I boschi secolari del Parco del Pollino resistono meglio ai cambiamenti climatici: è il risultato di una ricerca italo spagnola, pubblicata sulla rivista “Science of the Total Environment”.
La notizia, pubblicata anche da Repubblica, consente di conferire a queste antiche piante una sorta di immunità al riscaldamento globale acquisita con il tempo ma che non si tramanda alle nuove generazioni di alberi che corrono più veloce ma si consumano in fretta.
Alla base dello studio ci sono le foreste montane di vecchia crescita, che rappresentano un ambiente ideale per capire gli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici.
I ricercatori si sono concentrati su pochi resti di foreste secolari situate all'interno del massiccio del Pollino, per valutare come la crescita di alberi giovani e vecchi conspecifici ha risposto ai cambiamenti climatici.
Segnatamente, secondo quanto riportato nell’estratto, sono state due specie di conifere (Abies alba e Pinus leucodermis) e due specie di latifoglie (Fagus sylvatica e Quercus cerris) ed è stato campionato uno stand per specie lungo un gradiente altitudinale, che va da una foresta di latifoglie a bassa quota limitata dalla siccità a una pineta subalpina limitata al freddo.
I ricercatori sostengono di aver utilizzato un approccio dendrocronologico per caratterizzare le dinamiche di crescita a lungo termine degli alberi anziani (età > 120 anni) rispetto ai giovani (età < 120 anni). Gli alberi più giovani sono cresciuti più velocemente dei loro conspecifici più vecchi durante la loro fase giovanile, indipendentemente dalla specie.
I modelli lineari a effetto misto sono stati utilizzati per quantificare le recenti tendenze di crescita (1950-2015) e le risposte al clima per alberi vecchi e giovani. La sensibilità climatica, espressa come risposte di crescita radiale al clima negli ultimi tre decenni, differiva parzialmente tra le specie perché le alte temperature primaverili aumentavano la crescita delle conifere, mentre la crescita di F. sylvatica era influenzata negativamente dalle condizioni primaverili più calde. Inoltre, la crescita degli alberi è stata influenzata negativamente dalla siccità estiva in tutte le specie. La sensibilità climatica differiva tra alberi giovani e vecchi, con alberi più giovani che tendevano ad essere più sensibili in P. leucodermis e A. alba, mentre gli alberi più vecchi di F. sylvatica erano più sensibili.
Nelle posizioni Q. cerris a bassa quota, la limitazione della crescita dovuta alla siccità non era correlata all'età degli alberi, suggerendo una competizione simmetrica dell'acqua. Abbiamo trovato prove di una tendenza di rapida crescita nei giovani individui rispetto a quella nei loro conspecifici più anziani. In particolare, i vecchi alberi tendevano ad avere tassi di crescita relativamente stabili, mostrando una notevole resistenza al riscaldamento climatico. Queste risposte ai cambiamenti climatici dovrebbero essere riconosciute quando si prevedono le dinamiche future delle foreste di vecchia crescita per la loro gestione sostenibile.
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