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Il vino e le la sua storia nella Valle dell’Agri |
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25/05/2017 | Il Centro Studi Sulla Popolazione Torre Molfese conserva e studia i vitigni autoctoni della regione.
La storia antica ed affascinante delle viti risale all’8000 a. C. e porta in Asia Minore, dove si sviluppa la prima selezione delle viti; il Codice di Hammurabi riporta le puntigliose regole enologiche degli Assiri e dimostra che la coltura delle viti era attività già consolidata tra il Tigri e l’Eufrate. I greci trasformano la scoperta del vino in mito e lo intitolano a Dionisio, così come i Romani lo intitolano a Bacco. Il vino all’inizio era un piacere esclusivamente maschile: al marito si riconosceva lo ”ius osculi”, il diritto di bacio, che lo autorizzava in caso di alito vinoso della moglie a sottoporla a robuste bastonature.
Durante la repubblica le matrone si uniscono ai mariti nei piaceri del cibo e del bere.
Nel 171 a. C. il pane viene a sostituire la puls (una pappa a base di farro), cresce la voglia ed il consumo di vino ed i vigneti si estendono per l’impero. Domiziano in seguito alle carestie di grano impone con un editto l’espianto dei vigneti al di fuori dell’Italia e l’impianto ovunque di campi di frumento. Dopo duecento anni di dovuto proibizionismo, Probo promuoverà nuovamente e con forza la vite radicandola in Europa.
La vigna della TORRE MOLFESE, una delle ultime ancora in attività nella contrada Torre Mederico, nel tenimento di S. Arcangelo(PZ), ha quasi 80 anni.
Con zappa e piccone si realizzavano buche profonde anche un metro, dove venivano deposte a dimora le barbatelle selvatiche e si impiantava così una vigna. Era necessario porre il selvatico per il primo impianto, dal momento che non era soggetto alla filossera, che tra gli anni ‘20 e ‘30 aveva distrutto tutte le nostre vigne.
A S. Arcangelo le varietà di viti in auge erano Giosana, Amineae, Lucanum ed i vini di San Brancato e della Torre erano rinomati nella regione.
Chi scrive, ritenendo di conservare un patrimonio che non sarebbe comunque possibile rinnovare, ha curato e cura ancora la vigna con amore e con enorme difficoltà, in quanto è necessario usare la zappa, dal momento che le piante non sono state impiantate a filo ma a sede incerta, motivo per cui il lavoro non è eseguibile a macchina. Non si intende spiantarla, in quanto i vitigni presenti in essa rappresentano la memoria degli immensi vigneti che si estendevano a vista d’occhio insieme agli ulivi per la contrada Torre. Essi fornivano alla spezieria del MONASTRERO DI SANTA MARIA DI ORSOLEO le materie prime per il confezionamento dei rimedi medicinali dell’epoca.
Il territorio di Sant’Arcangelo, insieme a quello di Roccanova e Castronuovo, è stato inserito nella zona dei vini a denominazione geografica e già qualche istituto di ricerca ha richiesto allo scrivente di permettere la raccolta di tralci di viti per lo studio genetico delle piante.
Antonio Molfese
torremolfese.altervista.org
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