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La voce della Politica

Pace (AP) e Brienza (Sappe) su ultime dichiarazioni del terrorista Battisti

24/10/2017

“Da carnefice a vittima il passo è lunghissimo. Chi ha ucciso vigliaccamente persone inermi e rappresentanti dello Stato, per poi starsene comodamente in “vacanza” in Francia e in Brasile, magari assistito da una oscura rete di solidarietà sinistroide, ora non può attaccare l’Italia e le sue istituzioni che giustamente ne chiedono la restituzione alla patrie galere”. Le ultime tracotanti dichiarazioni del terrorista Cesare Battisti dal suo comodo rifugio brasiliano contro le istituzioni italiane gridano vendetta e dimostrano lo stato di confusione mentale che ancora attanaglia l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo, hanno replicato all’unisono il consigliere regionale lucano, Aurelio Pace (Alternativa Popolare) e Saverio Brienza, segretario regionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria. “Se sarò estradato in Italia le guardie carcerarie mi uccideranno”, ha dichiarato Battisti alla vigilia della decisione dell’Alta Colte di Brasilia che dovrà decidere sulla sua definitiva estradizione in Italia, dopo il tentativo di fuga in Bolivia. Dichiarazioni assurde e sconclusionate che evidenziano non solo la pericolosità del soggetto, ma anche il senso di malcelato vittimismo e richiesta di impunità. Quel che non può essere sopportato sono deliberate scelte comunicative di chi, dopo aver massacrato inermi cittadini ed esemplari servitori dello Stato, ora cerca di buttare fango proprio su uno dei corpi che maggiormente ha pagato per la propria abnegazione al dovere. Battisti, a capo del commando dei Pac che nel giugno del 1977 uccise a Udine il maresciallo di origini aviglianesi, Antonio Santoro (a cui è stato intitolato il carcere di Potenza), ora cerca di distogliere l’attenzione e impietosire la magistratura brasiliana dichiarandosi –come ha sempre fatto- un perseguitato dallo  Stato Italiano, tanto che qualora fosse estradato, i colleghi del maresciallo Santoro “gliela farebbero pagare, uccidendolo in carcere”. Parole gravissime e accuse ingiustificate verso uno Stato democratico e garantista, in cui la cultura del Beccaria non è certo una sconosciuta. “Ricordiamo al terrorista-turista comunista –sostengono Pace e Brienza- che le carceri italiane, a parte i problemi alle strutture, non possono certo considerarsi luoghi di soprusi e violenze e, menochemeno, luoghi di tortura o di assassini”. Da duecento anni, la polizia penitenziaria (e non come le chiama Battisti, “guardie carcerarie”) ha garantito umanità e dedizione al dovere nel rispetto delle leggi e della dignità degli uomini. “Definire assassini agenti che ogni giorno trattano con umanità e imparzialità i detenuti –aggiungono il consigliere regionale e il segretario del Sappe- è l’ennesimo oltraggio che il terrorista fa delle istituzioni italiane e dei suoi servitori, dopo aver seminato morte e terrore per un’ideologia da cui non ha mai preso le distanze”. Anziché chiedere umana pietà e sincere scuse per quanto ha commesso, Battisti pretende di dettare ancora le condizioni allo Stato democratico e sbandierando il salvacondotto conferitogli dall’allora presidente brasiliano Lula, pretende di poter continuare a vivere sulle spiagge di San Paolo. La sua difesa chiave, affidata alle dichiarazioni della giovane moglie e dei legali, per evitare il trasferimento in Italia è tragicomica: “E’ lui a sostenere economicamente la sua famiglia brasiliana e il figlio prova un grande affetto per lui”.  Purtroppo la famiglia Santoro e quelle di tanti altri martiri periti sotto i colpi dei Pac, non hanno potuto avere la stessa fortuna. Confidando nel lavoro equilibrato del presidente della Corte suprema brasiliana, Carmen Lucìa (cognome non sconosciuto proprio ad Avigliano), Pace e Brienza rassicurano il terrorista: “In carcere in Italia sarai trattato, al pari di tutti gli altri, con rispetto e umanità, senza rischiare nulla. A garantire saranno proprio gli agenti della polizia penitenziaria che, come sempre, per dovere non praticano vendette, ma garantiscono gli insopprimibili diritti di chiunque. Anche dei più feroci e mai pentiti assassini”



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