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Cersosimo celebra la Madonna di Costantinopoli: suggestioni da un rito diverso |
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17/05/2020 | Prima della processione una messa solenne, celebrata a porte chiuse da don Pablo Alberto Heis. Una celebrazione intima che parlava al cuore di una Mamma , quella di Gesù, parole che continuavano a chiedere la fine della pandemia, parole semplici, accompagnate da invocazioni e colpi sul petto, colpi che sembravano bussare a quel cuore grande di Maria, colpi che chiedevano di prendere per mano una umanità impaurita, orfana, smarrita. Cersosimo ieri ha festeggiato la sua patrona, la Beata Vergine Maria di Costantinopoli, l’Odighítria, colei che conduce, mostrando la direzione. “Una delle effigi più belle nella nostra terra di Basilicata”, dice il Parroco. Una statua lignea che risale probabilmente alla seconda metà del seicento, di scuola napoletana, luminosa, dalle forme che ispirano spiritualità e pace, proclamata ed incoronata nell'agosto del 2002 “ Regina della Valle del Sarmento”. “La devozione popolare nei confronti della Vergine e Madre di Dio – sottolinea don Pablo- è da sempre la devozione prediletta, con lei il popolo istaura una relazione intima, molto filiale. Con lei noi vediamo Cristo, con lei noi riusciamo a intravedere la bellezza della misericordia di Dio”. Queste le parole del Sacerdote che spera di continuare il suo ministero sino alla fine nei solchi della Vergine Maria. Parole e preghiere che si sono fatte strada durante la processione surreale, tra le strade dell’antica comunità di Cersosimo, antica e nobile terra , custode di religiosità e di fondamentali insegnamenti, come quelli del Beato Falcone, giovane priore del monastero di Kyr-Zosimo. Un cammino solitario, tra le strette vie, e una ragazza con la foto della Beata Vergine. Applausi forti dai balconi, mentre mani di donne segnate dal tempo si sono portate più e più volte ad asciugare rivoli di lacrime, donne di una volta, donne del nostro tempo, madri che hanno conosciuto sacrifici e prove. Fiori di rose, fiori di ginestra come tappeti al passar dell’effige; mentre tra le mani lo scorrere dei grani di rosari che invocano l’aiuto e il perdono, mentre pesanti mascherine coprono bocche, sussurri, invocazioni e antiche preghiere. Tutto sembrava diverso: l’aria, il profumo dei fiori e dell’erba fresca appena tagliata, anche la natura sembra orfana e immobile, costretta come gli uomini in quarantena. Tutto fermo, fissato, insipido, senza quel sale che dà sapore e vita. Orfani dell’abbraccio, del saluto, orfani anche di quella gestualità che contraddistingue da sempre le genti di questi luoghi. Persino il sole che raramente fa capolino in questa giornata, sembrava diverso. Ma la devozione del popolo cersosimese è radicata è forte. La voce di don Pablo invoca più e più volte Maria, ''la più tenera fra le Madri''. Una preghiera che squarcia persino l’aria afosa e che tocca man mano, passo dopo passo, le menti e i cuori.
Vincenzo Diego
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