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La voce lucana tra soul e jazz che ha incantato The Voice

17/03/2016

Ha fatto girare tutti i giudici che, fino alla fine, non riuscivano a capire se a cantare fosse una persona soltanto o più di una. Perché lui ha una voce che sembrano più voci, capace di vestirsi di sfumature cangianti e in perfetta armonia con la chitarra, che sembra un prolungamento naturale del suo corpo. Lui è Massimo Cantisani, classe 1988, una laurea in Filosofia, tante serate live nei locali della Capitale, un’attiva collaborazione con la band lucana (di ‘Agromountain’) degli ‘Smania Uagliuns’ e una vita tra Roma e la Basilicata. E adesso, un posto assicurato a The Voice, il talent musicale di Rai Due. Farà parte del team Dolcenera.
Prima di tutto: spiega bene di dove sei…..Roma o Latronico?
R- Hai ragione, quella sera ho fatto un casino e non si è capito niente! Mio padre è di Latronico, mia madre di Formia, dove sono nato. A due anni mi sono trasferito in Basilicata, dove ho vissuto fino a quando, a vent’anni, non sono tornato a Roma per studiare.

Sembra davvero che la tua passione per la musica sia nata con te, quando è cominciato tutto?
Da sempre. Mamma era una cantante di livello, ad un passo da un disco negli anni Sessanta. Poi le mie sorelle, una delle quali, Claudia, ha all’attivo due dischi; mio fratello gemello è batterista. La musica è arrivata in automatico.

Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?
Guardo molto all’America e alle grandi ladies del jazz: Billie Holiday, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, ma anche a Marvin Gaye, Sam Cooke, il soul dei pionieri e dei grandi degli anni Sessanta e Settanta, fino ad arrivare al new soul e ad artisti neanche eccessivamente troppo conosciuti al grandissimo pubblico in Italia.

Dal tuo stile non mi sei sembrato uno da ‘Talent’ televisivo….ti ho immaginato sulle strade di Dublino, voce e chitarra, sognando di essere scoperto da una casa discografica. Perché hai deciso di partecipare a The Voice?
Questa è sicuramente una strada da seguire per accedere ad una grande visibilità ed è qualcosa di funzionale in termini pratici. Inoltre mi sto rendendo conto che mi offre l’opportunità di mettermi in gioco in tutti i sensi, accettando tutte le regole e imparando tanto non solo in senso musicale stretto, ma anche come presenza scenica, lo stile nel vestire e tante altre cose. Aspetti che hanno la loro importanza in un’ottica futura.

Dì la verità: perché hai scelto Dolcenera?
E’ stata una scelta fatta a pelle. Lei è stata la prima a darmi fiducia, si è girata subito e mi ha consentito di godermi la performance per tutti i 90 secondi che avevo a disposizione. Poi, da un punto di vista di estetica musicale, mi ha convinto il fatto che anche lei suoni uno strumento ed è una cantante molto forte, vicina al mio modo di fare musica.




Immaginando di arrivare alla fine e di portare un inedito, cosa ti piacerebbe che raccontasse (parlo di testo e di stile musicale)?
Mi riesce più facile scrivere la melodia anziché i testi. Soprattutto rispetto alla musica che amo suonare, mi riesce difficile scrivere in italiano. Di solito mi piace raccontare principalmente il tema dell’amore che, sicuramente è difficile raccontare perché è un tema molto inflazionato. La soul music in genere si rifà molto al sentimento vero e proprio. All’amore inteso in maniera più leggera, più ludica e passionale. Insomma, nella sua accezione positiva.

Tema: la Basilicata..
Con la nostra terra ho un rapporto stretto ma non morboso. Il dato tangibile è che spesso si va altrove dove si ha la sensazione che succeda sempre qualcosa in più. Io, personalmente, ho sempre il sentore di dover tornare in Basilicata per rigenerare anima e corpo. Mi auguro che in un futuro imminente e soprattutto dopo Matera 2019, si possa pensare di tornare in Basilicata non solo per ‘rigenerarsi’ ma per costruire qualcosa per un numero sempre maggiore di persone.

Mariapaola Vergallito

per la foto grazie a Agnese Carinci



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