Il VII Rapporto Agromafie e caporalato è uno squarcio profondo nel velo dell’irregolarità e illegalità che ancora oscura la filiera agroalimentare del nostro Paese. Ciò che le analisi multidisciplinari contenute nel testo inducono a riflettere sulla strutturalità dei fenomeni di sfruttamento, che sovente si intrecciano anche con la criminalità organizzata, e che sono alimentati da derive legislative che, anziché contrastarli, finiscono per promuoverli.
Per comprendere tutto ciò è però fondamentale partire dalla ricostruzione della dimensione del fenomeno. I dati ufficiali Istatrilevano che nel 2023 il valore economico corrente nel settore agricolo è stato di ben 73,5 miliardi di euro, a cui – per determinarlo – ha compartecipato un numero di occupati pari a 872.100 unità (di cui: 472.000 dipendenti, 423.000 indipendenti).
In particolare, nel caso di studio in Basilicata, secondo le stime operate attraverso i dati Istat più aggiornati (2023), vi è la presenza di un numero di lavoratori irregolari nel settore primario pari a circa 5.000. Il dato è riferito ai soli addetti residenti in Basilicata, ai quali si aggiungono i circa 5/7mila avventizi e pendolari sfruttati che raggiungono i principali contesti agricoli del territorio regionale.
Questa cifra porterebbe il numero totale dei lavoratori sottoposti a forme diverse di sfruttamento lavorativo entro i confini lucani a più di 10.000 unità, soprattutto nei periodi in cui si registra un bisogno maggiore di manodopera da destinare a mansioni non qualificate.
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