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La voce della Politica

Rotonda: intervista a Nicola Armentano, consigliere comunale di Firenze

25/08/2018

Nicola Armentano, medico sportivo rotondese già famoso per i suoi trascorsi olimpici quale medico sociale della nazionale italiana femminile di pallanuoto oro ad Atene nel 2004, dal 2014 è anche consigliere comunale a Firenze in seno al quale è presidente della IV Commissione “Politiche sociali e della salute, sanità e servizi sociali”. Nello scorso mese di luglio, il sindaco Dario Nardella gli affidato un incarico di enorme rilevanza sociale: gli ha chiesto, peraltro senza che percepisca alcuna indennità, di occuparsi della “promozione di stili di vita corretti ed educazione alla salute”. Ma lui, nonostante viva a Firenze ormai da trent’anni, non dimentica le sue origini rotondesi e lucane; e alla Basilicata continua a dedicare parte del suo tempo e del suo impegno. Proprio ieri, ad Aliano, ha partecipato alla presentazione della “Settimana Lucana”, promossa dall’Associazione Culturale Lucana, che per il terzo anno consecutivo, tra l’8 e il 15 settembre prossimi, rinnova l’appuntamento con l’Estate Fiorentina.

A Firenze, e più in generale in Toscana, il brand Basilicata tira?
Tira moltissimo. Grazie a Matera 2019, ma anche per merito di noi lucani presenti in Consiglio Comunale. Oltre a me, siede in Consiglio anche Antonio Lauria, un altro rotondese. E poi c’è il sindaco Dario Nardella, la cui madre è di Potenza per cui per metà è lucano anche lui. E insieme all’Associazione Culturale, da più di quarant'anni a Firenze, supportiamo il lavoro di un mix di generazioni straordinario. Basterebbe vedere il programma 2018 per verificarne qualità e quantità di iniziative promosse. Arte, teatro, cinema, mostre, libri e la grande sinergia con i territori. Più di 20 comuni hanno accattato l’invito. Naturalmente anche il comune di Rotonda, al quale va il mio personale ringraziamento.

Per cui, la Basilicata piace anche al di fuori dei propri confini?
Certo. Inoltre la “Settimana Lucana” è solo uno degli avvenimenti che ha in programma l’Associazione Culturale. Ma anche la Basilicata ha scoperto che ci sono lucani che possono fungere da “pilastro” per il “ponte” che la collega al resto d’Italia e non solo. Tanto loro quanto noi agiamo comunemente per promuovere il nostro territorio.

Crede che la Basilicata, da questo punto di vista, possa crescere ancora tanto?
Assolutamente sì. Si può fare ancora tanto. Si tenga presente che chiunque venga in questa Regione ne viene catturato: resta incantato dalla sua bellezza e dalla sua accoglienza. Anzi, secondo me abbiamo scoperto anche troppo tardi quanto fosse fondamentale utilizzare questo tipo di approccio per farci conoscere. Invece, purtroppo, fino a non molto tanto tempo fa la Basilicata era conosciuta magari più per il terremoto dell’Irpinia. Matera 2019 dovrà essere un volano fondamentale per la conoscenza del nostro territorio e la promozione della lucania. Sono convinto che le opportunità non manchino e grazie al turismo si possa davvero far decollare questa Regione.

