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Potenza, scacco alla mafia: 38 arresti

29/11/2021



A seguito di una vasta ed articolata attività di indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza, si è proceduto con il supporto e la collaborazione degli agenti delle Squadre Mobili di altri venti capoluoghi di tutta Italia e dei Reparti Prevenzione Crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, di due unità cinofile e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria, all’esecuzione, nel corso delle indagini preliminari, sul territorio di Potenza ed in diversi Comuni della provincia, di 38 provvedimenti cautelari personali, emessi dal Gip del capoluogo lucano. Le misure restrittive sono state applicate nei confronti di soggetti ritenuti gravemente indiziati di appartenere all’associazione di tipo mafioso denominata “Martorano-Stefanutti”, operante sul territorio di Potenza e provincia, con estensione anche sul territorio di Matera, ovvero indagati a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, danneggiamento seguito da incendio ed altro, aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso.


In particolare, sono state applicate 28 misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di:



  • MARTORANO Renato,

  • STEFANUTTI Dorino Rocco,

  • LORUSSO Donato,

  • PACE Giambattista (cl. 92),

  • PACE Giambattista (cl. ’52),

  • POSTIGLIONE Saverio,

  • QUARATINO Giovanni,

  • ROMANO Salvatore Francesco,

  • SANTORO Salvatore,

  • SARLI Michele,

  • SARLI Nicola, detto “Sciassi”,

  • BASTA Rocco,

  • BENEDETTO Rocco,

  • BRUNO Marco,

  • CANCELLARA Luigi,

  • CARLUCCI Domenico,

  • GIORDANO Enz,

  • LAMONEA Enrico Michele,

  • LO PIANO Umberto,

  • MASOTTI Antonio,

  • NUCITO Mirco,

  • ORLANDO Federico,

  • PANGRAZIO Lodovico,

  • SCALESE Valentino,

  • TANCREDI Giovanni,

  • TROIA Carlo,

  • VECE Gerardo;


9 misure di arresti domiciliari nei confronti di:



 


 



  • STEFANUTTI Albina,

  • STEFANUTTI Manuela,

  • DELLA LUNA Rocco,

  • D’ASCOLI Elvira,

  • CAPEZZERA Potito,

  • DI GIUSEPPE Mario,

  • RIVIEZZI Francesco Michele,

  • CALABRONE Lorys,

  • SACCONE Federico,

  • e un divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza nei confronti di TOMASCO Giacinto Daniel.


Nel corso del medesimo contesto operativo sono stati disposti ed eseguiti, inoltre, n. 7 provvedimenti di perquisizione domiciliare e personale nei riguardi di altrettanti soggetti, dimoranti sul territorio di Potenza e Comuni viciniori.


L’indagine – frutto di una vasta, capillare e complessa attività svolta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e dalla locale Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, attraverso intercettazioni telefoniche e telematiche, pedinamenti tradizionali e a distanza, tracciamenti GPS, acquisizioni documentali, numerosi interrogatori di testimoni e collaboratori di giustizia dissociatisi dai sodalizi mafiosi – lucani, calabresi e siciliani – di rispettiva appartenenza – ha consentito di raccogliere un grave quadro indiziario in merito alla permanenza ed alla continuità operativa del clan “Martorano-Stefanutti” di Potenza, rafforzata con la scarcerazione prima di STEFANUTTI Dorino Rocco e poi di MARTORANO Renato, ritenuti al vertice della consorteria potentina, ampiamente riconosciuta dalla ‘ ndrangheta calabrese e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi. Le investigazioni, nel corso delle quali sono stati acquisiti documenti contenenti veri e propri riti di affiliazione, regole, organigrammi e ruoli di vertice delle cosche della `ndrangheta, hanno disvelato l’esistenza di solidi legami intrattenuti e consolidati nel corso degli anni dal sodalizio lucano con alcuni dei clan maggiormente accreditati sul territorio nazionale, come quello dei “Pesce-Bellocco” di Rosarno (Rc) e quello dei Grande Aracrì’ di Cutro (Kr), con cui è stato intessuto un consistente e duraturo rapporto di collaborazione criminale coltivato negli anni specie nel settore elettivo dei videogiochi, per il quale la D.D.A. potentina ha già svolto in passato altra indagine che ha portato nel corso di quest’anno alle prime sentenze di condanna, tra gli altri, nei confronti dello storico capo del clan calabrese, GRANDE ARACRI Nicolino, e di soggetti a lui vicini. Altre proiezioni criminose extraterritoriali risultano investire esponenti sia della mafia siciliana, legati al sodalizio dei SA1VTAPAOLA di Catania, sia di sodalizi presenti e operativi in Puglia e Basilicata. L’indagine ha fatto luce sulla capillare compenetrazione del sodalizio potentino nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino, perseguita anche attraverso il reiterato ricorso ad eclatanti azioni intimidatorie, quale da ultimo quella del marzo dello scorso anno, allorquando venivano esplosi quattro colpi di arma da fuoco contro l’abitazione di un imprenditore di Palomonte.


