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Disastro ambientale nell’area industriale di Tito: sequestrata la ex Daramic

5/06/2025



Un importante sequestro preventivo è stato eseguito questa mattina nell’area industriale di Tito (Potenza), dove sorge lo stabilimento dismesso della Daramic, multinazionale americana un tempo leader nella produzione di componenti per batterie. L’area, di circa 48 mila metri quadri, ricade in una zona paesaggisticamente vincolata e inserita tra i siti d’interesse nazionale (Sin) per inquinamento ambientale.
Il provvedimento, disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza su richiesta della Procura, riguarda 13 indagati tra dirigenti aziendali e funzionari pubblici, accusati a vario titolo di disastro ambientale aggravato, omessa bonifica e discarica abusiva.
Di seguito il comunicato
Nel corso della mattinata odierna, i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Potenza, delegati da questa Procura della Repubblica, hanno eseguito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza dell’intera area in cui insisteva la DARAMIC s.r.l. 11 sito, su cui sin dal 1997 operava l’unica compagine italiana dell’omonima multinazionale statunitense leader nel mercato della produzione di componenti per separatori di batterie, si stende su una superficie paesaggisticamente vincolata di 48 mila metri quadri all’intemo del Sito inquinato d’interesse Nazionale del comune di Tito. Già in passato i terreni e le acque sotterranee soggiacenti lo stabilimento erano stati attinti da una grave contaminazione da tricloroetìlene. Tale composto chimico, di natura esclusivamente antropica noto per le sue proprietà mutagene e cancerogene utilizzato nel ciclo produttivo della DARAMIC, nel 2005 veniva infatti rilevato in concertazioni superiori ad un milione e quattrocentomila volte oltre i limiti stabiliti dalla Legge proprio nelle falde acquifere del sito in cui operava la DARAMIC. Nel 2010 la sede titese della multinazionale DARAMIC cessava tutte le attività in Italia e attraverso un’atipica operazione di leverage byout veicolava più di 19 milioni di euro oltralpe sottraendoli alle risorse destinate alla bonifica.
Da quest’ultima operazione finanziaria, portata a termine con una società veicolo con sede nel Nord Italia, nasceva la STEP ONE Srl che di fatto subentrava alla DARAMIC. La nuova società, ancorché gravata dall’obbligo di bonifica, nel suo solo lustro di vita agiva senza perseguire alcun progetto imprenditoriale fino ad approdare inevitabilmente al fallimento con il conseguente abbandono di ogni misura di contenimento dello stato di inquinamento. Il provvedimento di sequestro, eseguito contestualmente alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso da questa Procura della Repubblica, è stato adottato nei confronti di 13 indagati: 6 funzionari pubblici e 7 appartenenti al management, tra cui due residenti oltralpe e 2 curatori fallimentari, tutti indiziati – a vario titolo – dei reati di disastro ambientale aggravato omessa bonifica e discarica abusiva. Al vaglio dell’Autorità Giudiziaria sono anche le eventuali responsabilità delle persone giuridiche coinvolte nella vicenda. I provvedimenti citati sono stati emessi al termine delle indagini avviate nel 2023 da questa Procura della Repubblica e delegate ai carabinieri del N.O.E di Potenza dalle quali si appurava la mancata rimozione di una sorgente primaria di contaminazione da tricloroetilene la cui attività avrebbe significativamente compromesso e deteriorato la falda acquifera ben oltre i confini del SIN poiché è stata rinvenuta la presenza della citata sostanza con valori 110 volte superiori al limite di legge anche in aree a vocazione agricola e persino nel corpo idrico superficiale dell’affluente sinistro del Basento: il torrente TORA. Le indagini, condotte attraverso accurati sopralluoghi, corpose analisi documentabili e numerose intercettazione telefoniche, hanno consentito di raccogliere una serie di elementi investigativi non solo a carico dei dirigenti delle società sopracitate ma anche di alcuni funzionari pubblici che, pur conoscendo la gravità dell’inquinamento e l’inerzia del soggetto responsabile, in violazione di un obbligo giuridico avrebbero omesso di sostituirsi ad esso e attuare le procedure di bonifica.
Fondamentali si sono rivelati i contenuti della relazione tecnica richiesta da questa Procura ad un collegio di consulenti che ha accertato l’esistenza di un disastro ambientale aggravato connesso ad uno stato di compromissione, e deterioramento, irreversibile delle matrici acque sotterranee e superficiali causato dalla trielina la cui eliminazione richiederebbe interventi e/o provvedimenti eccezionali e costi particolarmente elevati.
Per tutti gli indagati vige la presunzione di innocenza sino ad eventuale sentenza definitiva di condanna atteso che gli accertamenti sono stati sviluppati nella fase delle indagini preliminari i cui esiti dovranno essere sottoposti al vaglio giurisdizionale durante il processo nel contraddittorio delle parti.




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