Lei a Firenze è consigliere comunale Pd dal 2014 e da poco il sindaco Nardella le ha affidato un incarico per promuovere la salute e i coretti stili di vita. In cosa consiste?
Faccio una premessa: in politica ognuno porta le proprie idee. Io ho la fortuna, e la sfortuna, di essere arrivato in politica in tarda età e di conseguenza, oltre alle idee, mi avvalgo delle mie esperienze professionali. Questo mi aiuta a non commettere errori o a commetterne meno possibili. Avendo avuto la fortuna e l’onore di seguire la Nazionale italiana femminile di pallanuoto che ha raggiunto traguardi storici, tra i quali l’oro olimpico, ottenuti solo con enormi sacrifici, duri allenamenti, impegno e lealtà, sono convinto che ispirandosi allo sport pulito e ai valori propri dello sport si riesca a costruire una società migliore; una società più forte. Insomma degli ottimi cittadini. Questo lo sport deve farlo. Se poi oltre ai valori etici dello sport noi riusciamo ad educare la popolazione ad abbandonare stili di viti sbagliati, ne trarremmo grandi vantaggi con enormi ricadute in termini di benefici sia sociali che economici. Ed è facile immaginare come riducendo il rischio di malattie, ed i conesueguenti costi sanitari con una naturale brevità del periodo della non autosufficienza, si potrebbero liberare risorse e investirle in tante altre iniziative. Magari più azioni di prevenzione e sensibilizzazioni, in particolare nelle classi socioeconomiche più basse, dove questi concetti faticano a radicarsi. Educando a pratiche sane quale una costante attività fisica, campagne contro il fumo, contro uso di alcolici e contro tutte le dipendenze, si producono effetti positivi in termini di ricchezza sociale e sanitaria. Se poi investiamo in politiche affinché le persone in età avanzata siano tenute attive con momenti di socializzazioni e stimolando le attività cognitive, smetteremo di precocizzare a volte situazioni di non autosufficienti. Questo ci fa capire che politiche che incentivano questi processi arrecheranno nel breve periodo enormi benefici per la collettività. Questo sarà il mio compito in questa ultima fase della amministrazione Nardella per quel che compete questo mio nuovo ruolo. Se poi allargo l’orizzonte sullo stesso tema a livello nazionale, a maggior ragione questi approcci vanno maggiormente ricercati nel Mezzogiorno dove è maggiore l’incidenza delle persone anziane. E dove sovrappeso e sedentarietà sono in percentuale più elevate rispetto al resto d’Italia. Ma da noi non si riesce a sfondare.

Sotto il profilo delle politiche pubbliche parliamo indubbiamente di una best practice che si basa sull’educazione. Diffonderla sarà difficile.
Il livello culturale medio è più elevato in popolazioni economicamente più sviluppate. Allora ecco che il mio problema è di arrivare, partendo dai più giovani, ad “educare” quella fetta di popolazione più in difficoltà. Sopratutto coloro che sono arrivati in Italia da altre culture e che quindi non possono esserne a conoscenza. Chiunque si avvicinerà alle buone pratiche un domani ne potrà trarre grande utilità per sé e per l’intera collettività. È un po’ il concetto dell’immunità di gregge relativo ai vaccini: proteggo la mia salute e anche quella degli altri. Praticando corretti stili di vita economicamente si inciderà meno sulla collettività e quanto risparmiato potrà essere investito dall’amministrazione pubblica in altri servizi: strade, o rendere più sicure le scuole o qualsiasi infrastruttura. Il mio obbiettivo è di portare questo messaggio sopratutto nelle periferie e nei luoghi dove la cultura non riesce a veicolare questi concetti.

Come ci potreste riuscire?
Ad esempio, in riferimento agli alloggi di edilizia popolare assegnati alla famiglie che vivono in condizioni di difficoltà economica che spesso si accompagna anche a un disagio culturale, la mia idea è di usare la diffusione che può essere garantita da un giornale che viene distribuito proprio a coloro che vivono in queste zone. Questo ci permetterebbe di arrivare certamente a una fascia di popolazione che altrimenti farebbe fatica a percepire questo tipo di messaggio. Oppure penso di utilizzare tutti i canali istituzionali possibili dove si “crea” o “vende” cultura, perché anche questo messaggio della promozione della salute e di seguire corretti stili di vita per me è cultura. E credo che possa diventare ancora più concreto se dai luoghi abituati a fare cultura possa partire una altra forma di cultura legata alla difesa della propria salute. E non solo la propria. Penso, ad esempio, a quante vittime abbiano provocato lungo le nostre strade l’uso di sostanze stupefacenti o alcool. Non aver pensato ai danni sulla propria salute determina a volte un danno sulla salute degli altri. Ma per affrontare queste battaglie è fondamentale anche l’aiuto delle altre istituzioni.

