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A San Severino L. in scena ''La razza nostra'' |
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24/06/2025 | Nella serata di sabato 21 Giugno, in largo Leo, a San Severino Lucano, alle spalle della Chiesa Madre Maria Santissima degli Angeli è andato in scena la rappresentazione teatrale : “La Razza Nostra”.
Il testo è di Salvatore Napoli, giovane scrittore.
L’ interpretazione, magistrale di Eleonora Ierone (Giulia Pavese), Salvatore Mario Graziano (Nicola Sole), Eleonora Berardo (Visita la Scena) con la voce fuori campo di Egidio Falcone e le musiche scelte da Nicola Melfi.
Prima dell’inizio dello spettacolo, il regista, il Filippo Gazzaneo ci riporta al contesto storico ambientale dei fatti narrati: ci troviamo a Laurenzana nell’anno 1853 tra piccoli proprietari terrieri, coltivatori, piccola borghesia di campagna potremmo definirla. Una giovane poco più che ventenne, sarà ricordata nella storia per aver combattuto e difeso la sua dignità, dimostrando forza, determinazione e coraggio che si pensava fino ad allora, proprie solo degli uomini.
Conclusa l’introduzione, entra in scena la prima attrice, Eleonora Berardi, avanzando tra il pubblico, accarezzata dal vento leggero e fresco tipico delle sere d’estate a San Severino, illuminata dalla luce arancione del tramonto ed accompagnata da una coreografia di rondini che volteggiano nel cielo e che con i loro garriti, sembra vogliano partecipare anche loro alla scena. Effetti speciali, spettacolari ed unici, del teatro all’aperto.
L’attrice, inizia a posizionare gli oggetti “chiave” della storia, per primo il lume o come definito dalla Pavese ‘a “lucerna” poi il coltello chiudibile, regalo di fidanzamento fatto alle future spose per difendere il proprio onore. Infine, un paio di scarpe rosse, simbolo internazionale della violenza sulle donne e del femminicidio.
Successivamente è’ il momento di Salvatore Mariano Graziano, nei panni di Nicola Sole. Nel suo monologo spiega alla corte, durante il processo che si svolge a Potenza, come la giovane donna sia stata costretta ad uccidere l’aggressore, che immobilizzata, l’avrebbe poi violentata.
Ecco presentarsi al pubblico Eleonora Ierone nelle vesti di Giulia Pavese. Ci racconta, ancora adolescente, che è innamorata di Francesco La Salvia o come lo chiamano tutti “Ciccio”, ed è un sentimento talmente forte da volerlo sposare appena diventerà grande abbastanza. Curioso ed originale che alcune frasi siano recitate in dialetto Senisese. Vi starete chiedendo: ma la Pavese non era di Laurenzana?
Ebbene sì, avete ragione! Dovete sapere però, che più della coerenza narrativa, poterono le radici, visto che l’autore, il regista parte della compagnia, sono di Senise
e legati profondamente alle proprie origini
Ritornando ai fatti, ci troviamo di fronte questa ragazza, che sposa l’uomo della sua vita, avranno un figlio e l’unica nota dolente di questo sogno realizzato, sarà il suocero, che giorno per giorno, inizierà a tormentare e molestare sua nuora, finché non si giungerà al tragico epilogo. Il fatto avviene il 7 dicembre 1853, quella mattina,lei andrà a prendere una lampada, ignara che il nonno di suo figlio le tenderà un agguato, pianificando di aggredirla, privo di abiti, per poi stuprarla.
La vita e l’onore della donna, immobilizzata e terrorizzata, saranno salvi solo grazie al coltello che proprio il marito e lo stesso suocero le avevano regalato per autodifesa, come si usava allora. Se solo il marito non avesse giustificato sempre le molestie del genitore, ammonendo la moglie con la frase: “Ma é sempre mio padre!”
Anche quando il suocero promise di comportarsi civilmente se l’avessero accolto di nuovo in casa, furono ripetute le stesse parole“Ma é sempre mio padre!” questa volta però Giulia si oppose con tutte le sue forze. Se solo l’uomo della sua vita l’avesse sostenuta, si sarebbe evitato il peggio. Aspetto drammatico è che sarà il bambino a pagarne le conseguenze maggiori, crescendo con la consapevolezza che la madre abbia dovuto uccidere il nonno.
Riprendendo l’arringa di Nicola Sole, tramite un lavoro di ricerca da parte di, Gazzaneo, sappiamo che il grande giurista riesce a far assolvere l’imputata per legittima difesa, giustificazione che sussiste quando la propria vita è in pericolo e la
si difende anche versando del sangue se necessario per la propria incolumità. Nel nostro caso non era esplicito il rischio di morte della Pavese, ma come spiegato alla Corte dal suo difensore, una donna priva di onore è da considerarsi morta.
L’onore vale più della sua esistenza.
Messaggio importante e di profonda riflessione che si trasmette già dal titolo dell’opera, è che le leggi non riguardano il povero, il ricco, le femmine o i maschi ma tutti noi, cioè la Razza Nostra.
A fine rappresentazione, la protagonista che in un primo momento aveva indossato le scarpe rosse, prima dell’ingiuria subita, come un presagio di futura violenza, ora che il pericolo è passato, le toglie. Una vita è salva. Queste scarpe rosse non servono, e vengono perciò lanciate lontano, questa volta per buon auspicio, augurio che nessuna riceva più maltrattamenti.
Rosanna Viceconti
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