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Quando nacque la seconda Legislatura regionale lucana

11/06/2023

“La DC, il PSI ed il PSDI hanno concordato di formare la Giunta regionale”: è con questa frase che il Presidente della Giunta regionale di Basilicata, Vincenzo Verrastro, annuncia al Consiglio la nascita della nuova coalizione che darà vita alla seconda legislatura regionale (1975-1980). Questa maggioranza, scaturita dalle elezioni del 15 giugno 1975, poteva contare in Consiglio regionale su 19 seggi su 30 (13 quelli della DC, 4 del PSI e 2 del PSDI), mentre il PCI ne contava 9 e il MSI 2. Nasce in tal modo una giunta di centro-sinistra con il PCI (secondo partito per numero di seggi) che rimane fuori dall’esecutivo e con il quale la nuova maggioranza decide soltanto di mantenere un confronto aperto «nella caduta di pregiudiziali discriminazioni a sinistra» ma, come sottolinea subito il Presidente Verrastro, «nella distinzione dei ruoli fra maggioranza e opposizione». Che cosa vuol dire concretamente questo passaggio politico? Leggendo i dati, in linea di principio i tre partiti della sinistra (PCI-PSI-PSDI) insieme avrebbero la maggioranza relativa dei seggi in Consiglio regionale (15 su 30) con la DC, partito di maggioranza relativa, costretta ad allearsi per poter governare. Ora per capire bene questo passaggio sarà utile ricordare quella che era la concezione democristiana della democrazia. Difatti nella concezione politica della DC è compresa un’idea della democrazia nel nostro paese del tutto eccezionale. Questa idea fu ribadita da Aldo Moro, il quale l’aveva enunciata anche in passato come «obbligo di governare». Lo statista doroteo, infatti, già nel 1974 aveva sostenuto che nel nostro paese si viveva in una «democrazia speciale» e che pertanto se ne dovevano trarre conseguenze ineludibili sul terreno degli schieramenti. «Il realismo» affermava Moro «ci induce a prendere atto di quelle profonde diversità che rendono meno credibile in Italia che non sia altrove, la prospettiva di quella vera alternanza al potere delle forze implicate nel gioco politico. Sicché ebbi a dire – credo sia profondamente vero – che la democrazia italiana è, per la grande distanza che separa dall’opposizione comunista le forze alleate di maggioranza, una democrazia difficile, e cioè con ridotte possibilità di un vero e continuo succedersi di forze politiche nella gestione del potere». Cos’è che spinge Moro a parlare di “ridotte possibilità di un vero e continuo succedersi di forze politiche nella gestione del potere?” Riguardo questa visione del regime democratico, Ruggero Orfei in “L’occupazione del potere. I democristiani ‘45-‘75”, afferma che in prima istanza «è difficile parlare di una corruzione di un’idea o di decadenza morale. Queste ultime – che pure ci sono – sono soltanto effetti di una causa unica: l’assunzione di un ruolo per così dire fisso e inamovibile da parte dei democristiani. Questa inamovibilità, nella misura in cui è stata sostenuta finora da ampi consensi elettorali, ha dato una certa sensazione di immunità, la quale ha prodotto l’arroganza del potere che poi si traduce in malgoverno, sottogoverno, clientelismo, concussione e profitti di regime. Ma è la concezione di una “democrazia speciale” che dirige le mosse e la politica di breve e di lungo termine dell’intera DC». Da questo punto di vista è superfluo trovare differenze tra i vari leader democristiani, in quanto il nucleo che li accomunava era soltanto uno: tutto quello che serve a combattere il comunismo è utile alla democrazia (speciale) e, quindi di riflesso, è utile alla DC; la difesa della libertà è un assoluto cui deve essere subordinato ogni altro fine di rinnovamento del Paese. Chiunque tema questo rinnovamento e, quindi, si riconosca alternativo al comunismo, potrà aggregarsi alla DC. La vera natura della Dc è caratterizzata dalla contrapposizione con il PCI; la stessa difesa del quadro democratico, afferma sempre Orfei, «è una elaborazione costruita in funzione della difesa anticomunista». Se le cose stanno così, si può soltanto osservare che la proposta del compromesso storico non esiste se non come proposta. E di questo è lo stesso Moro, Presidente del Consiglio, a parlarne il 9 giugno 1973 al XII Congresso della Democrazia Cristiana. Egli in tale occasione spiega che «la DC era “alternativa di se stessa”, perché in Italia vi è una “impossibilità di alternativa”, ossia di avvicendamento; o più precisamente, ci troviamo di fronte alla necessità di una “alternativa senza avvicendamento” dovuta ad un sistema senza pendolarità e perciò carico di tutte le tensioni che altrove l’effettivo succedersi al potere, l’una dopo l’altra, delle forze politiche attenua, favorendo, nel continuo assestamento, fecondi equilibri». La conclusione più naturale di tale ragionamento può essere che in Italia si possa parlare senza complessi, come fa Moro, di «forze destinate a restare all’opposizione» e di riflesso, aggiungiamo noi, di forze destinate a governare; quindi si può affermare che la DC è libera di scegliere di volta in volta i partner che desidera, per gli altri, invece, non c’è che da essere amici o nemici. In tal modo DC e governo finiscono per identificarsi e divenire una sola cosa; questo stato di cose era stato immaginato dallo stesso De Gasperi e da lui trasmesso a suoi collaboratori. Lo statista trentino, infatti, come ci ricorda sempre Ruggero Orfei, immaginava che il sistema politico italiano avesse una struttura da sistema solare, con al centro la DC attorniata dai suoi pianeti e contro la quale l’opposizione comunista e fascista (la teoria degli opposti estremismi in De Gasperi è stata precocissima) tenta di penetrare con il rischio di provocare irreparabili cataclismi.
Tutta questa concezione della “democrazia speciale” noi la ritroviamo nelle parole pocanzi menzionate del Presidente della Giunta Regionale di Basilicata, Vincenzo Verrastro quando afferma che la nuova Giunta, scaturita dalle elezioni del 15 giugno 1975, è aperta ad un confronto con il PCI (volutamente lasciato all’opposizione) ma «pur nella distinzione dei ruoli di maggioranza e opposizione», perché è la Democrazia Cristiana e i suoi uomini il centro del sistema solare. L’insegnamento di De Gasperi in Basilicata ha trovato terreno fertile ed una applicazione che si è protratta ininterrottamente per quasi cinquant’anni.

Nicola Alfano



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