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| In ricordo di Peppe Di Bello: una storia di resistenza libera |
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21/11/2025 | Sabato 22 novembre ricorderemo Peppe Di Bello in un incontro pubblico organizzato dalle sue amiche, amici, compagne e compagni di lotte.
Peppe Di Bello era una persona perbene. Un anno fa la triste notizia che non era più tra noi arrivò all’improvviso nel bel mezzo di un’assemblea pubblica, in cui si parlava non solo della crisi idrica, ma di giustizia, di beni comuni, di diritti. Esattamente le cose per cui Peppe si era sempre speso con generosità, pagando in prima persona semplicemente per aver fatto quello che, nelle società malate, non è conveniente fare: il proprio dovere e non girarsi dall’altra parte.
Non era uno che non sbagliava Peppe, ma era uno che sapeva farsi le domande giuste e non smetteva di cercare le risposte; soprattutto, non ce la faceva proprio a ignorare le ingiustizie, a non accendersi di passione civile di fronte a un diritto negato. La sua divisa della polizia provinciale rappresentava per lui più di un dovere di cittadinanza. Quella divisa che per lungo tempo gli avevano, di fatto, tolto di dosso, con un doloroso demansionamento. Il fatto è che lui una denuncia pubblica di fronte alla compromissione dell’ambiente e ai rischi per la salute dei cittadini non poteva non farla.
Non è vero che Peppe non sapesse stare nei percorsi collettivi. È che a lui troppe prudenze, troppi discorsi vuoti, proprio non andavano a genio. Peppe era azione e generosità. Non era calcolo o convenienza e non importa se di fronte a lui ci fosse il grigio burocrate di provincia, il politico pronto a svendere il futuro della propria terra per garantirsi la sua carriera o la grande multinazionale.
Non si è certo risparmiato Peppe nelle sue denunce contro Eni. E non era tenero neanche nel denunciare la rete di complicità e omissioni: “E voi politici e voi giornalisti di regime che continuate a fare i pesci in barile… la legge dice che le prove che non inquinano deve essere l’azienda a fornirle non la Regione… ciarlatani, impostori, bugiardi e venduti che non siete altro”. Era una voce così quella di Peppe, passionale, arrabbiata a volte, ma era anche studio e approfondimento.
Spesso era dieci passi avanti perché non ce la faceva ad aspettare il passo lento o l’eccessiva prudenza. La prudenza non gli apparteneva, ma sapeva riconoscere i compagni di strada onesti e in quel caso sapeva anche ascoltare. E fermarsi, se necessario, perché non si facessero errori. Negli ultimi giorni era felice Peppe nel vedere tanti giovani ribellarsi, accendersi di indignazione, di voglia di riscatto. Si sentiva meno solo, finalmente.
Forse non era la persona giusta per fermarsi a costruire il percorso dal passo lento, pur necessario, ma ha lasciato a tutti noi le tracce dell’indignazione e della passione civile, lungo le quali proseguire un impegno collettivo per i diritti e la giustizia sociale, in grado di contrastare la corruzione e le mafie, quelle visibili e quelle invisibili, ma molto più potenti.
Tocca a noi ricordare Peppe Di Bello e la sua storia di resistenza libera per costruire le nostre “resistenze libere”. Siamo sicuri che Peppe sorriderebbe nel sapere che si può essere meno soli, perché i passi in avanti, coraggiosi, sfrontati, imprudenti, sono consentiti solo agli uomini generosi. È solo il noi che vince, e quel noi lo dobbiamo a tutti quelli che, come Peppe, non hanno mai smesso di fare la propria parte, piccola o grande, per un mondo più giusto.
Libera Basilicata |
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