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2 agosto 1980: ci fu anche sangue lucano nella strage di Bologna |
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2/08/2020 |
| Si chiamava Pio Carmine Remollino e fu l’unico lucano morto nella strage alla stazione di Bologna, avvenuta il 2 agosto del 1980, esattamente quarant’anni fa. Carmine era nato a Bella, ma con la sua famiglia aveva vissuto a Baragiano. La storia di Carmine è stata ricordata in www.storieoggi.it.
Ecco quello che si legge sul sito www.stragi.it.
Soltanto il lunedì pomeriggio, due giorni dopo la strage, Antonio Remollino, 75 anni, ha appreso, da un giornale che suo figlio Carmine era morto sotto le macerie della stazione di Bologna.
Da Pasqua, Carmine non dava notizie di sé. Aveva telefonato per fare gli auguri al padre e agli otto fratelli (un'altra sorella abita in Svizzera) che vivono fra Baragiano e Bella, dove il povero Carmine era nato, 31 anni fa.
Anche ora che è morto, di Carmine si sa ben poco. Da quattro anni faceva la spola tra Ravenna e i lidi adriatici, svolgendo lavori saltuari (come muratore o cameriere). Un tipo chiuso ed introverso, pochi amici.
A 18 anni partì, con quattro fratelli, per la Germania, ma nemmeno là riuscì a mettere le radici. Tornò a casa dopo due anni, per fare il servizio militare a Pavia; poi si mise a girare l'Italia, sempre da solo e sempre senza fortuna.
Forse il 2 agosto nella sala d'aspetto della stazione, Carmine attendeva un treno che lo riportasse a Baragiano per la festa del paese, o forse stava inseguendo un nuovo lavoro chissà dove. Il treno comunque lo usava spesso. Ai suoi familiari resta di lui quel poco che è stato trovato: una carta di identità, gli indumenti che indossava, un libretto bancario con poche migliaia di lire.
Antonio, padre di Carmine, non parla volentieri del figlio morto, abbassa lo sguardo e tace.
Gerardo e Giuseppe, i due fratelli di Carmine che si sono recati a Bologna per riconoscere la salma, dicono che "era un ragazzo come ce ne sono tanti", sempre accigliato e di poche parole, ma intimamente generoso.
"Non è mai riuscito a trovare un lavoro sicuro - dice Giuseppe, che lavora come operaio tessile - e al paese non ci voleva proprio tornare".
Gerardo aggiunge: "Potevano almeno avvertirci per telefono. Aprendo quel giornale e scorrendo i nomi dei morti di Bologna, ho letto il nome di mio fratello. Era in parte inesatto e come luogo d'origine era indicato Bella di Catanzaro, anziché Potenza, ma ho capito che non poteva essere che lui, e siamo partiti immediatamente con un treno notturno. All'obitorio non ho avuto il coraggio di entrare.”
(Cit. Mauro Bassini)
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
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