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Comunicare la sofferenza: i risultati del convegno ANT

13/03/2017

In medicina, la sofferenza pervade inevitabilmente la maggior parte delle comunicazioni tra curanti e pazienti, anche quelle più tecniche. Di questo si è discusso a Bologna, nel corso di un convegno organizzato da Fondazione ANT e Fondazione Angelini: medici, psicologi e filosofi tra i maggiori esperti italiani sull’argomento si sono confrontati sul tema offrendo il proprio punto di vista a una platea di 130 professionisti sanitari e giornalisti.

Accompagnati lungo il percorso da Egidio A. Moja, professore ordinario di Psicologia Clinica dell’Università di Milano e da Silvia Varani, responsabile del Dipartimento di Psico-oncologia di Fondazione ANT, i relatori hanno aperto il confronto sul tema raggiungendo una comune conclusione: la personalizzazione della cura non passa dai protocolli, ma attraverso un percorso fatto di comunicazione, ascolto e relazione tra medico e paziente. Perché – per dirla con le parole del presidente ANT Raffaella Pannuti - l’obiettivo comune di clinici, scienziati e amministratori della sanità deve essere quello di lavorare insieme verso una medicina sempre più personalizzata e di valore.

La giornata di lavori si è aperta con un dibattito tra Guido Fanelli direttore scientifico di Fondazione ANT e padre della legge 38/2010 sul dolore e il medico e giornalista Roberto Satolli su diversa disponibilità e utilizzo dei farmaci antidolorifici nei Paesi del mondo. Da qui si è aperto il discorso sulla comunicazione della sofferenza, un problema ancora più complesso in ambito pediatrico. Come ha spiegato Franca Benini responsabile del Centro Regionale Veneto di Terapia Antalgica e Cure Palliative Pediatriche, più dell’80% dei bambini ricoverati in ospedale soffre di dolore e solo in un caso su tre questo viene adeguatamente misurato e trattato. Anche i pazienti adulti con dolore cronico, che solitamente cercano aiuto nell’ambulatorio del medico di medicina generale, rischiano spesso di non essere compresi nel vissuto soggettivo della loro sofferenza, e di conseguenza di non ricevere piani di cura individualizzati. Di questo argomento ha parlato Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico e responsabile nazionale Area Dolore e Cure Palliative SIMG, evidenziando come l’importanza di una comunicazione empatica divenga ancora maggiore nelle cure palliative, dove l’adesione alle terapie è possibile solo all’interno di una buona relazione.

Oltre agli aspetti strettamente clinici, la comunicazione della sofferenza è stata raccontata nella sua evoluzione storica e culturale, che la professoressa Maria Conforti ha ripercorso partendo dal De indolentia di Galeno del II° secolo d.C. fino ai giorni nostri. Se tanti secoli sono trascorsi, Sandro Spinsanti direttore Istituto Giano per le Medical Humanities, ha poi mostrato come l’etica abbia da sempre permeato e condizionato la medicina e il suo rapporto con la sofferenza in molteplici modi, dal moralismo, all’etica medica fino alla bioetica. Anche la cultura, e in particolare il cinema, ha saputo interpretare nel tempo il tema della comunicazione tra medico e paziente, come dimostrato da Stefano Caracciolo professore ordinario di Psicologia Clinica dell’Università di Ferrara con una selezione di scene tratte da pellicole famose.

Passando agli aspetti più operativi, se si pensa che ad esempio un oncologo si trova mediamente 20.000 volte, nella sua carriera, a dover comunicare una brutta notizia, è necessario che gli operatori sanitari posseggano gli strumenti adeguati, comunicativi e psicologici, per fronteggiare queste situazioni sostenendo pazienti e familiari senza però esaurirsi emotivamente. Guido Biasco presidente della Conferenza Nazionale Permanente dei Direttori di Master in Cure Palliative e Terapia del Dolore, e Fabrizio Consorti, presidente della Società Italiana di Pedagogia Medica, si sono confrontati sulle tematiche didattico-pedagogiche più rilevanti da trattare sia durante il corso di laurea in Medicina sia nei percorsi post lauream come specializzazioni e master, indispensabili per approfondire le conoscenze specifiche necessarie negli ambiti di intervento più delicati, come ad esempio le cure di fine vita.

