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Recensione:G.P.Pansa“ L’Italia non c’è più -com’eravamo, come siamo”

20/05/2017

Il libro di Gian Paolo Pansa “ L’Italia non c’è più -com’eravamo, come siamo” di 322 pagine, edito da Rizzoli ed acquistabile al prezzo di 17 euro, mette in rilievo che vero che l’Italia non è più quella dei primi decenni del dopoguerra e appare molto mutata. Ma continua a esistere con tutte le sue qualità e i suoi difetti. L’autore afferma che la risposta non lascia però scampo a dubbi e a incertezze: il nostro è un paese che ha davvero perduto se stesso. Ed ogni giorno rivela non soltanto a chi ci vive, ma pure a quanti lo osservano da lontano, di essere sparito. Non dalla carta geografica, ma di sicuro nella coscienza di milioni di persone. Tanto da far pensare a molti che abbia imboccato una strada priva di ritorno: quella della decadenza senza rimedio. “Decadenza” è una parola dal suono tetro. Ma chiunque, guardandosi attorno, può coglierne i segnali.
Ma se stiamo decadendo davvero, in quale modo si può trovare la soluzione per risalire. Se si limita all’apparenza, il declino non parrebbe una minaccia reale. Al confronto con gli anni della giovinezza dell’autore del libro, quelli che descrive nella prima parte del libro, molto di ciò che osserva in questo 2017 gli sembra migliore di allora. Il nostro tenore di vita è ben più alto. È vero che stanno emergendo sacche di povertà, ma risultano ancora limitate. E non tutte si sono trasformate in focolai di miseria e di ribellione. Anche se qualche rischio già si intravvede. La nostra salute è buona e ben tutelata. La cultura non è un affare per pochi. Molti di noi parlano l’inglese.
E c’è chi impara il cinese e il russo, le lingue di due super potenze. In tanti girano per il mondo. Alla ricerca di migliori occasioni di lavoro e di studio. Ma anche trascorrere le vacanze in posti esotici e lontani è diventata una consuetudine. Tanti anni fa non era così. Il nostro paese era distrutto dalla seconda guerra mondiale con migliaia di morti ed un’economia in ginocchio. Dopo la seconda guerra mondiale è nata la guerra fredda tra USA e ex URSS dove imperversava una dittatura guidata da un tiranno comunista che si chiamava Josif Stalin. La faziosità politica stava sempre in agguato e non esitava a uccidere persone inermi, come nell’epoca del terrorismo rosso. Eppure ne siamo usciti senza perdere la libertà. Pur non essendoci i confort di adesso, la gente era più felice, le famiglie erano più unite. Si andava in bicicletta o in Vespa e non in Suv o in Ferrari. Anche possedere una Fiat 600 era considerato un sintomo di benessere. Chi si applicava nello studio veniva premiato. I giovani di allora riuscivano rispetto quelli di adesso a trovare un lavoro anche se pagato poco, ma quanto bastasse per sopravvivere. Il boom economico degli anni Cinquanta ha rappresentato una garanzia per tutti: La ricerca di un po’ di benessere sollecitava la nostra volontà di migliorare.
. La libertà sessuale ha rappresentato una conquista per i ragazzi e ancora di più per le ragazze. Anche se non conoscevamo le molte comodità odierne e gli sprechi che ci concediamo. La protagonista di questo libro è Carlotta una giovane giornalista figlia di un suo vecchio collega che lavorava con un certo Paolo col quale si erano ignorati per anni. Vivevano entrambi a Roma, ma tra loro non esisteva nessun rapporto. Lui, Paolo R., era un giornalista andato in pensione dopo aver lavorato per anni nelle testate più importanti e spesso con incarichi delicati: inviato speciale di prima fila o vice del direttore. Il lavoro l’aveva assorbito del tutto e soltanto adesso si accorgeva di sapere ben poco delle persone che lo circondavano. L’amico gli aveva parlato più volte della ragazza, vicina ai vent’anni. Diceva che la figlia, iscritta alla facoltà di Lettere, voleva fare la giornalista. Al liceo e poi all’università si era dimostrata un’allieva tra le più brave. Leggeva molto e non trascurava i quotidiani e i settimanali e lavora a stretto contatto con un collega molto più grande che ha vissuto un’altra generazione magari triste per certi versi ma migliore sotto il profilo umano.
La situazione socio – politica e economica del paese è critica e nessun premier governo, non è riuscita a risolvere e portare la nostra economia ai fasti di una volta. Ovviamente alludiamo al periodo del boom economico degli anni 50’.
Se osserviamo questa Italia del 2017, prima di tutto notiamo un paese sempre più diviso tra ricchi e poveri. Le ideologie che predicavano l’uguaglianza sono scomparse, uccise dal loro estremismo, ma soprattutto dalle illusioni nelle quali si sono cullate senza guardare in faccia la realtà. La sinistra odierna è un’araba fenice con il solo obiettivo di sopravvivere alle divisioni che la dilaniano. L’interesse pubblico e gli obblighi di ogni cittadino, per primo quello di non evadere il fisco, valgono meno di una ciabatta frusta. L’insieme dei partiti è vittima del discredito accumulato in anni di incompetenza e di disonestà. Il cittadino senza potere associa la Casta dei politici alla corruzione, alle tangenti, alle ruberie. Al centro dell’Italia di oggi esiste un vuoto che chiunque può riempire. L’abbiamo compreso quando un signor Nessuno come Matteo Renzi, un premier bullo, presuntuoso e velleitario, ha tentato di diventare il padrone politico del nostro paese, un dittatore moderno. A fermarlo è stata la rabbia di milioni di cittadini, stanchi delle sue bugie, delle promesse a vuoto, della disinvoltura nel servirsi di qualsiasi
mezzo pur di conquistare tutti gli anfratti del potere. A cominciare dall’uso spregiudicato del sistema televisivo e di un insieme indecente di clientele. La vittoria strabiliante del No nel referendum sulla riforma costituzionale del dicembre 2016 ci ha confermato che l’Italia di un tempo davvero non esiste più. I partiti sono morti o rischiano di tirare le cuoia. La Democrazia cristiana è defunta decenni fa, eppure le nuove generazioni di democristiani continuano a comandare. Il guaio è che sono ben più aggressivi, cinici e pronti a tutto dei loro antenati.


Biagio Gugliotta



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