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Recensione libro:Domenico Moro” Globalizzazione e decadenza”

2/01/2016

Il libro di Domenico Moro” Globalizzazione e decadenza” di 250 pagine, edito da Imprimatur editore, ed acquistabile al prezzo di 16 euro, mette in rilievo che L’Italia sta vivendo la crisi economica forse più profonda dalla proclamazione dell’unità nazionale nel 1861. Per molti versi quella seguita allo scoppio della bolla dei mutui subprime nel 2007 è una crisi anche più grave della Grande depressione degli anni Trenta. Nel 1935, a distanza di sei anni dallo scoppio della recessione, il reddito nazionale netto dell’Italia aveva raggiunto i 129,6 miliardi di lire, superando il livello del 1929, il massimo precrisi, pari a 124,6 miliardi di lire.1. Questa volta, a distanza di otto anni dal suo scoppio, il prodotto interno lordo italiano non è ancora ritornato ai livelli del 2007, il massimo precrisi. Ma quello che appare più grave è che tra un quarto e un quinto della capacità manifatturiera del Paese è andata persa. Il valore aggiunto della manifattura sul totale dell’economia è passato dal 20,1 del 1993 al 14,9 per cento del 2013.2 Ciò è grave perché, contrariamente a quanto si è affermato nei decenni scorsi con le varie teorie sull’avvento della società postindustriale,
l’industria e in particolare la manifattura rimangono centrali per un Paese moderno. Il turismo e il terziario non sono in grado da soli di sostenere l’economia e il reddito di un Paese, tantomeno di un Paese “avanzato”. Anzi, l’industria e la manifattura sono la base per lo sviluppo sia del turismo sia di altri importanti settori del terziario, come i trasporti, il commercio, le telecomunicazioni. Secondo l’Istat, un aumento di 100 euro della domanda manifatturiera attiva in Italia una produzione di servizi di 27,3 euro. Inoltre, una parte non indifferente di quanto è classificato come terziario è in realtà costituita da servizi per le imprese manifatturiere, spesso attività esternalizzate dalle imprese stesse. Queste attività vanno dalla manutenzione dei macchinari, alla logistica, al customer service, alla consulenza ICT, alla ricerca e sviluppo, al marketing e alle ricerche di mercato, alla contabilità, alla ricerca del personale, alle pulizie, eccetera.
A testimonianza della perdurante centralità della manifattura ci sono i recenti sforzi dell’amministrazione Obama per rilocalizzare, cioè riportare all’interno degli Usa, le attività manifatturiere che nel passato sono state delocalizzate all’estero. Ma soprattutto c’è l’esempio tedesco. La Germania ha sancito la sua egemonia politica in Europa e il ritorno a uno status di grande potenza mondiale grazie alla sua potenza economica, che si basa essenzialmente sull’’industria manifatturie
Le crisi non si verificano, come in epoche storiche precedenti, a causa di carestie o di guerre, ma paradossalmente proprio perché si sono accumulate troppe forze produttive e troppa ricchezza. Le forze produttive, sebbene siano il prodotto di rapporti sociali, si ergono nei confronti della società come una potenza ostile, incontrollabile, come se fossero forze naturali. Si tratta, ora, di iniziare un percorso che permetta di ricondurre tali immani forze di produzione sotto il controllo della società, ovvero dei produttori liberamente associati, secondo un piano razionale.

Biagio Gugliotta



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