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Centrale Frido, Laghi: ‘Con mancata ultimazione, autorizzazione scaduta’

24/01/2020



Era il maggio del 2017 quando ci occupammo per la prima volta del progetto per la realizzazione di una mini centrale idroelettrica sul fiume Frido, in agro dei Comuni di Viggianello, San Severino Lucano e Chiaromonte.
La sollevazione da parte delle associazioni e dei comitati ambientalisti fu immediata e fortissima, sia per il progetto in sé che per degli sbancamenti durante i lavori.

Il progetto e lo stop del Parco – La vicenda dei danni all’ambiente fu portata in Consiglio da Ferdinando Laghi. L’Ente Parco Nazionale del Pollino, che in precedenza aveva dato parere favorevole, intervenne bloccando la ditta.
L’impianto, della potenza di quasi 1 MW (987 KW), fu autorizzato dalla Regione Basilicata nel 2013 con “l’obbligo di iniziare i lavori entro i successivi 12 mesi e di ultimarli entro 3 anni”. Termine che poi sarebbe stato prorogato.
La ditta incaricata fu stoppata dal Parco nel giugno del 2017 con una nota a firma dell’allora direttore Giuseppe Milione, nella quale era riportato che “l'impresa esecutrice dei lavori” aveva causato “degli sbancamenti non previsti, riversando anche detriti nel fiume e compromettendo la vegetazione circostante”. Con quel provvedimento erano stati bloccati i lavori ed era stato ordinato “il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni”.

Ultimazione e autorizzazione Ambientale – Ferdinando Laghi, oltre che tornare sugli sbancamenti, ha innanzitutto chiesto informazioni proprio sulla conclusione delle opere di realizzazione.
“La Giunta Regionale della Basilicata – ha osservato il presidente di Isde International, ponendo la questione all’attenzione dei vertici del Parco del Pollino – ha prorogato il termine di validità del giudizio favorevole di Compatibilità Ambientale al 8 gennaio del 2020, stabilendo che entro tale data dovranno essere ultimati tutti i lavori relativi al progetto sul quale nel 2017 anche l’Ente Parco Nazionale del Pollino aveva ordinato la sospensione dei lavori e la messa in pristino per l’evidente stravolgimento dell’ambiente e dei luoghi naturali del Parco Nazionale (Zona 1 di massima tutela)”.
Per questa ragione Laghi ha chiesto all’Ente di attivarsi per “una urgente verifica a conferma della non conclusione dei lavori e, dunque, della necessità di una eventualmente nuova richiesta autorizzativa”.
In proposito, lo stesso medico ambientalista, ha precisato che “occorre che un sopralluogo attesti, senza possibilità di dubbi e interpretazioni, se il progetto presentato dalla ditta sia stato completato o meno entro il termine dello scorso 8 gennaio”. Aggiungendo che “il suo non completamento (certificato!) costringerebbe la ditta a richiedere, ove volesse riprendere il lavoro, una nuova Autorizzazione ambientale”.

Gli sbancamenti – Per quanto concerne il ripristino dopo gli sbancamenti, l’intervento della ditta è risultato anche da una nota dei Carabinieri Forestali Parchi. “I lavori di ripristino sono stati ultimati – hanno scritto i forestali della Stazione di San Severino Lucano – e, considerato che in quella fase, causa le condizioni atmosferiche avverse, non era stato possibile mettere a dimora le specie vegetali preesistenti, la ditta esecutrice ha provveduto ad effettuare tali lavori durante la stagione autunnale 2018, così come nello stesso periodo ha provveduto a risistemare quei tratti di scarpate che erano franati”.
Ma Laghi, oltre a ricordare che la certificazione “fosse già stata fornita a suo tempo”, ha anche puntualizzato che il ripristino dello stato luoghi “non può che essere stato, purtroppo, parziale e richiede ancora molte decine d'anni”.
Inoltre, il componente del Direttivo dell’area protetta ha anche fatto sapere di aver chiesto all’Ente Parco “copia della relazione di verifica svolte dell'adempimento, dopo il gravissimo scempio perpetrato dalla ditta”.


Gianfranco Aurilio
lasiritide.it





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