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I sindaci delle comunità arbëreshë del Pollino scrivono alle istituzioni

12/07/2020



Sette Sindaci dell’Aggregazione dei comuni arbëreshë del Pollino, delle dieci Comunità arbëreshë del Parco, si sono rivolti ai Presidenti delle regioni Basilicata e Calabria,Vito Bardi e Jole Santelli, al presidente del Parco, Domenico Pappaterra, ma anche ai ministri Dario Franceschini, Giuseppe Boccia, Francesco Provenzano, Luigi Di Maio, alla sottosegretaria, Anna Laura Orrico, sino al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Una missiva “per rappresentare il disagio e lo sgomento che le popolazioni provano a causa di leggi mai applicate veramente e per lo più datate. A più di vent’anni dalla legge 482 del 1999 non si garantisce ancora l’uso della lingua e si mortificano di fatto anche tutti gli altri aspetti come le iniziative di carattere socio-culturale e di promozione dei territori, anche per l’avara dote finanziaria che accompagna da sempre l’aiuto ai progetti promossi dai comuni, dalle comunità, dalle stesse associazioni, che sono in buona parte l’anima e il cuore delle popolazioni. “Anche per questo – scrivono i Sindaci- chiediamo di essere ascoltati, chiediamo di valutare con attenzione e rispetto le nostre proposte, utili a valorizzare la storia, la cultura, le tradizioni, la lingua, un patrimonio materiale e immateriale che bisogna salvaguardare senza dubbio, strumenti strategici, valori in grado di progettare un futuro ricco di opportunità per tutti. I rappresentanti dei comuni di Acquaformosa, Gennaro Capparelli, di Civita Alessandro Tocci, di Firmo, Giuseppe Bosco, di Frascineto, Angelo Catapano, di Lungro, Giuseppino Santoianni, di San Costantino Albanese, Renato Iannibelli e di San Paolo Albanese, Antonio Mosè Troiano chiedono rispetto, ma allo stesso tempo un confronto per meglio chiarire lo spirito che anima l’iniziativa. Esigenze non più rinviabili, secondo i firmatari, da inserire al più presto nell’agenda politica e di Governo. “Si cerca di difendere un passato rappresentato dalle tradizioni, dalla cultura viva, dalle testimonianze storiche, dai valori profondi, ricchi ed articolai, come la ritualità religiosa, l’etica, l’organizzazione civica, l’arte raffinata, il folklore. Una sintesi antropologica – precisa il dottore Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese - dell’identità, sempre protesa all’incontro, alla comprensione, sottolineata da secoli dalle espressioni musicali, linguistiche e poetiche. Gli Arbëreshë – continua ancora Troiano - rappresentano una minoranza linguistica che non intende valorizzare la sua specificità culturale per distinguersi dagli altri, non vuole creare separazioni, né tanto meno trasformare i luoghi abitati in muti mausolei sordi al presente e al progresso, ma chiede strumenti legislativi in grado di lavorare per il futuro della nostra gente, del nostro Paese. Un vantaggio per tutti, dunque, un vantaggio per il futuro dei territori e dell’Italia”. Del resto, la salvaguardia delle culture e delle lingue regionali o minoritarie è da molto tempo una delle preoccupazioni del Consiglio d’Europa e della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. La nascita dell’Europa, dopo la Seconda guerra mondiale, è stata tracciata per salvaguardare le diverse culture, una ricchezza per il Vecchio continente e in quanto tale da integrare, preservare e promuovere con più determinazione e convincimento. “Durante cinque secoli di storia – si legge nel documento- gli Arbëresh hanno dato ripetutamente prova di attaccamento alla nuova Patria italiana, in modo particolare durante il Risorgimento”. In effetti, tra le figure di spicco, pochi lo sanno, si erge Francesco Crispi, “albanese di sangue e di cuore”, così si definì durante l’intervento nel congresso albanese a Corigliano Calabro, padre dell’unità d’Italia, promotore della spedizione dei Mille, politico, patriota, più volte Presidente del Consiglio dei ministri. “Una cultura – si sottolinea ancora nella lettera- che ha saputo dialogare con le principali confessioni: quella cattolica, quella ortodossa e mussulmana. Una cultura che ha saputo cantare l’Italia, con parole semplici ma sincere, un popolo che ha voglia di ardere continuamente, di prendere forza e vigore guardando alle proprie radici, come “ i falò rattizzati - del grande poeta Girolamo De Rada- che tornavano ad ardere di buon’ora alla brezza, falò che ben rappresentano la voglia di resilienza, di "rinascita" –Rilindja- politica e culturale arbëreshe. “Importante per noi – precisa poi il Sindaco di San Paolo Albanese- l’applicazione delle leggi esistenti, anche se bisognose di essere riviste, in alcune parti profondamente riscritte, ma comunque sarebbe un primo passo, capace di farci intraprendere un cammino comune, condiviso, un percorso nuovo capace di garantire fiducia e linfa ai territori che oggi appaiono endemicamente votati alla marginalità e all’abbandono. Un cambio di rotta è possibile è necessario, noi siamo fiduciosi, ci crediamo, del resto è l’unica strada percorribile se non vogliamo far morire culture da secoli radicate e ben integrate nei territori del nostro bel Paese.

Vincenzo Diego




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