L’inedito di Chiara Calabrese, “Cersosimo topografia antica - località Castello - e il monastero di S. Maria Kyr - Zosimo”, di Valentina Porfidio Editore, ha catturato l’attenzione di studiosi, studenti e cittadini. La sala Castello dell’antica comunità della valle del Sarmento affollata come non mai da un uditorio attento e avido di notizie su Cersosimo e su un territorio dalle radici profonde. In tanti per sentire parlare dell’età del bronzo, dei Sanniti, dei Lucani, dei Greci sino alla potenza di Roma e dei primi insediamenti di comunità monastiche Bizantine e di quelle successive, come quella di Kyr - Zosimo. Attenti soprattutto a capire, attraverso le parole dell’autrice, l’evoluzione della propria storia, consapevoli che si stava parlando della propria identità. Apprezzamenti per il lavoro di Chiara Calabrese sono arrivati dal sindaco Antonio Loprete, che ha parlato di vero e proprio dono per Cersosimo, per il territorio, per la comunità scientifica, il compimento di un lungo e faticoso cammino, per questo grato a nome di tutti. Salvatore Bianco, già direttore del museo della Siritide di Policoro, ha sottolineato le difficoltà del lavoro, specialmente all’inizio, quando le notizie erano poche, ci si basava prevalentemente sulle prime indagini, come quelle condotte a fine Ottocento da M. Lacava e nel 1969 da J. de La Genière. Un lavoro di ricerca, a sottolineato lo studioso, ma allo stesso tempo un impegno morale per la sua comunità.
Lara Cossalter, archeologa, impegnata nelle ultime campagne di scavo in località Castello, ha voluto evidenziare la passione, l’ampiezza e la precisione del lavoro su un insediamento importante, ricco, aristocratico, unico per una serie di ritrovamenti che portano sino alla dominazione di Roma. Un’opera, per il medievalista Giuseppe Roma, professore ordinario di archeologia cristiana e medievale dell’Università di Cosenza, che non vuole essere un diletto intellettuale, ma soprattutto la consapevolezza di voler recuperare l’identità del territorio, in un mondo globalizzato, per questo ancora più significativa. Una ricerca unica, perché tiene conto di periodi diversi, come il medioevo, a torto considerato periodo buio, per questo ignorato e per lungo tempo “escluso dalla storia”. Un cammino ancestrale, dunque, un filo che bisogna assolutamente ritrovare; un filo che, attraverso la saggezza e la consapevolezza, possa diventare strumento di nuove dinamiche sociali e civili, capace di tessere reti di dialogo e di progresso.
Vincenzo Diego
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