Se lei oggi fosse in Parlamento, che proposta di legge inoltrerebbe per migliorare la diffusione della cultura sportiva così come ce l’ha presentata?
Bisognerebbe riconoscere un valore meritocratico a livello curriculare a chiunque si distingua all’interno del mondo dello sport perché, parlando degli atleti, richiede tempo e impegno. E spesso non è semplice conciliare studio e sport a livello agonistico È opportuno arrivare a dare un valore all’atleta che si distingue, ma in generale a chi fa sport, perché ripeto che lo sport all’interno della società è fondamentale poiché aiuta a creare buoni cittadini. A mio avviso diventa oggi necessario una corretta e precoce attività motoria già nella scuola primaria, riconoscendole la stessa importanza di altre materie e facendo in modo che venga portata avanti da docenti con titoli e professionalità precise. Mentre, al momento, salvo progetti estemporanei, questo ancora non avviene.

Lei oltre che medico e politico, è anche un docente universitario, quanto tempo le porta via questo ultimo incarico per il Comune?
Dove c’è l’entusiasmo di poter fare qualcosa per gli altri, il tempo è relativo e non pesa. Se si accetta una responsabilità, il tempo va trovato. E io non mi tiro indietro. Impegno, passione e conoscenza sono fondamentali in tutto ciò che si fa. Magari rinuncio a qualcosa, ma per evitare di sbagliare, o per poter fare meglio, è necessario disporre del tempo per acquisire informazioni.

Lo Sport è un importante strumento di integrazione: a Firenze riuscite a raggiungere anche gli immigrati?
È uno dei grandi vantaggi sociali che offre lo sport, e noi a Firenze ci crediamo. Mandela ricordava che lo sport avvicina e riesce ad abbattere qualsiasi barriera, porta speranza dove vi è disperazione. E l’Amministrazione sta cercando di rafforzare questo tipo di percorso inclusivo. Oggi a Firenze, per fare un esempio, la Caritas gestisce strutture di impiantistica sportiva dove lo sport viene vissuto così, come lo raccontava Mandela, ossia come uno strumento di fratellanza, di amicizia, di legame. In questo senso non dobbiamo dimenticare quanto fatto dal precedente Governo Pd, che ha facilitato il tesseramento per i minori stranieri che non poteva avvenire perché le regole del mondo dello sport erano troppo coercitive. Questo permetterà a molti non solo di allenarsi, ma anche giocare, fare una partita ufficiale, assaporare il divertimento della competizione. Ci sarà chi dirà che ruberanno il ruolo da titolare ai ragazzi italiani, ma credo che impedire a qualcuno di divertirsi insieme agli altri sarebbe stata una profonda ingiustizia.

Quanti Stranieri vivono a Firenze?
Il 16 %

Sono tantissimi, come riuscite a farli integrare?
Siamo in linea credo con i dati nazionali. Firenze e la Toscana hanno un grande spirito di accoglienza che, unito alla mole di volontariato, da sempre funzionale alla pubblica amministrazione con cui è sempre in grande sintonia, ha reso possibile una buona integrazione. Se vi aggiungiamo la realizzazione dell’accoglienza diffusa, tutto è stato più semplice. Anche qui la cultura ha fatto la differenza. Certo, anche da noi c’è chi lamenta l’assegnazione ad immigrati degli alloggi popolari, ma ogni servizio sussidiario è giusto venga erogato innanzitutto a chi ne ha bisogno. Italiano o straniero che sia.

