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La storia di un’amicizia raccontata in un libro per l’Unicef

5/04/2017

"Sul sentiero dell'amicizia" è un libro scritto da Giuseppe Pataro (edito da “Youcanprint” in versione cartacea ed e – book) per raccontare la sua amicizia finita troppo presto con Antonio Orsini. Giuseppe è un giovane ingegnere meccanico di Laino Borgo che ha deciso di percorrere metaforicamente il cammino di un rapporto nato proprio in un sentiero nel cuore del piccolo comune calabrese che ha dato i natali a entrambi. Antonio, quasi coetaneo dell’autore, morì improvvisamente durante il sonno nel febbraio del 2012, ad appena vent’anni e in circostanze non del tutto appurate. I medici parlarono di una miocardite congenita. «Mi ritengo un ingegnere prestato alla scrittura – ci racconta Giuseppe –. Ho pensato di intraprendere questa iniziativa nelle settimane successive alla morte del mio migliore amico, consapevole delle difficoltà che incontra chiunque voglia rimpicciolire le persone tanto da farle entrare in scatole di poche parole. Ho deciso di farlo perché afflitto dal terrore che il tempo potesse cancellare in me il ricordo suo e delle mille avventure vissute insieme».
Il tutto verte sulla storia di un'amicizia e non di una persona. «Non sarei stato in grado di scrivere una sua biografia e nemmeno sarebbe stato giusto farlo. Ho voluto solo narrare la nostra amicizia fraterna. Quel rapporto che si ha con le persone con le quali non ci si perde in preamboli ed i discorsi prendono forma così come nascono nella mente».
L'intero lavoro ripercorre tanti anni di giochi, esperienze e passioni. «Dall’amore per la natura, ai tornei con la play station, all’attrazione per le gare automobilistiche o per la realizzazione di modellini, fino alle corse in bici».
In generale le sfide e le realizzazioni di presepi o diorami erano alcuni degli aspetti che maggiormente hanno caratterizzato il rapporto tra Giuseppe e Antonio.

«Ogni occasione era buona per sfidarsi. Inoltre, l'aver avuto in comune il talento artistico ci ha consentito di essere ancora più uniti».
Uno futuro ingegnere, l'altro car designer con una menzione successiva alla sua morte addirittura sulla prima pagina del “New York Times”, nel numero del 24 aprile 2012, per un concorso indetto dal grande designer Chris Bangle cui sua sorella Elena volle partecipasse ugualmente nonostante la tragedia, inviando oltre oceano i suoi elaborati. «Antonio era dotato di un talento smisurato ed io ero certo che avrebbe sfondato. Alla fine del libro, oltre l'articolo pubblicato dal quotidiano newyorchese, ci sono anche alcuni dei suoi bellissimi disegni».
Le tracce delle capacità e dell’estro di Antonio sono custodite anche da un museo allestito dal padre Ugo nei pressi di casa sua in “Vico Pace”.
I proventi di Giuseppe verranno destinati in beneficenza ai bambini in difficoltà. «Non ho scritto questo libro per i soldi, ma per far conoscere a tutti la nostra amicizia e per far rivivere in qualche modo Antonio per la sua famiglia e per i suoi amici. Ho deciso di destinare la mia parte del ricavato ai bambini meno fortunati perché Antonio adorava i bambini. Ho già iniziato a devolvere i miei introiti all’Unicef per l’acquisto di vaccini per quelli che ne hanno bisogno e non possono procurarseli».
La volontà è di tenere accesa la memoria per proseguire ciò che la vita ha bruscamente e inaspettatamente interrotto. E l’ultimo capitolo del libro prova a riprendere quella continuità troncata dal destino, con il tentativo di andare oltre la morte, trasformando il sonno in un sogno. «La prima volta – osserva il giovane scrittore – spesso è annunciata, ma l’ultima no. Arriva all’improvviso e non avvisa nemmeno dopo essere stata vissuta. E quando si presenta ciò che fa più male è il non potersi prendere un attimo per un degno addio, quanto meno per avere la possibilità di ringraziarsi per tutti i momenti condivisi. Ecco perché dovremmo imparare a trascorrere ogni istante della vita come fosse l’ultimo. Se davvero tutti ci comportassimo così, credo vivremmo in un mondo migliore».


Gianfranco Aurilio
lasiritide.it



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