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Potenza e il “cerchio magico” della Trinità

13/01/2024

Si è spesso parlato delle presunte responsabilità della Chiesa nella vicenda di Elisa Claps; a Potenza le opinioni in merito sono divergenti, tra coloro che pensano che ci sia stato un coinvolgimento nella vicenda e coloro che, al contrario, pensano che la Chiesa non c’entri. In realtà tanti sono i dubbi che ancora avvolgono la vicenda, troppe le domande che ancora attendono risposta. Al centro di tutto ruota la figura del parroco della Trinità, don Mimì Sabia. Ora, escludendo un diretto coinvolgimento del sacerdote nella vicenda, come si spiegano molti suoi atteggiamenti e comportamenti? Perché, ad esempio, ha mentito affermando (anche alla mamma di Elisa e in tono abbastanza sprezzante) di non conoscere Danilo Restivo, quando poi fu smentito dallo stesso Danilo in un suo interrogatorio e dalla pubblicazione di una foto che ritraeva il sacerdote in compagnia del ragazzo in occasione del diciottesimo compleanno di quest’ultimo? E soprattutto, perché nel corso degli anni si è sempre fermamente opposto ad una perquisizione della Chiesa impedendo a chiunque di accedervi, inquirenti compresi? Aveva qualcosa da nascondere? Certo questo suo atteggiamento qualche dubbio lo fa venire. Ripetiamo, è inconcepibile che don Mimì abbia avuto un ruolo nella scomparsa di Elisa, però da subito alcuni in città iniziarono a pensare che qualcosa potesse sapere, che fosse a conoscenza del destino della ragazza e di ciò che era successo quel giorno. E allora, perché tacere? Come può un sacerdote, venuto a conoscenza di un fatto così atroce, nascondere la verità? La conclusione appare quantomai ovvia, quasi scontata: aveva qualcosa da nascondere, era (o poteva essere) particolarmente ricattabile! Allora il tutto si spiega: confessare che nella sua chiesa fosse avvenuto un omicidio voleva dire “aprire” quegli spazi agli occhi di tutti, far conoscere ciò che tra quelle mura avveniva. Ma soprattutto, come affermavano in molti, far diventare di pubblico dominio quelli che erano i vizi del vecchio sacerdote: don Mimì aveva raccolto al primo piano della sua chiesa in un centro studi vari uomini gay. Vizi come questo potevano mettere a repentaglio la sua reputazione e quella della Chiesa. Il centro studi si chiamava “Centro Newman”, dedicato a John Henry Newman; ora se noi andando su internet digitiamo il nome di John Henry Newman leggeremo che si tratta di un presbitero anglicano, teologo e filosofo inglese che si convertì al cattolicesimo, fu creato cardinale da Leone XIII e beatificato nel 2010 da Benedetto XVI. Ma subito dopo apprenderemo che in rete gira voce che il santo inglese canonizzato da Papa Ratzinger fosse omosessuale, in quanto chiese che venisse sepolto nella stessa tomba insieme a Ambrose St. John, a lui era legato da un’amicizia di 30 anni. Ora, anche in questo caso il dibattito è aperto tra le due fazioni in causa, ma è un fatto che il centro aperto nei locali della Trinità fosse dedicato ad un ecclesiastico che alcuni accusavano di essere gay? In città, poi, molti affermavano che don Mimì fosse un omosessuale attivo e molto vicino all’onnipotente ex Presidente del Consiglio Emilio Colombo. Il potente politico lucano, come molte volte sottolineato, è “cresciuto” nella chiesa della Trinità, prima come chierichetto don Vincenzo D’Elia, parroco per 50 anni e poi come amico di don Mimì, i soli due parroci in quasi tutto il Novecento! Ed anche Colombo aveva abitudini potremmo dire insolite: nel 2003 due delle sue guardie del corpo furono arrestate in quanto ordinavano cocaina con regolarità. L’allora ottantenne ex primo ministro ammise che la cocaina era per lui e che ne faceva un uso regolare a scopi terapeutici. Queste due ammissioni, cioè che Colombo faceva uso di droghe e che don Mimì non era proprio casto nella sua vita, non aprono nessuna pista per il caso di Elisa Claps. Però svelano quello che era lo sfondo antropologico sul quale era avvenuta la sua scomparsa e mostrano, probabilmente, perché si potessero fare pressioni su alcuni soggetti che dovevano fare in modo che la verità non venisse mai scoperta. Come afferma Tobias Jones nel suo libro Sangue sull’altare “ancora una volta, due delle persone più importanti di Potenza avevano abitudini che volevano tenere nascoste”. Ma a riguardo c’è un altro fatto che merita di essere attenzionato. I due giornalisti Fabio Amendolara e Fabrizio Di Vito nel loro libro-inchiesta “Elisa Claps. Indagine nell’abisso della Chiesa della Trinità” portano a conoscenza del lettore una confessione abbastanza scabrosa e interessante per quel che andiamo affermando. La testimonianza è quella di Dino, un persona, come affermano i due autori, che “non è in cerca di pubblicità” in quanto già affermato nel suo campo. Il 12 settembre 2023 Dino prende il microfono e grida la sua confessione alla folla che si era radunata davanti al portone della Chiesa della Trinità per una marcia in memoria di Elisa. Riportiamo le sue parole: «Io in questa chiesa sono stato abusato. [...]Ero ancora minorenne, avevo 16, forse 17 anni. Raccontai tutto solo a mio padre che mi disse di non farne parola con nessuno. All’epoca la vergogna e il pudore prendevano il sopravvento su tutto. Quando alla riapertura della Chiesa della Trinità ho visto la lapide intitolata a don Mimì, descritto come un grande educatore, mi sono sentito offeso. Hanno deciso di oltraggiare ancora una volta una ragazzina di appena 16 anni». Saranno questi i segreti che si volevano tenere nascosti anche a costo della verità sulla morte di una ragazzina di appena 16 anni? O forse, non si voleva che si conoscesse cosa realmente avvenisse nei locali della Chiesa della Trinità?

Nicola Alfano



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