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Recensione del libro di Peter Mair “Governare il vuoto" |
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7/08/2016 | Il libro di Peter Mair “Governare il vuoto – la fine della democrazia dei partiti” di 166 pagine, edito dalla Casa editrice il Rubbettino, ed acquistabile al prezzo di 14 euro, affronta il problema dei partiti, dei governi e della rappresentanza politica nella democrazia europea contemporanea, tematica che affonda le sue radici
nella problematica ben più ampia della frattura fra politica e democrazia popolare. Il testo analizza inoltre il cambiamento del ruolo dei partiti, e come ciò stia influenzando il loro operato, la loro legittimità ed efficacia e, di conseguenza, quelle della democrazia moderna. Nonostante questo studio sia focalizzato principalmente sull’Europa, evidenziando i problemi che sono di particolare rilievo per questa regione, le implicazioni che ne derivano hanno un respiro ben più ampio La tesi principale esposta nel libro, deve molto lavoro di E.E. Schattschneider, The Semi- Sovreign People(1960), e in modo particolare alla sua idea secondo la quale il controllo sul processo decisionale politico spesso è fuori dalla portata del normale cittadino. Si è trattato di un tema molto comune tra gli studiosi di scienze politiche negli anni Sessanta, che è stato analizzato e contestato da diversi punti di vista e da numerosi studiosi nella cornice di quello che è stato definito il dibattito tra pluralisti ed elitisti. Sebbene da allora questo dibattito sia stato accantonato, la tesi di Schattschneider continua ad essere rilevante, in particolare in modo più definita e meno incerta. Infatti, a quasi cinquant’anni di distanza, sembra che anche la semi-sovranità stia sfuggendo via, e che le persone, o per meglio dire i cittadini ordinari, stiano diventando sempre più non-sovrani. Uno dei principali obiettivi di questo libro è quello di analizzare alcune delle cause e delle implicazioni di questo rilevante cambiamento delle condizioni politiche. Probabilmente, è possibile far risalire la prima tappa principale di questo processo alla metà degli anni Sessanta, quando Otto Kirchheimer1966) attirò l’attenzione sull’emergere dei nuovi partiti (di massa “pigliatutto”, quale modello più competitivo che stava tentando di superare la vecchia enfasi sui forti legami rappresentativi e sostituire «l’efficienza con un pubblico più ampio e un successo. I partiti stanno quindi fallendo come risultato di un processo di mutuo indietreggiamento o abbandono, in cui i cittadini si ritirano verso una vita più privata o si rivolgono a forme di rappresentanza più specializzate e specifiche, mentre i partiti stanno fallendo perché la tradizionale arena della democrazia partitica, in cui i cittadini interagivano con i loro leader politici e condividevano un l’Europa esercita una forte influenza indiretta sui partiti e sulle modalità della loro competizione e per tale motivo, la sua importanza non andrebbe sottovalutata.
Biagio Gugliotta
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