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Agricoltura: Renzi quadruplica la burocrazia e i costi per i contadini

16/11/2016

Piccolo giallo alla Camera: prima si vota per abbattere gli oneri burocratici, poi la maggioranza stravolge il voto, quadruplicando il peso del “castello di carta”. La denuncia del deputato pugliese L’Abbate (M5S)

Dai ripetuti annunci sui tagli alla burocrazia nel primo settore, al ciclico inserimento di nuovi oneri e scartoffie per gli agricoltori italiani. I proclami del premier Renzi o del ministro Maurizio Martina, infatti, si infrangono con quello che le normative approvate prevedono poi concretamente. È accaduto con la scorsa legge di Stabilità che per far entrare 18 milioni di euro nelle casse dello Stato, ne caricava 160 sulle spalle dei piccoli agricoltori che fatturano meno di 7.000 euro l’anno. Ancor peggio con il decreto fiscale al vaglio della Camera in questi giorni.

“Abbattimento della burocrazia? Crociata per la semplificazione di Renzi & Co? Tutte belle e condivisibili parole a cui non seguono però i fatti – commenta il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura a Montecitorio – Ma in realtà si va nella direzione opposta per favorire economicamente chi guadagna proprio sui ‘castelli di carta’, come li chiama il ministro Giuliano Poletti”.

È il caso del piccolo giallo verificatosi alla Camera. Il giorno 9 novembre è stato approvato in commissione Bilancio e Finanze congiunte l’emendamento (a firma Schullian, SVP) il cui obiettivo era, in principio, quello di abbattere i costi della burocrazia così da fare in modo che gli agricoltori non fossero più tenuti a fare dichiarazioni Iva al di sotto dei 7.000 euro. E risparmiare sui costi delle pratiche in mano ai Caf di qualche organizzazione agricola, pari a circa qualche decina di milioni di euro. Un emendamento che ha assorbito anche quello Gagnarli (M5S) che, a fronte dell’innalzamento della soglia a 20.000 euro, chiedeva di mantenere la dichiarazione annuale e non più trimestrale.

“Ma il giorno seguente, l’emendamento Schullian è stato modificato ed addirittura stravolto, destinando l’agevolazione solamente alle aree cosiddette montane. Poca roba – spiega L’Abbate (M5S) – Non solo. Se prima avevamo votato l’obbligo di dichiarazione ogni anno, ora è previsto nuovamente ogni tre mesi. Ciò significa che se qualche organizzazione agricola guadagnava su questo onere burocratico attraverso i propri Caf sparsi sul territorio, quest’anno (poco prima del referendum) va a quadruplicare le proprie entrate. E se le stime per lo scorso anno parlavano di circa 40 milioni di euro destinati ai Caf, oggi la cifra viene moltiplicata per quattro ovviamente sulle spalle di chi lavora la terra”.

Eppure, negli scorsi anni, le stesse organizzazioni come Confagricoltura, Cia, Copagri ed il mondo della cooperazione si erano detti a favore dell’abbattimento dell’onere burocratico che, invece, adesso lievita notevolmente. Tante scartoffie in più, per una agricoltura che avrebbe bisogno piuttosto di un lavoro di consulenza di qualità per competere sul mercato globale e dinanzi alle nuove sfide a livello planetario.



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