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| Sasso di Castalda: artisti in residenza per ascoltare le ‘case vuote’ e ripensare l’abitare |
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8/09/2025 | A Sasso di Castalda, le case vuote non si raccontano. Si ascoltano. Non si parte da ciò che manca, ma da ciò che resta. E da ciò che si può ancora generare.
Si chiama “Voci di case vuote. Vissuti e racconti futuri” il progetto che dall’11 al 22 settembre porta nel borgo lucano sei artisti e artiste, chiamati a vivere e lavorare sul posto, intrecciando arte, ricerca e relazione con la comunità.
La residenza è curata da Francesco Marano e Claudia Portioli, e nasce all’interno del programma Tech4You, sostenuto dal Ministero dell’Università e della Ricerca e finanziato dall’Unione Europea Next Generation EU. Partner scientifico del progetto è l’Università della Basilicata.
È un esperimento culturale a bassa voce, che prova a spostare il discorso sulle aree interne: non dalla mancanza al riempimento, ma dalla retorica dell’abbandono a una pratica quotidiana di ascolto.
Gli artisti selezionati Maria Chiara Calvani, Concepción Garcia Sanchez, Ilaria Castaldi, Lorena Ortells, Arba Bekteshi, Néstor Sebastián García Pérez portano esperienze che intrecciano arte visiva, tessitura, fotografia, mappature affettive, performance e pratiche partecipative. Lavorano in contesti fragili, ma mai con uno sguardo dall’alto.
Dal 15 al 17 settembre, la residenza si apre al pubblico con sei laboratori gratuiti, pensati come momenti di incontro tra artisti e comunità. Non si tratta di workshop didattici, ma di azioni collettive leggere e profonde: camminate, scritture, installazioni effimere, oggetti da portare o lasciare. Gesti, non prodotti.
“Le aree interne non sono contenitori da riempire, ma luoghi da cui ripartire con nuovi immaginari. Il nostro compito, come amministratori, è creare le condizioni per questo tipo di esperienze culturali che non si limitano a raccontare, ma attivano un cambiamento di sguardo”, dichiara il Sindaco di Sasso di Castalda, Rocchino Nardo.
Il progetto lavora sulle case vuote non con nostalgia né con estetica. Le assume come dispositivi culturali, come luoghi da cui ripensare il senso dell’abitare oggi. Non per sostituire il passato, ma per aprire possibilità che ancora non hanno preso forma.
“Quando parliamo di rigenerazione urbana non ci riferiamo solo a ciò che è costruito, ma al modo in cui i luoghi vengono vissuti, compresi e abitati. Le opere che nasceranno da questa residenza non saranno mai oggetti calati dall’alto, ma esiti di un incontro, forme che raccontano una relazione. È questo che intendiamo per cultura come infrastruttura di futuro”, afferma l’Assessore alla Cultura, Urbanistica e Turismo, Lavori Pubblici Mariangela Laurino.
C'è chi osserva da lontano, con un misto di curiosità e scetticismo. Chi si chiede cosa possano davvero produrre, in un piccolo paese, artisti arrivati da fuori. E cosa significhi, in fondo, ascoltare case vuote.
Sono domande legittime. E, in parte, sono proprio queste domande a giustificare il progetto.
Non è una residenza pensata per dare risposte. È un modo per rallentare. Per sottrarsi all’urgenza del fare. Per tornare a guardare i luoghi non come contenitori da valorizzare, ma come organismi da decifrare. Le opere che nasceranno con i laboratori non saranno un punto di arrivo, ma il risultato di una relazione.
Qui, l’arte non viene per spiegare. Viene per ascoltare. Non porta soluzioni. Porta presenza.
Se tutto questo appare fragile, inefficace, invisibile, è solo perché ci siamo disabituati a riconoscere ciò che non si misura con l’impatto immediato. Ma è proprio da queste crepe che se accettiamo di restare qualcosa può iniziare a muoversi. |
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