Teme che a livello nazionale si stia facendo strada un sentimento che vada nella direzione diametralmente opposta, con il sempre maggiore rifiuto del diverso?
Io mi augurerei che sia solo un sentore, ma in realtà, almeno ora, è qualcosa di più. In Italia si sta facendo strada l’avversione verso chi non è italiano e il problema risiede probabilmente nel non aver raccontato per bene chi sono queste persone. Troppo spesso si collega il fenomeno dell’immigrazione alla speculazione. Alla delinquenza. Si sta diffondendo l’idea che dietro gli sbarchi ci sia un’industria. Per carità, non nego che questo racchiuda, vista la vastità del fenomeno, una parte di verità: tuttavia, non dimentichiamo che parliamo di gente che scappa da guerre, persecuzioni o eccidi. E penso per esempio alla Siria, per citare un territorio dilaniato dalla sofferenza. Oggi in tanti credono che dietro ogni azione, ogni provvedimento, ci sia qualcuno che ci guadagna o speculi. Ad esempio sui vaccini. Una grande certezza scientifica, forse in assoluto la più grande, è attualmente messa in dubbio perché l’industria del farmaco vaccino ci guadagna. Ma chi lo afferma non sa che la stessa industria farmaceutica guadagna 4 volte di più per curare quanti in Italia solo nel 2017 si sono dovuti curare per quelle malattie che si possono prevenire con i vaccini. Noi nel Sud siamo da sempre votati alla solidarietà, e credo che le difficoltà economiche di trovare un lavoro ci stiano condizionando in negativo. Ecco perché anche nel Sud si stanno facendo largo sacche di intolleranza.

Sta prendendo piede la convinzione che gli amministratori locali del Pd siano molto migliori di coloro che a Roma hanno ricoperto incarichi di governo, tanto che la debacle dello scorso marzo viene spiegata con il fallimento di questi ultimi. È d’accordo? E dipeso solo da chi si trovava a Roma?
Quanto successo il 4 marzo, considerando quanto prodotto dai governi degli ultimi 5 anni, è inspiegabile. Se penso agli 80 euro, ai diritti civili o alle tante conquiste rimango convinto che non si potesse fare di meglio in così poco tempo. Probabilmente, ciò che è mancato è stato non immaginare che ci si trovasse in un momento di partenza e non di arrivo. Ovvero continuare lungo la linea abbracciata da quel partito che voleva davvero rivoluzionare il sistema. Bisognava forse osare di più. Se poi si aggiungono le tante lotte interne tra le anime dentro il Pd e la divisione su molti temi etici, tutto ciò ha accelerato lo smarrimento di tanti che si sono persi per strada. È come se qualcuno avesse dimenticato che si era arrivati alla nascita di questo partito al termine di un percorso condiviso da due anime molto diverse tra loro.

Questo allontanamento tra le due correnti può essere dipeso dalla incapacità di qualche leader di fare sintesi?
Può essere una chiave di lettura. Ma non credo si possa passare dal 40 al 18% dei voti solo per responsabilità di qualcuno o di pochi. Il Partito Democratico si è disconnesso da quella realtà nella quale tantissima gente avrebbe voluto si immedesimasse. La connessione con molti mondi si è interrotta o, se mantenuta, non è stata ascoltata. Ma per un risultato così deludente ognuno, in proporzione ai ruoli ricoperti, ha le sue responsabilità.

Sembra che ormai il Pd sia quasi morto. La pensa anche lei così, oppure è convinto che il partito continuerà a prescindere?
Mi auguro sia solo una fase importante di riflessione di molti elettori. Il Partito Democratico è molto radicato sul territorio, anche se i circoli hanno perso la funzione di collante tra amministratori e cittadini. Penso vada ricreata una rete che attualmente il Pd ha perso, ma sui territori sono presenti ancora questi valori e tante donne e uomini capaci di far riavvicinare quelli che hanno preferito altre forze politiche o che non hanno espresso il loro voto. Abbiamo anche giovani, e penso ai tanti sindaci giovani eletti anche al Sud. Giovani sui quali investire. Sono certo che per l’Italia, e per gli italiani, sia necessaria un’alternativa alle proposte messe legittimamente in campo da coloro che sono stati votati, ma le ritengo proposte non concretizzabili. Ma per fare questo ci vuole una presa di coscienza, ma soprattutto bisogna ricreare quell’entusiasmo che molti hanno perso. Dopo una batosta del genere non è semplice, ma il Pd ha gli elementi per poter ripartire e per poter ricostruire una proposta di governo valida. Anche perché, quando abbiamo governato, qualcosa di buono lo abbiamo fatto.