Ma non esiste solo la sofferenza delle malattie gravi. Sono moltissime le situazioni dove tutti noi possiamo trovarci nella condizione di dover comunicare il nostro disagio sia fisico sia emotivo, e dove farsi capire può essere molto difficile. Esistono precisi segnali non verbali, ci ha ricordato Pio Enrico Ricci Bitti professore emerito di Psicologia Generale dell’Università di Bologna, che il curante deve saper cogliere per comprendere davvero cosa sta cercando di dirgli la persona in difficoltà. E ci sono situazioni nelle quali questo diviene vitale, come nel caso della comunicazione nell’emergenza che ha mostrato Alberto Zoli, direttore generale Azienda Regionale Emergenza Urgenza della Regione Lombardia, dove gli operatori del “Numero Unico per l’Emergenza 112” sono in grado di salvare vite umane attraverso la loro abilità di decodificare le informazioni che gli utenti forniscono, molto spesso, in uno stato di profonda agitazione, paura ed ansia.

Allo psicoanalista Claudio Cassardo il compito di raccontare come i pazienti esprimono la propria sofferenza quotidiana in seduta, un “mal di vivere” che viene spesso mascherato all’interno di conversazioni lunghe e talvolta noiose che se non attentamente interpretate possono mantenere nascosto per anni il grande dolore che alberga nell’animo di chi abbiamo di fronte e sta chiedendo aiuto.

Un ultimo contributo dal punto di vista della divulgazione scientifica è stato affidato a Paolo Vergnani formatore e psico-attore, autore di “La terapia del dolore”, volume che racconta delle criticità relazionali tra curanti e pazienti attraverso le narrazioni dei medici stessi.
Profilo Fondazione ANT Italia ONLUS

Nata nel 1978 per opera dell’oncologo Franco Pannuti, dal 1985 a oggi Fondazione ANT Italia ONLUS – la più ampia realtà non profit per l’assistenza specialistica domiciliare ai malati di tumore e la prevenzione gratuite – ha curato oltre 116.000 persone in 10 regioni italiane (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Marche, Campania, Basilicata, Puglia, Umbria – dato aggiornato a giugno 2016). Ogni giorno 4.000 persone vengono assistite nelle loro case da 20 équipe multi-disciplinari ANT che assicurano cure specialistiche di tipo ospedaliero e socio-assistenziale, con una presa in carico globale del malato oncologico e della sua famiglia. Sono complessivamente 433 i professionisti che lavorano per la Fondazione (medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, farmacisti, operatori socio-sanitari etc.) cui si affiancano oltre 2.000 volontari impegnati nelle attività di raccolta fondi necessarie a sostenere economicamente l’operato dello staff sanitario. Il supporto offerto da ANT affronta ogni genere di problema nell’ottica del benessere globale del malato. A partire dal 2015, il servizio di assistenza domiciliare oncologica di ANT gode del certificato di qualità UNI EN ISO 9001:2008 emesso da Globe s.r.l. e nel 2016 ANT ha sottoscritto un Protocollo d’intesa non oneroso con il Ministero della Salute che impegna le parti a definire, sostenere e realizzare un programma di interventi per il conseguimento di obiettivi specifici, coerenti con quanto previsto dalla legge 15 marzo 2010, n. 38 per l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. ANT è inoltre da tempo impegnata nella prevenzione oncologica con progetti di diagnosi precoce del melanoma, delle neoplasie tiroidee, ginecologiche e mammarie. Dall’avvio nel 2004 sono stati visitati gratuitamente oltre 138.000 pazienti in 76 province italiane (dato aggiornato a giugno 2016). Le campagne di prevenzione si attuano negli ambulatori ANT presenti in diverse regioni, in strutture sanitarie utilizzate a titolo non oneroso e sull’Ambulatorio Mobile - BUS della Prevenzione. Il mezzo, dotato di strumentazione diagnostica all’avanguardia (mammografo digitale, ecografo e videodermatoscopio) consente di realizzare visite su tutto il territorio nazionale. ANT opera in Italia attraverso 120 delegazioni, dove la presenza di volontari è molto attiva. Alle delegazioni competono, a livello locale, le iniziative di raccolta fondi e la predisposizione della logistica necessaria all’assistenza domiciliare, oltre alle attività di sensibilizzazione. Prendendo come riferimento il 2015, ANT finanzia la maggior parte delle proprie attività grazie alle erogazioni di privati cittadini (30%) e alle manifestazioni di raccolta fondi organizzate (29%) al contributo del 5x1000 (12%) a lasciti e donazioni (5%). Solo il 18% di quanto raccoglie deriva da fondi pubblici. Uno studio condotto da Human Foundation sull’impatto sociale delle attività di ANT, ha evidenziato che per ogni euro investito nelle attività della Fondazione, il valore prodotto è di 1,90 euro. La valutazione è stata eseguita seguendo la metodologia Social Return on Investment (SROI). ANT è la 11^ Onlus nella graduatoria nazionale del 5x1000 su oltre 38.000 aventi diritto nel medesimo ambito. Fondazione ANT opera in nome dell’Eubiosia (dal greco, vita in dignità).



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