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Tour lucano per il 'fantastico' Stefano Benni

25/06/2017

Un libro dove comico e drammatico sono molto vicini, come lui stesso ha dichiarato. Il “fantastico” scrittore bolognese Stefano Benni ritorna a toccare la Basilicata, dedicandoci due tappe del suo tour nazionale – organizzate dalla blogger lucana Giuditta Casale, da Mario Pennacchio della “Step Language Services”, da Sergio Mattioli della libreria Ubik e da Mariateresa Cascino del “Women’s Fiction Festival”: la prima a Potenza, lo scorso 21 Giugno nel Museo Archeologico Nazionale “Dinu Adameșteanu”; la seconda a Matera, il giorno successivo, presso la Fondazione Le Monacelle nella cornice del “WFF”, Festival Internazionale di narrativa femminile [che si terrà a Matera gli ultimi giorni di Settembre; ndr]. Ed ecco presentato il suo ultimo romanzo, “Prendiluna” (Feltrinelli): questa gattara “splendida settantenne cardiopatica e avventurosa”, già professoressa di un liceo classico – che da bambina “saltava e gridava” perché voleva afferrare la luna e tirarla giù, e da qui il suo nome – a cui viene affidata una missione fondamentale per la salvezza del pianeta: con la sua apparizione, Ariel – gatto fantasma “anarchico, bulimico e dispettoso” capostipite dei suoi Diecimici – le dà solo otto giorni di tempo per consegnare ognuno dei suoi gatti a dieci persone degne e buone; “dieci Folli, dieci Giusti”. Da qui, l’inizio di un viaggio con una valigia colma di gatti ed un ritorno al passato (una retrospettiva non facile per il cuore), ai tanti volti che l’anziana professoressa ha incrociato nella sua vita, ricordando i suoi alunni e valutando chi possa esser persona “degna e buona”. Al viaggio di Prendiluna si affiancano due suoi ex alunni ormai sui quaranta-cinquant’anni, Michele (detto l’Arcangelo) e Dolcino, che – apprendendo della vitale missione da un “Trisogno”, un sogno-profezia – evadono dal manicomio in cui sono rinchiusi con l’obiettivo di trovare Dio per spaccargli “il santissimo muso”, vendicando così tutto il male del mondo (“Io non so se Dio esiste, ma se non esiste ci fa una figura migliore”, a voler citare “Baol”). Iniziano così storie ed avventure allucinanti che, anche in questo romanzo, fanno emergere i peggiori difetti dell’uomo contemporaneo; fino ad arrivare ad una battaglia finale, tra fisico e spirituale, che confonde i confini del reale e dell’immaginario e mette il lettore dinanzi a questo dilemma. Uno Stefano Benni sempre così intrigante, sempre così immaginariamente realistico; con un libro dedicato allo scomparso chitarrista Stefano Mesolella e a tutti i maestri che l’autore ha avuto durante la sua vita (Franca Rame e Dario Fo, Paolo Poli): e, di fatti, questo romanzo ricorda e racconta il rapporto – che, nel racconto, diviene famigliare – tra l’insegnante ed i suoi alunni e l’importanza profonda e duratura nel tempo dell’arte di insegnare e dell’arte di imparare: un insegnante che salva l’intelligenza anche solo di una metà dei suoi studenti – dicono Benni e Prendiluna – è già un grande intellettuale. “In-segnare”, lasciare un segno nello studente che dovrà divenire cittadino, uomo consapevole, parte attiva di un sistema: e così, “insegnare” non significa impartire ordini e standardizzare un pensiero o una persona, ma “e-ducare” a pensare, a ragionare, per mezzo di quella “disobbedienza, quella ribellione culturale” che ognuno porta dentro di sé; e la Scuola può ancora essere e fare da sfida contro l’omologazione di pensiero. La letteratura, come qualsiasi forma d’Arte, è sempre stata un gesto di minoranza, vista come qualcosa di “poco produttivo”: “ma questa” – ha precisato Benni – “è un’ossessione che lascio ai politici o al marketing”; al “cinquantunismo” della maggioranza è sempre preferibile una minoranza scelta, che si seleziona naturalmente.
Stefano Benni è uno scrittore totale, poliedrico; tanto da citare – nel suo romanzo – David Bowie, i Beatles e gli stessi “Diecimici”, ognuno dei quali incarna uno scrittore o una poetessa che hanno fatto la storia della letteratura e della poesia. Uno scrittore che guarda al futuro, per mezzo dei suoi eroi-bambini, e alla saggezza, grazie ai suoi eroi-anziani; che incita alla ribellione intellettuale, che invita a non obbedire alla prepotenza della standardizzazione.

Marialaura Garripoli



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