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Violenza e minaccia ai danni di sostituto Procuratore e Gip tribunale di Lecce. Arrestato

20/06/2024



Nella mattinata odierna, su disposizione della DDA di Potenza, la Polizia di Stato – Squadra Mobile di Lecce e Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo di Lecce – ha eseguito un ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Potenza su richiesta della Direzione Distretmale Antimafia di Potenza, nella quale vengono riconosciuti gravi indizi di colpevolezza a carico di Carpino Pancrazio, indagato per i reati di violenza e minaccia ai danni di Carmen Ruggiero, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce e di Maria Francesca Mariano, Gip presso il medesimo Tribunale.
Condotte, tutte ritenute finalizzate ad intimidire e condizionare l’operato dei predetti Magistrati, fatti aggravati dall’uso del metodo mafioso. Il provvedimento scaturisce da un’indagine coordinata da questo Ufficio e sviluppata dalla Polizia di Stato, da cui sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di Carpino ritenuti dalla AG leccese, anche in persona dei predetti Magistrati, gravemente indiziato di appartenere all’associazione mafiosa comunemente denominata “Sacra Corona Unita” e, segnatamente, del clan “Lamendola — Cantanna”, facente parte della c.d. frangia mesagnese del sodalizio. Le attività investigative sono state avviate in seguito al grave episodio verificatosi a Lecce nella notte del 2 febbraio 2024 allorquando ignoti criminali, giungendo fin dietro la porta di uno dei due suddetti Magistrati, a scopo intimidatorio, avevano lì posizionato la testa decapitata di un capretto, in cui era stato conficcato un coltello. La specifica vicenda appena evidenziata, secondo la ricostruzione accusatoria, si colloca nel contesto di una catena di gravi episodi di minacce ed azioni finalizzate a condizionare l’attività dei magistrati impegnati in indagini sul crimine organizzato salentino.
Le modalità delle condotte poste in essere contro le vittime, caratterizzate da forza intimidatrice tipicamente mafiosa, sono state considerate dal Giudice fondamento dell’aggravante del metodo mafioso contestata all’odierno indagato, che, al termine delle formalità di rito, è stato sottoposto alla relativa misura custodiale presso la competente Casa circondariale. Atmalmente l’indagato, nei confronti del quale vale la presunzione di non colpevolezza, è detenuto a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, precisandosi che gli accertamenti investigativi sono stati sviluppati nella fase delle indagini preliminari, in attesa di essere sottoposti al vaglio giurisdizionale durante il processo, nel contraddittorio con la difesa.




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