutata nei mesi di emergenza. Ora che pian piano sembra ne stiamo venendo fuori, cos'è cambiato per voi?
La realtà è che passata l'emergenza che ci ha coinvolti nei primi mesi, dove le istituzioni ci hanno riempito di elogi, nulla è cambiato. La gente, quella si, ci apprezza, ma per quanto riguarda la nostra figura, dove sono della convinzione che dovremmo essere valutati maggiormente dalle istituzioni, nulla è cambiato e per questo sono state intraprese delle lotte a tal proposito.
Ora, dopo un breve riposo fai ritorno a Roma.
Sì, farò ritorno al Don Gnocchi anche se sono risultato idoneo ad un concorso all'ospedale Sant'Andrea di Roma e sono in attesa di questo nuovo trasferimento. L'obiettivo è quello detto in precedenza, continuare a fare bene e provare a vincere altri concorsi, in modo tale da acquisire sempre maggiore esperienza e passare al 118.
Un obiettivo onorevole soprattutto se sentito dire da un ragazzo giovane.
Io, soprattutto dopo quest'ultima esperienza a Genova, so di essere tornato molto più ricco, ma non soltanto dal punto di vista lavorativo, ma personale. Ho preso coscienza dell'impegno e dell'aiuto che ho dedicato agli altri e questo mi rende felice. Per questo il messaggio che voglio dare ai tanti ragazzi/e che non sanno come impegnarsi e magari si riversano nell'uso delle droghe o della noia, è quello di dedicarsi al sociale perché è una cosa che oltre ad essere di aiuto per gli altri, fa sentire bene te stesso.
Carlino La Grotta
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua
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