La ricostruzione investigativa di oltre quindici anni di azioni delittuose riconducibili a esponenti del sodalizio ha permesso di tracciare — sulla base di indizi ritenuti gravi dal Gip – il solco di un nuovo corso criminale attivo nella città di Potenza, chiaramente mirato a conseguire e consolidare il monopolio su specifici settori, tra cui l’installazione e la gestione di macchinette video-poker ed i servizi di sicurezza e vigilanza all’interno delle discoteche. Nello spettro strategico-operativo del sodalizio è emersa la spiccata capacità di infiltrarsi nella gestione diretta o indiretta di appalti di opere e servizi pubblici attraverso una fitta rete di contiguità e connivenze insinuatasi persino nelle sfere istituzionali, come nel caso di una sigla sindacale attiva nel compatto sanitario che, anche attraverso il ricorso a metodi impositivi ed intimidatori, ha consentito per lungo tempo una gestione “addomesticata” dei dipendenti della società Kuadra, già affidataria dei servizi di pulizia presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, favorendo di fatto, il concentrarsi del controllo delle assunzioni e dei licenziamenti proprio nelle mani dei maggiorenti del sodalizio criminoso, che in tal modo hanno guadagnato una forte sfera di influenza e di credito sociale sul territorio. L’indagine ha inoltre disvelato la regia comune e condivisa della consorteria potentina con il clan GRANDE ARACRI di Cutro anche nell’azione estorsiva perpetrata in danno di un’altra società affidataria di servizi di raccolta e smaltimento rifiuti presso l’Ospedale San Carlo di Potenza, Salvaguardia Ambientale spa, azione per la quale è stato già condannato in via definitiva LORUSSO Donato, componente del sodalizio lucano. Le risultanze investigative hanno restituito il quadro indiziario di una rinnovata stagione criminale snodatasi anche attraverso il ripetersi di azioni intimidatorie condotte secondo stilemi tipicamente mafiosi, evocativi della garanzia di protezione sul territorio e della necessità di assistenza ai detenuti, anche attraverso il ricorso all’uso delle armi, talvolta impiegate anche per regolamenti di conti interni, come nel caso di una pistola sequestrata nell’agosto del 2020 nel contesto di una discussione per crediti di droga. Proprio le armi e la droga risultano rappresentare un altro settore di preminente interesse del sodalizio, come confermato anche dall’arresto di SARLI Miche e SARLI Nicola, nel maggio del 2020, a seguito del rinvenimento di due pistole, oltre che di cocaina e marijuana che gli stessi detenevano in un’abitazione rurale alla periferia di Potenza, e da altri arresti e sequestri di stupefacenti, effettuati nel corso del corrente anno proprio a riscontro delle risultanze investigative, come quello nei confronti del barbiere GIORDANO Enz e del barista LO PIANO Umberto. Il redditizio settore della droga ha permesso al clan – che risulta essersi strutturato in una vera e propria articolazione dedicata a questo genere di affari illeciti, da qui la contestazione, anche, di associazione finalizzata al traffico di droga – di movimentare cospicue somme di denaro, destinate in parte anche all’assistenza in favore dei sodali detenuti, secondo il consolidato sistema della cd. “bacinella”, tipico delle associazioni mafiose, ovvero una forma di mutua assistenza che si è potuto osservare, da ultimo, nel corso della detenzione di STEFANUTTI Dorino Rocco presso la Casa circondariale di Melfi dove, per il tramite dei suoi congiunti, egli oltre a ricevere costante assistenza materiale, impartiva specifiche direttive verso l’esterno, anche attraverso la consegna di “pizzini“, così continuando a mantenere il controllo del sodalizio. Conclusivamente, le numerose misure restrittive adottate a valle delle indagini, sulla base di grave indizi di colpevolezza, che ovviamente dovranno essere consolidati in fase dibattimentale, rappresentano un ulteriore tassello della complessiva azione di contrasto alla criminalità organizzata lucana, che la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, grazie all’encomiabile apporto delle forze di polizia, sta conducendo su di un territorio, in cui la presenza criminale, a base marcatamente mafiosa, rappresenta una realtà ormai innegabile che investe, in egual misura, le province di Potenza e Matera. Tutto ciò, se da una parte impone che, ad ogni livello, non si indugi ancora in pericolose sottovalutazioni del fenomeno, dall’altra, ha reso e rende costante, su questo importantissimo fronte, l’impegno, quotidiano, professionale e sistematico delle Forze di Polizia e della Magistratura lucane.


