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Da Senise alla mensa del cantiere del Ponte di Genova anche nell' emergenza |
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28/03/2020 |
| La lunga scia del tricolore qualche sera fa ha illuminato anche l’imponente struttura di quello che sarà il futuro Ponte di Genova. Un tricolore che rimarrà acceso “fino a quando l’emergenza non sarà finita”. Sotto quel tricolore sono centinaia gli operai che lavorano incessantemente da mesi, moltissimi sono del sud. Oggi tra il cantiere e gli alloggi sono rimasti in 200 circa, bloccati lìe lo saranno anche se il cantiere dovesse sospendere le attività. Tra i lavoratori che resteranno c’è anche Andrea Amendolara, 42 anni, non operaio ma cuoco. Andrea è di Senise e da due mesi cucina per gli operai nella mensa del cantiere. “La mia famiglia è a Senise- spiega- moglie e due figlie. La più piccola ha 15 anni. Non le vedo dalle vacanze di Natale’’. All’operosità del cantiere più atteso d’Italia, dopo la tragedia che sconvolse il Paese due anni fa, ora si aggiunge il blocco a causa dell’emergenza Covid. Andrea è uno che l’Italia l’ha girata parecchio per il suo lavoro, e non solo l’Italia. Ora vive negli alloggi a un passo dai cantieri. Dalla sua finestra si intravedono le gru. “In condizioni normali- ci spiega- dopo circa un mese e mezzo di lavoro avrei fatto qualche giorno di ferie. Ma ora non si può. Ho l’alloggio nell’area cantiere e viviamo in quarantena. Da qualche settimana gli operai rimasti sono 200 circa e naturalmente anche per le mense vengono rispettate tutte le precauzioni. Per esempio: intorno ad un tavolo per sei perone ora si siedono due persone”. Fino a poco tempo fa gli operai erano più del doppio. “Come passano le giornate?- chiede- come spiegarlo? Si vive sacrificati. Penso alla mia famiglia. La voglia di tornare al sud c’è, ma non posso. Già faccio un lavoro che mi porta sempre fuori. Ma devo dire che pesa il fatto di non poter usare qualche giorno libero per tornare a casa. Ma così è e così dobbiamo comportarci, per rispetto prima di tutto della mia famiglia”. Andrea non riesce a raccontare a parole il suo stato d’animo, ma la malinconia è tutta nel tono di voce dall’altra parte del telefono. Eppure, quando il ponte sarà finito, sarà una bella soddisfazione anche per lui, immaginiamo. “Certo- risponde- sarà una bella sensazione pensare che anche io ho fatto la mia parte”.
Mariapaola Vergallito
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Non con i miei soldi. Non con i nostri soldidi don Marcello CozziParlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
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