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Senise: quando Nadia Toffa raccontò la storia di Antonietta

14/08/2019



‘’Sole made in Basilicata per combattere l'inverno! Fantastico!’’. Era il 22 gennaio del 2015 quando Nadia Toffa, la ‘’dolce guerriera’’, giornalista e conduttrice che ora tutta l’Italia piange, sul suo profilo facebook pubblicò una foto con quella didascalia. Alle sue spalle uno specchio d’acqua riconoscibilissimo dai senisesi: il lago di Montecotugno. Qualche giorno dopo, durante una puntata de Le Iene, i telespettatori conobbero a livello nazionale la storia di Antonietta Mileo. Ancora oggi nell’ufficio della sezione Cisl a Senise, in corso Giuseppe Garibaldi, chi è solito frequentare quelle stanze, sa che in quello che era un tempo il suo ufficio, c’è ancora una cornice con una fiore di stoffa appoggiato alla sua fotografia. Antonietta, racconta chi la conosceva, era la vera anima del sindacato. Svolgeva il proprio lavoro proprio come ci si aspetta che sia. Aveva cominciato a lavorare per la Cisl giovanissima, a 19 anni. «Credeva in quello che faceva - avevano detto i familiari proprio a Nadia Toffa - e spesso, quando era malata, era anche capace di portarsi il lavoro a casa. Qui tutti la cercavano, anche in orari non di ufficio».
Ma Antonietta, per il suo lavoro, era sfruttata proprio da chi esiste in virtù dei diritti dei lavoratori che dovrebbe tutelare. Non lo dice la famiglia, non lo dicono i giornali. Lo dice la legge: il tribunale di Potenza, con sentenza del 2011, aveva condannato la Fai Cisl di Basilicata a pagare le mancate retribuzioni alla giovane per un totale di 140mila euro. Il sindacato era stato condannato in seguito ad una vertenza intentata dalla famiglia di Antonietta, seguita dall’avvocato Pierluigi Ferrara, dopo la prematura scomparsa della ragazza, avvenuta nel 2002 in seguito ad una brutta malattia.

«Per 8 anni - ricordano i genitori - l’hanno illusa dicendole che l’avrebbero messa in regola. Ma ciò non è mai avvenuto. La sfruttavano, pagandola di rado e poco, la maggiorparte delle volte in nero. Lei ha sempre detto che, un giorno, avrebbe fatto prevalere i suoi diritti da lavoratrice. Ora che non c’è più, abbiamo intrapreso noi questa battaglia per lei. La legge ci ha dato ragione, ma il sindacato, nonostante le sentenze, non ha mai pagato».

Nadia Toffa, con la passione e l’impeto per la ricerca della verità che la contraddistingueva, aveva incalzato il segretario della Cisl Lapadula.
E proprio alla Toffa Lapadula, nel suo ufficio, aveva prima risposto dicendo di non sapere nulla della vicenda e dunque della sentenza, poi aveva tentato di difendere il lavoro svolto dal sindacato, che è «dalla parte dei lavoratori» e, in merito alla protagonista della vicenda, che «Antonietta era una persona squisita», «se le è dovuto pagheremo», «prima di pagare occorre preparare tutti gli atti», «noi siamo con la giustizia, sempre». La Toffa, però, più volte aveva fatto notare al segretario che il pagamento è dovuto già in virtù dell’esistenza di sentenze che intimano il sindacato a pagare.
Pochi giorni dopo erano arrivate rassicurazioni sul fatto che la sentenza sarebbe stata, finalmente, rispettata.


lasiritide.it



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