Ma per il Pd, le vicende che hanno colpito la Basilicata con l’arresto del governatore, non hanno contribuito a gettare benzina sul fuoco?
Secondo me la Basilicata è uno specchio delle difficoltà che sta affrontando il Partito Democratico. Credo che in questo momento non esistano alternative alla possibilità di cercare di trovare delle sinergie con altri attori che abbiano idee e proposte molto vicine alle nostre. Per cui, quello che mi auguro possa accadere in Basilicata sono convinto debba succedere anche in altre parti d’Italia dove il prossimo anno ci saranno le elezioni amministrative. Penso che all’interno del nostro Paese, oggi, le identità siano suddivise in tre parti: coloro che hanno dentro la voglia di ribellarsi a prescindere; quelli che hanno nel proprio Dna il senso di identità nazionale; e poi c’è un’altra parte. Ecco: quest’altra parte, dove troviamo il Pd, deve trovare il modo di coagularsi. Da questo punto di vista la Basilicata potrebbe rappresentare un’esperienza progettuale importante anche perché, a leggere i sondaggi di qualche giorno fa, nonostante le grandi difficoltà a livello nazionale e regionale, la partita è ancora aperta. Ma per fare questo è necessario che ognuno capisca che a decidere ci sono anche tanti altri.

Il prossimo anno si vota anche a Firenze e presumo vorrà dare continuità al suo lavoro, per cui si ricandiderà?
L’idea c’è.

Pensa a un futuro politico a Rotonda, magari da sindaco?
Rotonda è una realtà forte dei comuni della Valle del Mercure. Penso alla crescita sportiva: nel calcio è arrivata in serie D; così come nella pallavolo una menzione particolare la merita il sitting volley. Una meraviglia. Grande merito alla dirigenza del calcio, ma altrettanto a quella della pallavolo. Pensare alla disabilità con lo sport è quanto di più nobile e bello si possa fare per questi ragazzi. E proprio in virtù dell’impegno verso la disabilità, l’Associazione culturale lucana premierà questo sodalizio sportivo rotondese con uno dei 6 riconoscimenti nazionali assegnati dalla giuria. Premio che verrà consegnato durante la settimana lucana fiorentina. Altri comuni negli ultimi decenni sono cresciuti, si sono ben strutturati e hanno messo in discussione il ruolo di leadership di Rotonda. Serve sempre trovare le giuste alchimie per crescere ancora, e a Rotonda ci sono le persone per poter creare quel mix di competenza, esperienza, impresa, innovazione e sogni per farla essere la porta principale del Parco e la perla dei Comuni del Parco. Certo che mi piacerebbe, sarebbe un onore fare il sindaco dove sei cresciuto, dove hai scorrazzato fra vicoli e piazze. Però mi piacerebbe scegliermi lo sfidante. Ci siamo già lanciati la sfida sui social (con Andrea Di Consoli, ndr). Siamo al passo con i tempi.

Ma quando l’ho intervistato, Andrea mi ha detto che ci vorranno 20 anni. Anche per lei ci vorrà tutto questo tempo?
Anch’io devo ancora aspettare, ma quando si candiderà lui mi candiderò anch’io. E se dovessi competere con lui, la sua vittoria mi darebbe la certezza di avere un amministratore in grado di fare solo del bene per la comunità. Con lui avrei vinto, seppur sconfitto, anch’io. E mi auguro che anche lui pensi lo stesso di me.


Gianfranco Aurilio
lasiritide.it















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