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'Rodotà: un gigante umile, un precursore dei diritti civili'

24/06/2017



Un precursore, una mente lungimirante. L’attività, il pensiero, l’azione umana e professionale del professore Stefano Rodotà la leggiamo attraverso i suoi numerosi scritti, ascoltando qualche sua intervista, conoscendo la sua lunga attività politica, consegnata alla storia e al futuro al tempo stesso. Qui, invece, vi proponiamo un racconto ‘inedito’, con una intervista ad uno dei suoi più stretti collaboratori. E’ un lucano, di Senise, ed è l’avvocato Rocco Panetta, 44 anni, che ci ha raccontato l’esperienza, gli insegnamenti e la grande ‘lezione’ di Rodotà.
Quando vi siete conosciuti?
Nel 1993 dovevo scegliere la materia della mia tesi di laurea e tramite mia sorella venni a sapere che Rodotà era appena tornato ad insegnare. Aveva appena concluso il suo percorso da politico ‘puro’, era l’anno in cui aveva lasciato l’attività parlamentare da Presidente della Camera (prima vice presidente e poi, in sostituzione a Scalfaro, che nel 1992 diventò Presidente della Repubblica, ndr), ed era tornato all’Università. Mi laureai con lui, con una tesi sulla Responsabilità per danno ambientale e poi continuai come suo assistente.
Chi era Stefano Rodotà?
Rodotà ha attraversato diverse stagioni in cui, da un lato si interessava di varie tematiche e, dall’altro, attivo in politica, ha cercato di mettere in pratica i suoi studi e le sue battaglie. E’ stato un precursore, una mente lungimirante. Molte delle leggi più avanzate e ancora oggi attuali sono state promosse da lui. Tra queste possiamo ricordare la legge sui danni ambientali, il diritto di proprietà in ottica sociale e non privatistica, i diritti delle persone più deboli, il testamento biologico . Insomma, ha dato l’avvio a tutta una serie di filoni modernissimi nell’ambito del Diritto che nascono dalla riflessione del professor Rodotà.
Da primo Garante per la Privacy cosa pensava, soprattutto negli ultimi anni, di quello che sta avvenendo con le nuove tecnologie e internet?
Guardi io sono nato nel 1973. Proprio in quell’anno Rodotà pubblicò un volume giuridico, ‘Elaboratori elettronici e controllo sociale’. Quando ancora i computer erano solo macchine di calcolo, lui già aveva codificato tutta una serie di rischi per la democrazia e per il controllo sociale. Nel 1997 venne istituita l’Autorità Garante per la privacy. Lo stesso Rodotà codificò anche il Diritto alla Protezione dei dati personali come variabile del godimento della libertà ovvero: tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione non possono esserci se non si parte da una capacità degli individui di controllare e tutelare le informazioni che li riguardano. Insomma: senza privacy la libertà è una libertà fasulla, condizionata ora da un datore di lavoro ora dallo Stato ora da una grande azienda e così via. E’ stata l’impostazione che ha portato, anche in Europa, alla creazione delle Autorità per la privacy.

Ed è proprio questo ‘respiro internazionale’ a far nascere una rinnovata collaborazione tra Lei e Rodotà
Quando Rodotà ebbe il rinnovo del mandato per un altro quadriennio (nel 2000) mi chiamò in squadra perché aveva bisogno di giovani che avessero dimestichezza con l’inglese, per stare più facilmente sulla scena internazionale proprio perché aveva colto che la dimensione del progetto si stava ampliando a livello europeo. Questo periodo per me durò 5 anni assieme a lui, io personalmente rimasi in Autorità fino al 2008. Dopo questa stagione riprese all’Università ‘La Sapienza’ di Roma come professore Emerito e ricominciò a scrivere attraverso una produzione, questa volta più divulgativa e meno scientifica.

Qual è l’eredità umana e professionale che Le lascia?
Prima di tutto, nel corso degli anni, il rapporto con il professor Rodotà è ovviamente mutato, cresciuto, passando da quello tra un giovane studente e un grande professore a quello, più consolidato e di stima, cresciuto negli anni. Alla domanda rispondo così: siamo persone sobrie, non ci piace stare alla ribalta, abbiamo un forte senso dello Stato, del rispetto, della responsabilità. Ecco: Rodotà era una persona che se notava queste caratteristiche le apprezzava tantissimo. Lui non amava le lusinghe, non amava essere tirato per la giacca. Inoltre lui non ci ha mai fatto sentire portaborse. Mai. Ha sempre svolto il suo lavoro da solo e, da ragazzini di 28 anni quali eravamo, ci chiamava e ci chiedeva la nostra opinione su quanto fatto. Ci trattava da giuristi non da novellini. Per noi era un gigante ma lui non ci ha mai fatti sentire inferiori. E adesso che sono tornato a fare l’avvocato da libero professionista da 8 anni, mi accorgo, in diversi momenti della mia vita professionale e anche umana, quello che ha rappresentato per me. Una persona, e lo dico senza piaggeria, che è entrata nella mia vita con garbo e, con lo stesso garbo, ne è uscita.

Mariapaola Vergallito



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