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Accinni e le sue Tribù lucane, tra radici e sperimentazione |
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26/07/2017 | La prima parola che mi sovviene ascoltandolo è: colori. E non solo per la vivacissima copertina che lo presenta. L’ultimo lavoro discografico del maestro lucano Graziano Accinni, ‘Dialetto” di Tribù lucane, mostra tutta la sana inquietudine di un artista alla perenne ricerca di sperimentazioni con i piedi, però, ben piantati a terra. In ‘Dialetto’ compiamo un viaggio attraverso le note live dei concerti in giro per la Basilicata, attraverso il virtuosismo della ricerca in studio. Accinni non ha paura. E non si ferma. Storico compagno di viaggio di Pino Mango non ‘sfrutta’ (come molti avrebbero fatto) questo suo curriculum ma ricrea se stesso disco dopo disco, concerto dopo concerto, restituendo alla musica ciò che gli dà come solo i grandi artisti sanno fare: accompagnando con le corde sicure delle sue chitarre, giovani musicisti talentuosi . La sua tribù lucana è, in realtà, figlia di una ‘grande Lucania’: Luigi Gaetani dal Vallo di Diano, Giuseppe De Lio di Sala Consilina, Silvio De Filippo di Tardiano, Giuseppe Forastiero, ‘il tarantolato’ Pietro Cirillo, di Tricarico, Luciano Zasa, Filippo Scilleri, Grazia Ragone, di Cirigliano.
Sperimentare, si diceva: perché la musica non ha confini, non ha lingue, non ha barriere. E allora vai con il rock che sposa la tradizione, suoni arcaici si fondono con il folk, con i Talking Heads che parlano in dialetto.
Accinni si conferma scrigno della cultura lucana. Ma è uno scrigno senza lucchetto, aperto alle innovazioni e pronto a regalare emozioni in musica senza timore di reiventarsi di volta in volta.
Mariapaola Vergallito |
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