 


 


 


Cristo si è fermato a Eboli, La mafia no.


 


Quarant'anni fa in Basilicata si parlava di infiltrazioni mafiose, a qualcuno dava fastidio, altri storcevano il naso, dicevano che si buttava fango su un'intera regione, eppure i morti c'erano, di quei clan si facevano i nomi e dai tribunali iniziavano ad uscire sentenze inequivocabili.


Trent'anni fa a preoccuparci erano i primi passi di una mafia lucana autoctona che si sdoganava dai compari delle regioni confinanti. Venivano trovati pizzini, organigrammi, riti di affiliazioni; a molti continuava a non piacere anche se a denti stretti si iniziava ad ammetterlo, specificando però che era una mafia da serie B.


Vent'anni fa, quando importanti inchieste giudiziarie ci svelavano intrecci tra clan e pezzi di imprenditoria e istituzioni, facendo intravedere grumi di potere occulti e trasversali, e trame di illegalità e affari sottobanco, la reazione fu ancora più indignata e come spesso è accaduto in questo nostro Paese nel mirino dello sdegno benpensante ci è entrata anche la magistratura.


Dopo mezzo secolo di racconto criminale, oggi che per coincidenza è l'anniversario della nascita di quel Carlo Levi secondo il quale “Cristo si è fermato a Eboli”, attraverso questa nuova operazione della Dda di Potenza che ci parla dei nomi e dei volti di sempre svelandoci intrecci criminali calabresi, siciliani e pugliesi, non solo ci tocca ancora una volta constatare che in realtà il fenomeno mafioso non si è mai fermato ai confini della nostra regione, ma che in fondo continua tristemente ad esistere una “Eboli” dell'analisi del fenomeno e della reazione culturale e istituzionale, che si ripercuote sia sulle preoccupanti carenze di organico degli uffici giudiziari regionali ma soprattutto sulla incapacità da parte dei cittadini di prendere atto finalmente e in modo definitivo che la nostra regione purtroppo questa mala pianta se l'è vista crescere in casa e che non riconoscendola come mafia, il proprio consenso sociale forse glie lo ha già dato.  


 


                                                                                                                      Don Marcello Cozzi


                                                                                                                    Presidente Ce.St.Ri.M.





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