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I detti santarcangiolesi e la 'zeferità'

14/02/2017

Nel dare alle stampe una pubblicazione postuma del Prof Avv. G.N.Molfese ‘Espressioni dialettali, modi di dire detti santarcangiolesi’, TORRE MOLFESE Centro Studi Sulla Popolazione, mi sono imbattuto in un termine dialettale”zeferià”, che nel gergo sta ad indicare” che il corso complessivo della vita in tutti i suoi aspetti continua regolare anche se a lento- basso regime”.il vocabolo fa riferimento allo Zefiro della mitologia vento piacevole poco intenso con temperatura ed umidità accettabile, che soffia da ponente messaggero della primavera.
Gli otto venti identificati per primo da Aristotele(384-322°a.C.) provenienti dagli otto punti cardinali avevano ciascuno il proprio nome e sono descritti in fregi scolpiti sulla ottagonale Torre dei Venti di Atene. Ciascun vento è rappresentato da una figura mitologica che impersona il tempo caratteristico ad esso collegato. La Borea, vento del nord, freddo, è rappresentato da un uomo anziano con i vestiti pesanti, il vento dell’est è rappresentato da Apeliote succintamente vestito e Zefiro viene raffigurato come un giovane alato che tiene in mano un mazzo di fiori primaverili. I venti come sappiamo non erano creati dagli dei ma dal movimento di masse di nubi che a secondo dei terreni che sovrastano monti, pianure, cambiano di temperatura di intensità e di umidità.
In genere l’espressione dialettale era usata quando una persona chiedeva notizia anche di altra gente su come viveva e cosa faceva. Era usata per la terza persona singolare e prima e terza persona plurale. Nel caso specifico quando l’individuo dava una risposta al riguardo e viveva e continuava una vita tranquilla senza eccessi si rispondeva “zeferiieie”.Nel caso la domanda fosse posta a più persone ed erano presenti le stesse condizioni si rispondeva “zeferiame”o “ zefereieine”
Partendo dall’infinito zefireggiare, che dovrebbe significare”andare avanti nelle icombense della vita a ritmo lento, piacevole ma continuo”, si potrebbe usare in terza persona singolare(egli zefira) ed in prima persona plurale(zefiriamo) e terza persona plurale(zefirano).Potrebbe sostituire l’espressione: non c’è male, andiamo avanti alla meglio, non ci possiamo lamentare.
Nell’ambito dei nuovi vocaboli di cui si vuole dotare la lingua italiana pongo alla attenzione degli esperti questa mia proposta che ritengo possa essere presa in considerazione.


Antonio Molfese medico giornalista antonio.molfese@tin.it



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