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Recensione:“Beata ignoranza”, un film di Massimiliano Bruno

2/03/2017

E’ giusta o no la dipendenza dai social network? E’ vera comunicazione o solo condivisione di superficialità? Twitter, Facebook, Instagram, chat, follower, visualizzazioni, contatti, link, condivisioni, da quasi dieci anni i social network hanno cambiato le nostre vite, se in meglio o in peggio dipende dai punti di vista. Da una parte essere sempre connessi col mondo permette di aggiornarsi e informarsi costantemente, con una velocità che fino a pochi anni fa era impensabile, dall’altra i social fomentano sempre più sentimenti e convinzioni primordiali, diffondono pregiudizi e superstizione, che spesso sfociano in bufale tremende, odio virtuale e uno spreco di parole inutili e frasi spesso sgrammaticate. Il dato più rilevante è la loro presenza in termini di tempo nelle nostre vite.
Leggero e capace di far riflettere, divertente, ironico, “Beata ignoranza” di Massimiliano Bruno racconta la storia di Ernesto e Filippo che si conoscono da una vita, ma non si rivedevano da 25 anni. E’ la storia di due amici che hanno amato la stessa donna Marianna, madre di Nina, figlia di Filippo e cresciuta da Ernesto fino a quindici anni. Nina è incinta e ha bisogno dei suoi due papà, fuggiti da lei.
I tre si reincontrano per un video che spopola sui social che racconta un furioso scontro fra Filippo, prof di matematica eternamente iperconnesso e Ernesto, prof di italiano che sequestra i cellulari all’inizio della lezione e declama “A Zacinto” di Ugo Foscolo, perché in terzo liceo, da che scuola è scuola, si comincia con il poeta nato in Grecia e cresciuto nella Repubblica Veneta. Ernesto accende la televisione solo a Capodanno per ascoltare il discorso alla nazione del presidente della Repubblica e legge solo giornali di carta e saggi di filosofia e letteratura.
Il video suggerisce a Nina di girare un documentario sui due ex amici costringendo Filippo a vivere senza cellulare e l’altro a imparare e utilizzare uno smartphone di ultima generazione.
Un film italiano “Beata ignoranza” che vale il prezzo del biglietto perché è prima di tutto una splendida prova di due grandi attori Marco Giallini e stavo per scrivere “Vittorio” Gassmann, no è il figlio Alessandro .
L’accoppiata è strabiliante. Ne avevano già dato prova con “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese e soprattutto con “Se Dio vuole” di Alessandro Falcone. La coppia funziona da robusta ancora di salvezza per un film che, dopo una brillante premessa — lo scambio di modus vivendi — minaccia di annegare fra le acque stagnanti di una comicità non abbastanza di situazione e troppo legata alla battuta.
Il regista Massimiliano Bruno con garbo ci invita a riflettere sulla nostra vita e ci raccomanda di non perdere la bussola.
Ricordiamoci di rimanere noi stessi, di non perderci vivendo solo sui social che anestetizzano i nostri sentimenti. Chiediamoci sempre nel nostro mondo provvisorio, in bilico, nella nostra vita virtuale e reale che cosa ha senso e per che cosa vale veramente la pena vivere.

Mario Coviello



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