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Petrolio lucano, Ferrara pronto alla fuga talpe» a Bari e Potenza

21/12/2008



Aveva avuto una «soffiata» sull’inchiesta in corso. Sapeva di essere indagato, perfino pedinato dalle forze di polizia. E per questo stava preparando un piano di fuga all’estero: Svizzera, Francia, Brasile, magari il Principato di Monaco dove - dice in un’intercettazione - «abitano tutti quelli di Tangentopoli». Franco Ferrara, l’imprenditore di Policoro (Matera) - «fulcro» dell’inchiesta del pm di Potenza, Henry John Woodcock, sugli appalti truccati della Total Italia in Basilicata - è stato arrestato martedì scorso con l’accusa di aver dispensato «mazzette» per accaparrarsi lavori e commesse. Potendo contare su informatori anche tra le forze di polizia (nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip di Potenza, Rocco Pavese, si fa riferimento a una «talpa» nella questura di Potenza e a un confidente in quella di Bari) Ferrara ha pensato realmente di scappare all’estero quando tra il 16 e il 18 gennaio 2008 finì in manette l’ingegnere Domenico Pietrocola, responsabile dell’ufficio tecnico della Provincia di Matera, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere sull’appalto dei lavori sulla strada Cavonica. Il rapporto di affari tra i due, secondo l’accusa, erano molto stretti: Ferrara si rivolgeva al dirigente della Provincia per accelerare pratiche e avere informazioni riservate sui bandi. Lo stesso Pietrocola, sempre secondo l’accusa, sarebbe uno dei nomi inseriti nell’elenco della segretissima agenda in cui Ferrara annotava tangenti e destinatari.

Nei giorni dell’arresto di Pietrocola, l’imprenditore ha inviato un sms all’amico Gionni Giliberti manifestando il proposito di fuggire all’estero: «Mi hanno detto di stare alla larga da lì, perché forse ci sono problemi. Io adesso devo stare fuori, pensavo di partire per dove sai tu ma non da qui forse in macchina fino in Francia e poi da lì si vede. Mi capisci». Quella corrispondenza a livello di sms si ripete qualche giorno dopo quando Ferrara scrive: «Forse vado fuori Italia e mi dovresti raggiungere con dei documenti che ti devono dare». L’imprenditore poi aggiunge che ha intenzione di andarsene a Lugano, partendo da Torino dove si trova per affari.

L’ansia di Ferrara aumenta con il passare dei giorni anche perché, tornato a Policoro nella sede di una delle sue aziende, la Ferrostrade, trova negli uffici le microspie piazzate dalla polizia. Altre «cimici» le scova nella sua automobile. A quel punto si confida di nuovo con Giliberti: «Se ti devono arrestare, se tu stai nel Principato di Monaco, non ti possono arrestare e non c’è l’estradizione. Noi qualche imbroglio lo possiamo fare, ma non... no, solo per reati tipo di mafia, associazione mafiosa, armi, droga... sono quattro o cinque le cose che lì è prevista l’estradizione, ma per reati fiscali, tributari, tangentopoli sono tutti là. Sì, quelli di tangentopoli sono tutti residenti a Montecarlo».

Ferrara, durante il colloquio con l’amico e collaboratore, sottolinea anche di aver preso contatti con un non meglio identificato personaggio che, a suo dire, sarebbe in grado di fargli ottenere la residenza nel Principato monegasco. Ma invece di andare a Montecarlo, Ferrara si è rifugiato in un albergo a Bari. Parlando con la moglie Marcella Camossi, anche lei arrestata nell’ambito dell’inchiesta perché ritenuta dall’accusa la «custode» di fondi neri destinati ad alimentare le tangenti, le parla della sua permanenza segreta in Puglia: «Vogliono emettere provvedimenti, meglio che non ci sto... me ne vado a Bari, chiamo Carella e... conosce uno là che ha un albergo, non mi registra. Stai tranquilla, almeno tu stai tranquilla». Colloquio registrato il 2 gennaio 2008. Quasi un anno dopo è accaduto ciò che Ferrara temeva.

FERRARA, "PRINCIPE" DI POLICORO CON TANTO DI CASTELLO

Erede di un grande impero. Francesco Ferrara non è il solo, ma è sicuramente il più importante degli eredi della società, della quale è amministratore e legale rappresentante dal marzo 2005, quando morì il padre Gaetano, che aveva dato vita al gruppo Ferrara con il fratello Ottavio. Avevano cominciato a fare gli autotrasportatori all’inizio degli anni Sessanta a Policoro, dove si erano trasferiti da Rotondella. Grandi elettori di Emilio Colombo, ben presto diventano anche imprenditori agricoli.

Francesco, 44 anni, ha 3 figli avuti da Marcella Camossi, sua moglie, anche lei travolta dall’inchiesta del Pm Woodcock . Appena diplomato ragioniere, ha cominciato a lavorare con il padre, negli uffici ma soprattutto nei cantieri. Non molti i suoi hobby. Forse i viaggi, che concilia spesso con il suo lavoro o le autovetture, quelle di grossa cilindrata, potenti, lussuose. A Policoro, dove vive la famiglia, rientra soltanto nel fine settimana. Brillante, aperto, particolarmente intraprendente, ha anche acquisito lo splendido castello di Policoro. È il testimone e forse il protagonista dell’irresistibile ascesa delle fortune di famiglia. Il gruppo Ferrara, partito all’inizio con l’autotrasporto, si è esteso nel campo dei conglomerati bituminosi e cementizi per sbarcare alla grande nel campo dei lavori pubblici, fino addirittura ad aggiudicarsi appalti per l’ammoder namento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La sede legale ed amministrativa è ubicata a Policoro, sulla statale 106. Nel 2000 il gruppo ha continuato ad allargare il suo raggio di azione in tutta Italia, con lavori stradali e autostradali, aeroportuali, ferroviari e sistemazioni idrauliche. Attualmente ha commesse in corso per circa 100 milioni di euro, con cantieri a Milano, Novara, Reggio Calabria, Lauria, Corleto Perticara Tempa Rossa (con altre sette imprese), e per la statale 175 Montescaglioso-Metaponto. Solo Potenza gli ha detto no, tenendolo fuori dal grosso appalto del nodo viario del Gallitello, vinto viceversa dal Gruppo Degennaro di Bari. Francesco Ferrara, da buon lucano, non ha mai abbandonato le «terre». L'altro settore importante dell’impero sono infatti le attività agro-alimentari, che fanno capo alla società Agrifela, per la coltivazione, lavorazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli. Sui circa 500 ettari posseduti, ubicati tra San Basilio di Pisticci e la Trisaia di Rotondella, produce pesche, albicocche e mele. Da queste parti Ferrara è visto come la manna: produce migliaia e migliaia di giornate lavorative all’anno.


Massimo Brancati
La Gazzetta del Mezzogiorno



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