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| Recensione del libro di Coco “Polizie Speciali” – Dal fascismo alla repubblica' |
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18/09/2017 | Il libro di Vittorio Coco “Polizie Speciali” – Dal fascismo alla repubblica- di 218 pagine, edito da Editori Laterza di Roma ed acquistabile al prezzo di 22 euro libro , si propone di tracciare un determinato percorso, seguendo le carriere dei funzionari che di volta in volta ne furono chiamati alla direzione. Ciò è possibile perché ci troviamo di fronte ad un gruppo piuttosto compatto, che si specializza in questo genere di servizi, dei veri e propri professionisti dell’intervento straordinario. Tra di essi spiccano – secondo una linea maestro-allievo – Cesare Mori, meglio noto come il “prefetto di ferro”, e Giuseppe Gueli, che tra l’altro diresse proprio l’Ispettorato giuliano: è questo.
Infatti, uno degli assi principali lungo i quali si trasmise nel corso del tempo tutto un patrimonio di conoscenze relativo a pratiche e metodi repressivi, che è poi quello che permette a noi di tenere insieme il contrasto ai banditi della Sicilia più interna con quello dei partigiani del Carso. Il punto di partenza di questa ricostruzione è la Grande Guerra, che può essere considerato il momento generatore di organismi del genere, tra cui un servizio spionistico, ritenuto il primo della storia d’Italia. Certo, lo specialismo non nasceva allora e in verità l’intero periodo liberale aveva visto a più riprese il sorgere di strutture emergenziali e anche il ricorso a pratiche che ritroveremo nelle pagine che seguiranno. È vero, però, che la partecipazione ad un conflitto di tale portata – come accadde in molti altri ambiti – segnò una cesura fondamentale. In quel delicato passaggio, infatti, si determinarono inedite esigenze (ad esempio, la necessità di uno stretto controllo del “fronte interno”), che portarono all’impiego di modelli operativi nuovi, poi ripresi e rie laborati dal regime negli anni successivi. Entriamo in tal modo all’interno di una questione cruciale, che è allo stesso tempo complessa e articolata: quella del rapporto tra il fascismo e ciò che lo ha preceduto. Esiste tutta una linea interpretativa, che ha annoverato tra le sue file soprattutto giuristi e storici delle istituzioni (ma non solo), che ha teso a sottolineare le persistenze degli apparati sul lungo periodo, indipendentemente dai cambiamenti di regime politico. Certo, il tema della “continuità dello Stato” non può essere sottovalutato, perché complesso e articolato e, a seconda dell’angolo visuale adottato, l’Italia del Ventennio può apparire in più o meno evidente continuità con quella liberale, in una complessiva evoluzione dello Stato moderno.
Biagio Gugliotta
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