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Al Museo Palazzo Bonaparte Edvar Munch in mostra fino al 2 giugno

27/05/2025

Pittore del sogno e del mondo interiore, pittore dell’aspirazione ad un mondo migliore attraverso l’arte, Edvar Munch è capace di scorgere il senso profondo della vita, in una espansione di se stessa che sfiora la complessità di un sentire al contempo mistico e psicoanalitico.
“L’artista deve cambiare la società.” Questo uno dei capisaldi di tutta la filosofia di pensiero e di azione dello stare al mondo di Edvar Munch.
La mostra di Munch a Roma, nella splendida cornice di Palazzo Bonaparte, in allestimento fino al prossimo 2 giugno, offre al visitatore un’esperienza immersiva, densa e quasi totale.
Si ondeggia tra il primo e il secondo piano di Palazzo Bonaparte, in una fluorescenza emotiva di passaggi tra senso di morte e“vitalismo”, corrente di pensiero secondo cui l’esistere umano non può essere ridotto al mero elemento chimico-biologico ma ad un vitalismo, appunto, che abbraccia uno stato di benessere complessivo legato anche allo stile di vita.
Una monografia ricchissima e curata con grande maestria, che offre al visitatore più di 100 opere provenienti dal Munch Museum di Oslo.
Nato nel 1863 nella capitale della Norvegia, il percorso artistico di Edvar Munch è connotato da una ricchezza di elementi umani e artistici anche contraddittori e che in quanto tali, ci mostrano un uomo forte e fragile al contempo, sempre autentico e fedele a se stesso.
La poetica pittorica di Munch racchiude saggezza visionaria, precarietà esistenziale, un profondo senso civico e d’amore per la società e per il genere umano, nonché una sagace intuizione di elementi psicoanalitici, a renderlo quasi un precursore della moderna psicoanalisi di Sir Sigmund Freud, che si affermerà da lì a poco.
“ Non dipingo ciò che vedo ma ciò che ho visto” scrive Edvar Munch, il cui ”urlo” interiore combacia con quello della natura e diventa immagine cult della cultura pop, ad esprime il senso di estraneamento per un troppo forte sentire, fino quasi a subire, la condizione di angoscia e precarietà della umana esistenza, un urlo profondo e muto che come si scorge dal famoso dipinto, si estende verso l’infinito.
Racconta passioni e dolori del genere umano il pittore Edvar Munch e lo fa con una speranza esplicita ed intimistica al contempo, speranza che resta addosso al visitatore, trasferendogli un sano “vitalismo” esistenziale.
Con la sua pittura, Edvar Munch illumina la possibile condizione di affievolimento dei dannosi conflitti terreni superabili, senza ignorare la complessità della condizione umana, con l’amore e il rispetto per la natura, lo sviluppo del buon senso e la filantropia.

Roberta La Guardia



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